A quanto pare il giorno prima della partita era il compleanno di Edgar Allan Poe, che ha compiuto 215 anni – e a voi sembrerà decrepito, ma anche da giovane e al massimo della forma non era uno splendore. Sicuramente lo scrittore pennsilvano è uno dei più grandi e conosciuti autori di sempre: probabilmente persino i tifosi dell’Udinese che erano dietro la curva di Maignan, pur nella loro spettacolare ignoranza, conoscono almeno uno dei suoi racconti. Ma non si può essere sicuri di niente, perciò ne approfittiamo per ricordarlo dedicando alle sue storie più famose le pagelle di una partita che ci ha fatto provare più di un brivido d’orrore, e cercheremo di non spoilerare quelle che non avete letto.
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Maignan – IL GATTO NERO
Un alcolizzato 1) se la prende col felino sbagliato 2) fa qualcosa di molto idiota 3) la paga cara, ma forse nemmeno troppo. Speriamo che i beoti avvinazzati che si sono sentiti divertentissimi con il nostro felino preferito la paghino, e non solo con la sconfitta della loro squadra. Non può prendere il precisissimo lungolinea a rientrare di Samardzic, non riesce a fare un miracolo su Thauvin che gli spara in faccia da due metri (ma è una nostra opinione. “Tutt’altro che impeccabile Maignan” commenta in diretta Stefano Borghi di DAZN). Da annotare anche una respinta incredibile di piede su Payero e un’uscita fuori area su Kamara – a dimostrare che gli ubriaconi dietro la sua porta non lo avevano tolto di mezzo.
Calabria – IL POZZO E IL PENDOLO
L’Inquisizione milanista non lo vede di buon occhio, e lui d’altra parte si consegna ai suoi accusatori un po’ troppo facilmente. Fa poco il pendolo, e anche stavolta sprofonda nel pozzo: con la sua uscita diminuiscono le nostre sofferenze sulla fascia.
Kjaer – UNA DISCESA NEL MAELSTRÖM
Un vecchio lupo di mare scandinavo schiva una tempesta e pensa di averla fatta franca, invece si inabissa in un abisso. Simon governa la difesa in modo impeccabile finché ha a che fare con Lucca – ma all’improvviso Samardzic lo sprofonda in un oceano di insicurezze, dal quale esce solo verso la fine della partita quando tutta la squadra si aggrappa alla propria disperazione.
Gabbia – LA BOTTE DI AMONTILLADO
Un uomo decide che un nobiluomo un po’ saccente lo ha schernito oltre ogni limite, e si vendica con metodica freddezza: Matteo Gabbia è andato via da Milano tra le ironie di tanti nobiltifosi, e finora sta dando la sensazione di essere intenzionato a metterli con le spalle al muro (o NEL muro). Tra i suoi interventi spicca quello all’inizio del secondo tempo con cui da solo sventa in scivolata uno spaventoso tre contro uno con cui l’Udinese stava dando l’assalto alla nostra porta.
TheoHernandez – IL DUCA DE l’OMELETTE
Un bellimbusto francese si ritrova all’inferno – ma non si butta giù per così poco e ne esce da vero guascone. Quando noi giudichiamo Theo Hernandez con i parametri dei giocatori cui siamo abituati, facciamo un errore: il nostro bellimbusto è capace di essere devastante sulla fascia (un assist, ma anche tanti altri mezzi assist disseminati in tutta la partita), poi a un certo punto di combinare una frittatissima nella nostra area in collaborazione con il marchese di Reijnders, ma non per questo si deprime: va a giocarsela e sfodera abbastanza trucchi diabolici da tirare fuori sé e i compagni dall’inferno.
Reijnders – UNA SITUAZIONE IMBARAZZANTE
Dopo una serie di partite da professorino, una serataccia forse ci può anche stare, ma dopo averlo visto più volte uscire di tacco dalla nostra area, la palla che scaglia sui piedi di Theo – favorendo Thauvin – è davvero sconcertante. A parte questo imbarazzo, soffre più del lecito a centrocampo, e con la sua uscita il Milan sembra alleggerirsi da un sacco di errori a centrocampo.
LoftusCheek – WILLIAM WILSON
Un uomo scopre di avere un sosia o qualcosa di più, e di non vedere la vita come lui, per usare un eufemismo. Loftus ha un gemello di nome Cheek che non sa che pesci pigliare in nessuna zona del campo e spesso scende in campo al posto suo; per fortuna a Udine vediamo la migliore versione di Rubenone, puntuale negli inserimenti in area, preciso nel tiro, e fisicamente prestante a centrocampo. Purtroppo iniziamo a pensare che come nel racconto, uno non possa sopravvivere senza l’altro.
Adli – IL FARO
La luce del nostro centrocampo è erratica come sempre, e in Friuli la sua partita, come il racconto in questione, è un po’ incompiuta. Ma anche se fa qualitativamente un passo indietro rispetto alla partita con la Roma, dal punto di vista quantitativo riesce a tamponare alcune situazioni generate dalla serata buia di Reijnders. Dopo il colpo da biliardo con la Roma, ha una chance per il tiro anche stavolta, ma il suo tentativo si candida per uno dei racconti in cui Poe cercava di conciliare “il grottesco e l’arabesco”.
Giroud – LA SEPOLTURA PREMATURA
Ogni sessione di mercato gli si fa il funerale, e lui risponde con 95 minuti a correre tra difesa e attacco, entrando in tutte le azioni da gol, e stasera in particolare tirando nello specchio della porta più di quanto abbia fatto nelle cinque partite precedenti (incluse quelle in cui ha segnato). Pioli decide di lasciarlo fino al fischio finale, e lui gli dà ragione con i due tiri (e l’assist) che concretizzano la nostra rimonta. Grazie, e ci vediamo alle prossime esequie.
Leao – IL CUORE RIVELATORE
Dal punto di vista della pericolosità diretta, poco da dire: quella faccenda che tira poco in porta è sotto gli occhi di tutti. Ma gli haters hanno torto sul fatto che non contribuisca al gioco, o che sia svogliato: lui è questo tipo di giocatore, e non c’è difesa che non sia preoccupata dall’averlo contro – cosa che permette ai compagni (magari dei francesi che giocano sul suo stesso binario) di trovare lo spazio per fare miglior figura. Da anni si parla del suo “linguaggio del corpo”: se non avesse voglia di vincere e non si sentisse parte di questa squadra, non sarebbe il primo a sprizzare felicità quando un milanista segna. E spesso abbiamo la sensazione che il suo cuore si riveli più rossonero di quello di tanti sedicenti tifosi.
Pulisic – LE AVVENTURE DI ARTHUR GORDON PYM
Avventuriero americano le vede tutte, ma proprio tutte – finché la sua storia non incontra una conclusione sconcertante e difficilissima da spiegare. Il nostro americano disputa una buona partita, prende un sacco di botte dagli spaccaossa di Cioffi, poi nel momento in cui sembrerebbe indispensabile per l’assalto finale, la sua partita viene interrotta, suscitando un certo scalpore; eppure, il colpo di scena di Edgar Allan Pioli è giustificato dal risultato finale.
Okafor – MAI SCOMMETTERE LA TESTA COL DIAVOLO
Il consiglio del titolo sembra un filino ovvio, ma sembrerebbe ovvio anche, su corner, marcare sul secondo palo un uomo d’area come lui. La bellezza del suo gol è tutta nella rapidità che non lascia scampo al portiere avversario: chi lo sa, forse nemmeno Silvestri – quello che contro di noi diventa Zamora – l’avrebbe presa.
Florenzi – LA MASCHERA DELLA MORTE ROSSA
“È mezzanotte! È mezzanotte!” L’Udinese è pronta a far festa, ma mentre incombono le tenebre appare lui deciso a rovinargliela: il suo contributo maggiore è la volontà con cui entra in campo, e la decisione con cui contribuisce a spostare il baricentro in avanti, fino all’ultima stanza, quella con lo strano colore inclusivo: da lì, Spizzi batte il corner spizzato da Giroud verso il nostro principe svizzero, e per l’Udinese è finita.
Jovic – IL CORVO
“Nevermore”. Basta, è finita, dice agli udinesi ai quali la traversa e la riga avevano regalato un soffio di vita: mai più, dice lui, spiccando il volo che ricaccia negli inferi i nostri grami e cioffosi avversari. Che quest’anno non rivedremo nevermore, e speriamo di aver dato un piccolo contributo per non vederli nemmeno l’anno prossimo; se poi questo si estendesse all’eternità, non ci dispiacerebbe nemmeno un Poe.