Juventus-Milan 0-0: le Pagelle Che Non Lo Erano

Juventus-Milan ha visto opposti due allenatori che hanno visto giorni migliori – e un po’ di questi, con noi: sono i nocchieri degli ultimi due scudetti vinti dal Milan. E tanto per spostare un po’ l’attenzione da Pioli, del quale i milanisti parlano 24 ore su 24, abbiamo pensato di dedicare le Pagelle Senza Voti a  Massimiliano Allegri, alle sue massime e alle sue massimiliane.

SPORTIELLO – “Il presidente del Pisa Anconetani mi diceva: quando si muore i soldi non servono, bastano le carte di credito”.
Maignan è malato ma non ne muoriamo: grazie allo Sportiello ci ritroviamo a non rimpiangerlo. Si guadagna il clean sheet con la respinta su Vlahovic, le due parate quasi miracolose su Kostic e Danilo all’inizio del secondo tempo, la presa a terra sulla testata di Milik a venti minuti dalla fine. Poi rischia la vita su una palla banale, ma Thiaw salva lui e noi sulla linea di porta.
MUSAH – “Ci sono molti giocatori che sono polli da allevamento”.
Ennesima partita in un nuovo ruolo, ennesima prestazione indecifrabile: a tratti sembra in pieno controllo, anzi addirittura pronto a straripare; un attimo dopo viene asfaltato da Chiesa. Nel secondo tempo fa un coast to coast travolgente, poi butta il pallone a casaccio. È un anno che aspettiamo il suo salto di qualità – ma per ora i suoi salti sono svolazzi da pollaio.
GABBIA – “Il calcio è un gioco stupido per persone intelligenti”.
Partita dopo partita pare trovare nuovi modi di compensare i suoi limiti usando il cervello. Chiude spesso in modo impeccabile (decisivo un anticipo di testa sottorete su Vlahovic) e sa leggere benissimo le palle alte, in difesa come in attacco.
THIAW – “Magari non risulto tanto simpatico a parole, ma dentro di me battono lo stesso le grandi emozioni della vita”.
Dopo un filotto di prestazioni strazianti, si ripiglia proprio contro la squadra che scosse le sue e nostre certezze nella partita di andata. Salva la porta (e il portiere) nelle fasi finali. Lo stavamo già etichettando come brocco, l’etichetta ci rimane tra le dita come quelle appiccicose che tenti di levare ma si affezionano.
FLORENZI – “Nei cavalli basta mettere il musetto davanti, non di 100 metri. Foto, corto muso”.
Una partita ordinata e disciplinata gli basta a limitare i rischi sulla sua fascia di competenza – aiutato dal cavallo Leao, col quale però non si trova molto a suo agio quando si tratta di galoppare avanti verso il traguardo. Però è di buonumore, per metà partita se la ghigna con metà squadra avversaria ma con la mano durante alla bocca, quindi non riusciamo a capire se in realtà sta dicendo a tutti quanto “E tu chi c***o sei?”
REIJNDERS – “Nella vita esistono le categorie”.
La sua prima stagione con noi è stata decente, a tratti incoraggiante. Ma non ha proprio le chiavi del nostro centrocampo. Speriamo nei famosi margini di miglioramento. Ora come ora, dove una volta c’era un Presidente, c’è solo un Segretario.
ADLI – “A scuola andavo male: volevo fare il preside, ma non lo studente”.
Gira per il campo con l’autorevolezza del boss, ma la maggior parte dei suoi palloni sembrano tovaglioli.
LOFTUS-CHEEK – “Posso piacere o non piacere, come il pesce ratto”.
Nel primo quarto d’ora sembra destinato a una di quelle partite in cui malgrado i due cognomi è totalmente anonimo, come contro i ratti pesci la settimana scorsa. Poi inizia a crescere sia nella fase difensiva che in quella offensiva: produce il migliore dei nostri tiri, che non va in porta probabilmente per un campo magnetico.
GIROUD – “I cavalli dopo un po’ che vincono, si mandano al prato a riposare”.
Ancora più che al Milan, sembra aver dato l’addio a sé stesso. C’è stato un tempo in cui dava tutto per la squadra e per i compagni, e non era nemmeno molto tempo fa. Da un paio di mesi invece sembra semplicemente attento a non infortunarsi, sognando la California.
LEAO – “Se non mi diverto non riesco ad essere me stesso”.
Controllato con inevitabile attenzione, riesce a saltare l’uomo solamente una volta e mezza, e anche quando ci riesce non ne estrae il petrolio. Pioli lo sprona a difendere, cosa che fa con risultati alterni e con l’entusiasmo di chi accompagna la fidanzata a un concerto di Ultimo. A partita finita un ragazzo gli chiede un selfie, e in un attimo il suo sorriso illumina a giorno lo Stadium.
PULISIC – “A me della politica non importa quasi niente. Ora poi non c’è più nulla, gli ideali sono andati a farsi fottere da un bel pezzo e gli statisti sono nelle pagine dei libri”.
Prova qualcosa, ma sembra non capire mai cosa passa per la testa dei suoi compagni (…difficoltà che condividiamo) – e gradualmente diventa nichilista e disincantato come i giovani d’oggi.
BENNACER – “Il mio primo contratto me lo fece il Cuoiopelli, pagò il mio cartellino 6 milioni di lire. Avevo 17 anni, ero felice, eccitato. Poi quando fui lì con mia grande sorpresa scoprii che in campo ci andavano gli altri e non io”.
Nelle sue ultime apparizioni, in quattro partite contro avversari importanti, quando non è partito dalla panchina è stato il primo a essere sostituito. Forse, con sua grande sorpresa, ha perso il posto da titolare, e per di più a favore di Adli.
OKAFOR – “Il calcio è una folata di vento”.
E certe volte, per motivi non sempre comprensibili, lo è anche Okafor.

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