(di Max Bondino)
Ce l’hanno insegnato da bambini, pasticciando, a scuola. Il nero non è l’assenza di colore ma quello chiamato a contenerli tutti. La musica, fortunatamente, per sua natura tende a sovvertire molte regole, a ribaltarle, spesso. Così, accade che se si mettono assieme tutte le frequenze udibili dall’orecchio umano, il risultato è il rumore bianco. Qualcosa che sembra somigliare al vento.
Ha soffiato forte, nell’ultima settimana e trasportava milioni di voci, tutte poco gentili ma non per questo, meno innamorate.
“I know you’re smart
You spin me round like a knot
You know the pieces, pieces of my heart”
L’AC Milan (o quel che ne resta) sa bene quanto poco ci basti per rimettere assieme tutti i cocci di quei cuori infranti e ricominciare. Anzi, sinceramente non vediamo proprio l’ora di farlo, il problema è che non è ancora finita. Questa stagione ha ancora una manciata di partite per mostrarsi in tutta la sua insostenibile pesantezza. E a quanto pare, nemmeno incontrare i migliori nemici di sempre è servito a toglierci quel fastidioso ronzio dalla testa. Rumore bianco, solo vento per far rotolare via questo Juventus – Milan come un gigantesco “tumbleweed”, quei cespugli resi celebri dai film western divenuti icona di abbandono e desolazione. La reale dimensione dell’imbarazzo di quella che dovrebbe essere una classica del calcio italiano, la trovate andando a cercarvi gli highlights del match. Iniziano al 46esimo del primo tempo, su una punizione di Vlahovic che Sportiello mette in angolo.
“Just noise, white noise
I’m hearing static, you’re like an automatic
You just wanna keep me on repeat and hear me crying”
45 minuti di fruscio. Quarantacinque. Talmente assordanti e ripetitivi da mettere il magone. Dove siamo finiti? Perché gli alti e bassi di un campionato sono la norma ma la costante capacità del Milan, in questi anni, di scomparire, all’improvviso, dalla propria stagione ha davvero pochi precedenti. Sapevamo che la deflagrazione del derby avrebbe lanciato schegge impazzite ovunque facendo danni sul medio e lungo termine (la nostra linea difensiva a Torino è lì a raccontarlo) ma in uno scontro diretto fra seconda e terza (la dimensione attuale della Serie A è proprio qui) era lecito aspettarsi qualcosa di più, qualunque cosa.
“Such a shame, you frame me with such disdain
You got me washed out, washed out, call it drained”
Svuotati ed esasperati, il nostro rumore bianco viene interrotto al minuto 65 con un tiro a lato di Loftus Cheek dal limite. L’unico della partita del Milan. La Juve, una delle più scassate e insignificanti della loro delittuosa storia, ad inizio ripresa aveva combinato di meglio con una doppia conclusione pericolosissima di Kostic prima e Danilo poi, su cui Sportiello, seppur con poca eleganza, con due mezzi miracoli ne portava a casa uno intero. La quantità di errori pacchiani da parte nostra che loro con altrettanta inadeguatezza non sfruttano mai non appartiene davvero a questa categoria (seconda e terza in classifica, ripetiamo…bah). Nell’ultima mezz’ora, gli ingressi di Bennacer ed Okafor non aggiungono nulla al nostro stilosissimo niente mentre Milik e soprattutto Chiesa mettono la Juve in condizione di riprovare l’ebrezza dell’assedio come forse non gli accadeva da un paio d’anni. Ancora Sportiello a bloccare Milik di testa al 77esimo e un affanno continuo sino a quando Thiaw si porta a casa l’incredibile e surreale titolo di “migliore dei nostri” dopo aver salvato sulla linea una serie di confusi tentativi nell’area piccola a quattro dalla fine. Sono altrettanti i minuti di recupero, emozionanti come gocce da una flebo.
“Just noise, white noise”
È davvero complicato, in questo momento, andare oltre al rumore di fondo, assordante.
Però in musica, spesso, il “rumore bianco” è un ottimo ingrediente per creare nuovi effetti, una texture su cui costruire atmosfere, in certi casi può addirittura diventare parte del groove.
Certo, sono situazioni in cui tocca ripartire ad arrangiare da zero ma d’altronde, ci sembra di esser arrivati esattamente lì.