Pensavamo fosse finita

PENSAVAMO FOSSE FINITA.
Finita con questi nostri articolini contenenti a) un addio, e b) una domanda: “E adesso?”.
Articolini che cercano di rispondere alla domanda bilanciando
– le ragioni di chi è traumatizzato da un altro pezzetto di anima che se ne va,
– con quelle di chi è eccitatissimo (“Finalmente uno che non ci lascia a zero!” “Finalmente soldi veri!”), e
– le ragioni di chi predica il sempiterno “Prima di giudicare vediamo cosa faranno”, frase tipica di quando vince le elezioni qualcuno che non capisci del tutto ma del quale non hai motivo per pensare che sia un colossale e corrotto idiota (…ma in genere quel motivo arriva presto).

PENSAVAMO FOSSE FINITA.
Che scemi, davvero. E dire che proprio qui, due settimane fa, avevamo detto che era iniziata una nuova era. Beh, è questa. Quella in cui non siamo noi a portar via a qualcuno Gigi Lentini o Sandro Nesta, ma sono gli altri – anche se in questo caso si tratta di una squadra completamente priva di storia e di fascino, scelta da eminenti arabi esclusivamente per un motivo: sta nello stupido campionato dei ricchi. E ora noi possiamo solo fare quello che hanno fatto a loro tempo il Torino o la Lazio o la Fiorentina o l’Atalanta quando sono arrivati i pacchi di soldi di Berlusconi, ovvero non moltissimo. Ma finalmente capiremo una volta per tutte cosa significa un’aurea mediocrità.
Mettiamola così: abbiamo finalmente l’occasione di crescere, e smetterla con questa retorica del calcio come investimento sentimentale. C’è un Progetto, dicono, e ne siamo parte anche noi: il nostro compito è farci andare bene tutto. Figuratevi che noi ci chiamiamo ComunqueMilan, quindi ce la siamo cercata. Siamo qui per stare stupidamente bene e stupidamente male per una squadra, chiunque ci giochi, fosse anche Bonucci. E se Gerry Cardinale fosse arrivato negli anni 80, non ci avrebbe pensato due volte a vendere Franco Baresi. E tanta gente si sarebbe leccata i baffi: con quei soldi avremmo potuto prendere Tricella, Giuseppe Giannini e la grande promessa Ciccio Dell’Anno. Un affare win-win: basta con le sciocchezze sull’identità e la Storia: noi siamo la parte scema del Progetto, e possiamo porre solo due condizioni:

1) che la squadra si chiami Milan;
2) che ogni tanto indossi una maglia vagamente rossa e nera, se lo sponsor è d’accordo.

Oddio, se poi il Progetto prevede che si ribattezzi RedBull Milan o Pepsi Milano, chi siamo noi per opporci al moderno matrimonio tra spettacolo e produzione di massa?

PENSAVAMO FOSSE FINITA.
Pensavamo che i mercati da cenerentoli fossero finiti, invece il nostro primo colpo di mercato non è stato comprare, ma vendere uno di noi, il più milanista di tutti, il ragazzo che si era ridotto lo stipendio pur di vestire rossonero, il giocatore che quest’anno ha dato tutto anche nelle partite peggiori. Ma ehi, se vi dicessimo che al suo posto potrebbe arrivare il fenomeno dell’irresistibile Sassuolo 13mo in serie A, chi sarebbe così fesso da storcere il naso? E se arrivasse anche il trascinatore della SuperLazio di Lotito, il sergente capace di regalarle il sogno della Coppa Italia 2019, e non certo un banale e immeritato scudetto come Tonali? Non basterebbe ancora? E se aggiungessimo anche un attaccante figlio d’arte con una media di 8 gol a stagione in Bundesliga? Non vi fanno battere il cuore? Ancora con questa storia del cuore?

PENSAVAMO FOSSE FINITA.
Diamoci una svegliata, altro che cuore. Il Progetto non è nostro, non abbiamo alcun diritto di accampare pretese, possiamo solo seguire quegli Uomini Migliori di Noi, meno tifosi e per questo più intelligenti, che lo stanno progettando. Se il Progetto prevede che Maldini vada, Maldini va. Se il Progetto prevede che Tonali vada, Tonali va. Il vostro bambino sta piangendo perché aveva la sua maglia? È un bambino stupido: ringrazi il Progetto, che gli sta facendo capire per tempo come va la vita – e se è così infantile da avere un idolo, che apprezzi il fatto che va a guadagnare molto di più e ci permetta di comprare altri giocatori.
(certo, il fatto che il mercato del Cardinale inizi dalla sua cessione, con buona pace dei tesoretti e del bilancio in ordine, non sembra ispirare molta fiducia, ma il Progetto se ne frega della fiducia)

NON PENSAVAMO FOSSE FINITA.
Quando Berlusconi ha smantellato il Milan, e poi ci è toccata la Banter Era, essendo gonzi (come ripetono i tifosi di una certa squadra spocchiosa) non abbiamo mai smesso di credere in una certa idea di milanismo. E quando abbiamo visto sorgere una squadra dalle macerie, ottenendo uno scudetto e ripetuti piazzamenti tra le prime, ecco, pensavamo che fosse stata proprio la vittoria di un’idea romantica anacronistica: quella di un gruppo con alcuni giocatori e dirigenti che sentivamo personalmente vicini a noi, e il cui valore sentimentale andava calcolato insieme a quello economico, perché il risultato finale è stato molto superiore alla somma del valore dei singoli giocatori – e pure dell’allenatore.
Invece molto probabilmente qualcosa è finito. Questi ultimi anni sono stati una specie di Last Dance di una vecchia idea di Milan, fatta di Cesari e Paoli Maldini, di svedesi e olandesi, di Rivera e Lodetti, di Baresi e Hateley, di Kakà e Gattuso, di Shevchenko e Gianni Comandini, di Ibrahimovic e di Tonali: di Facce da Milan, per usare un’espressione che ci è sempre piaciuta. Ne vedremo sempre meno. E anche tra quelle attuali, prepariamoci a salutarne altre, se conviene alla nostra aurea mediocrità.

MA ORA È FINITA?
No, molto probabilmente no. Per un motivo. Dipende sempre da noi. Con buona pace dei Ragionevoli e dei Ragionieri, la maggior parte di noi tiene a una squadra per motivi che non siamo mai riusciti a spiegare agli scettici degli “undici miliardari che tirano calci a una palla”.
Teniamo a una squadra perché ci teniamo, letteralmente. Perché buttiamo i nostri sentimenti in uno spettacolone le cui regole vengono piegate a seconda di chi le aggira o di chi si butta in area. Gestito da funzionari raccomandati che devono favori a tutti. E raccontato da giornali color maiale o da penosi guappi televisivi o social.
E nonostante tutto siamo convinti che in questa burattinata ridicola ci siano calciatori da considerare un po’ famiglia, in uno stadio che è un po’ la tua casa, in una Storia che si intreccia un po’ alla tua vita. Sandro Tonali è stato uno di loro, lo sarà sempre e comunque.
Ma comunque, maledizione –  Comunque, Milan.

4 Risposte a “Pensavamo fosse finita”

  1. Comunque Milan . Se ci rinforzeremo e vinceremo…vorrei poi rileggere questo articolo e vedere quanti piangeranno Tonali.

    Il calcio è denaro da tempo e la maglia non conta più da tempo.

    Sveglia cambiate sport

    1. Bravo Sergio, ci sveglieremo perché lo dici tu che sicuramente non sei un pirla, e non parli per luoghi comuni da bar.

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