IL BERLUSCONI PERDENTE

Che effetto domino, oh. Ibrahimovic, Maldini Paolo, Berlusconi in 8 giorni. Se salutare i primi due è stato complicato, immaginate il terzo. Intendiamoci: là fuori, oggi e per anni, sarà un fiorire di commemorazioni ed esercizi di stile su Silvio Berlusconi, complicati o no. Ma c’è un aspetto di cui solo una pagina nata nel 2012 come la nostra può parlare.
 
IL BERLUSCONI PERDENTE
 
Non siamo così scemi da essere ingrati. Quando Silvio Berlusconi è arrivato, il Milan aveva due Coppe dei Campioni, 10 campionati in bacheca, e debiti che all’epoca non trovavano l’affettuosa benevolenza dei dirigenti del calcio italiano. All’epoca, con quei debiti, si falliva davvero, e i giornalisti erano impietosi (come ora, no?).
I fatti parlano: quando Silvio Berlusconi ha venduto il Milan (sfogate ora le vostre arguzie, se siete tra quelli convinti che in realtà non lo abbia mai fatto) le coppe erano sette, gli scudetti 18. E la situazione finanziaria si era fatta un po’ complicata, anche se non in modo irrimediabile, come abbiamo visto.
 
Ma il punto è che – tenetevi forte, ora – ci sono ragazzi sotto i 18 anni per i quali Berlusconi NON era un presidente vincente.
Fate un po’ i conti. Non lo era da un bel pezzo.
Il primo scudetto rossonero che hanno realmente vissuto è stato l’ultimo, che non ha molto a che fare con Berlusconi né con la sua scuola di pensiero: non è stato frutto di un potentato economico (anzi, forse di un impotentato economico, se esiste qualcosa del genere). E per quello che riguarda i teenager in circolazione, in realtà il presidente più vincente di sempre ha lasciato il Milan da perdente, in Italia e in Europa. Gli adulti continuavano a parlare di lui, ma anche in questo caso, i fatti parlano. Quando nel 2012, all’indomani del suo ultimo scudetto, il presidente dell’a.c. Milan vendette Thiago Silva e Ibrahimovic al rampante PSG, fu una dichiarazione di resa definitiva. E noi tutti, all’epoca, sapevamo che era nell’aria da un po’.
 
Qualcuno profetizzava la caduta dell’impero da molto prima. In occasione dell’Ultimo Spettacolo (ovvero la riconquista nel 2007 della coppa persa a Istanbul). Oppure, dal 2009, quando aveva vacillato sull’offerta del Manchester City per Kakà, trattenendolo per qualche mese prima di cederlo lo stesso, al Real Madrid. In quel periodo, impossibilitato a primeggiare, Berlusconi aveva perso l’entusiasmo per il Milan – salvo simularlo amabilmente, per esempio quando inneggiava a Cerci. Anche quando alla fine del ciclo delle M. interiste (Mancini-Mourinho) arrivò l’ultima fiammata di orgoglio, grazie a Ibrahimovic e a una campagna acquisti a bassa spesa/massima resa di Galliani, il grande amore era finito.
E noi milanisti, come deve essere capitato alle donne che ha amato nella sua vita, ci siamo accomodati ai margini.
Lui staccava un assegno ogni tanto, tipo gli alimenti. Non avevamo più molto da dirci. E da darci.
 
Lo guardavamo un po’ increduli e gelosi. Mentre dedicava le sue attenzioni a sondaggi, alleati politici, cene eleganti, giudici e pubblici ministeri, capi di Stato esuberanti (eufemismo). Si faceva vivo solo ogni tanto, magari per imporci la custodia di sua figlia Barbara, strana meteora di questi anni confusi. Nonostante tutto, eravamo pure felici di accollarcela, sperando che grazie a lei, suo padre sarebbe tornato a ’sta casa che aspettava lui. Per un po’ non è stato del tutto chiaro se qualcuno volesse il bene del Milan: la ragazza, proprio non si capiva, e lo zio Fester, accusato da molti tifosi di fare plusvalenze personali coi procuratori, sembrava persino ai ferri corti con papà Silvio.
Nel contempo, Berlusconi guardava gli allenatori e i giocatori scelti da Galliani come se li disconoscesse tutti: il Milan non era più quella cosa in cui poteva imporre Sacchi o Capello (…gli toccava consolarsi imponendo Angelino Alfano o Mara Carfagna alla nazione). Né poteva più permettersi Ronaldinho, Rivaldo, Beckham, magnifiche ciliegie sulla sua torta imperiale. E amici, di nuovo: non siamo così scemi da essere ingrati: quella torta era una delizia.
Non che ci riempisse così tanto la pancia: curiosamente, negli anni della sua presidenza, le rivali storiche hanno vinto più scudetti di noi o quasi quanto noi. In Italia c’è stato qualche problema, diciamo. E non andiamo nei dettagli, dovreste già saperli. Sta di fatto che molto spesso la torta ce la siamo ritrovata in faccia. Per fortuna c’erano l’Europa e il mondo ad apprezzarla – perlomeno, fino a quindici anni fa.
 
(qui è dove ci permettiamo di dissuadervi da un’eventuale polemica sulla limpidezza dei presidenti di squadre di serie A. Se pensate che ce ne siano stati di puri ed esemplari, temiamo che non la sappiate lunga come credete. Per quanto fastidiosa, l’espressione “il più pulito ha la rogna” dovrebbe essere scolpita da decenni fuori dalla sede della Lega Calcio)
 
Conoscete il pezzo forte del giovane Berlusconi? Quando cantava sulle navi da crociera per mettere via i soldi da investire in Milano 2 (ehm), fosse Que reste-t-il de nos amours?, una canzone del cantautore francese Charles Trenet. Una canzone nostalgica, che per tanti anni avremmo potuto cantare a buon diritto… Beh, se non fosse stata un po’ troppo agée (è del 1942, e anche se l’ha cantata Ornella Vanoni nel 1969, resta un po’ preistorica anche per i più anziani di ComunqueMilan).
 
Sedotti e poi abbandonati, gli abbiamo tenuto il muso. Per un bel po’. Che altro potevamo fare? E trovavamo irritanti quelle poche volte in cui parlava di noi: sembravano telefonate interessate. Non voleva sapere come stavamo realmente. Avevamo la sensazione (chissà perché) che tornasse a interessarsi del Milan solo con l’avvicinarsi di qualche elezione della quale a noi fregava pochissimo. Poi però lui ci rinfacciava: “Con tutto quello che ho speso per te”. E cosa gli si poteva dire? Anche se poi, pure noi avevamo la sensazione di avergli dato tantissimo – perché sì, il Milan senza Berlusconi, dite quello che volete, ma Berlusconi senza il Milan?
 
Ci consolava una piccola cosa. Nessuno, tranne una esigua quantità di interisti col neurone inceppato, dicesse più: “Vi fanno vincere perché siete la squadra di Berlusconi”. Vincere? E quando mai. Oppure, volendo, ci consolava il pensiero che un’altra ex da lui abbandonata, la sua televisione, era stata abbandonata a una decadenza ben più squallida (e le sta pure bene, stupida megera brutta da far schifo).
 
Era difficile anche lamentarsi. Perché a parte le accuse di ingratitudine (per quanto nel 2017, davanti a Poli e Lapadula, Luiz Adriano e Paletta, Bertolacci e José Sosa, anche i Silvientusiasti avevano sempre meno voglia di litigare), il rischio era di essere notati da certi suoi tifosotti politici che non appena mugugnavamo, si davano voce tra loro e venivano con gli amici a darci ordini, perentori come kapò (cit.): “OCCUPATI DI CALCIO E NON PARLARE DI POLITICA” usando la persona singolare, come tutti quelli che sono di passaggio. Ma prendendosi comunque la libertà di venire a casa nostra a stabilire cosa fare e cosa non fare (in pratica, eravamo La Casa delle Libertà… La loro, non la nostra).
 
Ci siamo sentiti in trappola per anni. Ostaggio dei ricordi, della speranza che tornasse a innamorarsi. Ma col tempo ci siamo illusi sempre meno, e quando è arrivato il divorzio, è stata una liberazione.
 
Come qualunque psicologo da talk-show potrebbe confermare, ci vuole tempo – ma a un certo punto, una relazione si supera: si va oltre. L’anno scorso abbiamo vinto uno scudetto senza di lui. Qualcuno in giro la sera del 22 maggio 2022 ha visto quanti ragazzi festeggiavano euforici, li ha guardati negli occhi, li ha ascoltati? Finalmente, qualcuno aveva fatto qualcosa per loro. Peccato non fosse Silvio Berlusconi – ma non importa, era giusto che anche lui superasse la nostra relazione. Quella col Monza ha decisamente superato le aspettative. Siamo sinceramente felici per lui, dev’essere tornato a divertirsi, specie con il suo figlioccio Pignatone.
 
E quindi, cosa resta di quell’amore? Come sempre, emozioni di varia natura. Momenti, ricordi, immagini. Come questa in cui ha in mano un libro di ComunqueMilan. Da sempre, l’ideale per una cena elegante 🙂 .
In realtà se poi non l’ha letto, meglio: l’abbiamo scritto in un momento in cui gli tenevamo il muso. E spiace dirlo, ma è un momento che è durato tanto.

Una risposta a “IL BERLUSCONI PERDENTE”

  1. sottoscrivo al 100%: prima ci ha portati alle stelle, nessun dubbio; ma poi ci ha abbandonati al primo cinese che passava. La vendita di Thiago e Ibra grida ancora vendetta. Passi la gratitudine dei vecchi tifosi, come me; ma certi affermati commentatori che ora sdilinquiscono sono esagerati e inattendibili. Un ricordo, sobrio, e girare pagina, al più presto.

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