Solo la maglia ?

(di Max Bondino)

Sono una persona equilibrata, credo. Per quanto sia possibile esserlo in un’era in cui le tue amiche quarantenni ti inviano link imperdibili da Tik Tok. Sereno, in quella fase della vita in cui assapori al meglio un po’ tutto, grazie alla consapevolezza (molto ottimistica) di esser a metà strada e alla coscienza (molto più realistica) di aver più tempo alle spalle che davanti (ed anche se dovesse finire in un clamoroso pareggio, beh, non credo che il Max venticinquenne proverà invidia per quello ottuagenario). Ho fatto il lavoro che sognavo per tutta la vita, ho privilegi che nemmeno penso di meritare appieno, eppure ogni mattina, al mio risveglio, in questo mese di giugno, sento il desiderio irrefrenabile di andare a svolgere una certa funzione privata davanti a Casa Milan.

Nel mentre, i titolari della “viuuuleeenza” predicano saggezza. Citano Sun Tsu, si iscrivono a corsi di ricamo che renderanno incantevoli le coreografie per Frattesi (impegnato a rilasciare interviste che neppure Muhammad Ali dopo l’oro olimpico).

Temo possa trapelare un po’ di fastidio da queste mie parole. Quindi ci tengo a correggere il tiro: provo odio, sincero. Non ho mai avuto il fisico né la capacità intellettuale per esser “Donato Cavallo” anche se l’ho desiderato davvero molto, negli anni ’80. Ma non è normale quello che sta accadendo a tutti noi, all’AC Milan. È il fottuto mondo al contrario.

Ma d’altronde: c’è “sololamaglia”, vero? No, non funziona più. E non perché per la prima volta in 124 anni la prossima stagione giocheremo senza strisce o esulteremo a San Siro per una squadra che veste il rosa e il blu ma semplicemente perché dietro a “sololamaglia”, oggi ci si nasconde. Se è diventato un mantra, se ci si è riempiti la bocca recitandolo all’occorrenza (quando gli argomenti finiscono) è per la storia, gli uomini (veri) che l’hanno vestita, i valori che l’hanno resa tale, quella maglia lì. Non a caso, Herbert Kilpin, per darle un senso, dovette inventarsi una bellissima poesia fatta di diavoli, fiamme, coraggio e terrore, quando “sololamaglia” era “solouncamicionedanotte”, quella sera in cui la storia era tutta da scrivere.

Sono tremendamente incazzato perché mi conosco. E so di non essere in grado di godermelo, il Milan, conciato così. Abbiamo avuto proprietà discutibili, a volte imbarazzanti ma se Yong Hong Li era un personaggio di fantasia, Gerry Cardinale è una caricatura a tratti grottesca, uno di quei personaggi caratterizzati con l’ingenuità di una storia di Topolino, ma è reale come l’imbarazzo che mi creano le persone impresentabili. Credo ne sia consapevole, considerando il numero delle sue apparizioni a Milano, l’ultima durata qualche ora (incluso il tempo in aeroporto) per gettare nella spazzatura il deodorante che sino ad oggi nascondeva il fetore di questa proprietà che non conosce il numero di Coppe dei Campioni in bacheca ma sa perfettamente il prezzo di tutti quelli che pensavamo avrebbero aperto un ciclo con noi. Ci tengo a ribadirlo, nella mia testa non c’è necessariamente “il ciclo di vittorie” ma un pezzo di strada assieme sufficientemente lungo ed appassionante da esser ricordato, attraversato con orgoglio. Per me, la stagione del 19esimo scudetto e la scorsa sono ugualmente importanti, perché vissute con un’identità comune.

Da oggi in poi, bisogna solo sperare che Theo ari la fascia una volta in meno o che Maignan scazzi qualche uscita, bluffare, insomma. Perché ci hanno appena spiegato che se sono troppo bravi, non possono giocare da noi. E un assegno da 100, 150, 200 milioni, in Premier lo staccano come noi i ticket restaurant. E se fra di voi c’è davvero qualcuno convinto che i soldi incassati portino a nuovi “big”, vi lascio il mio numero di telefono, così me la raccontate ogni sera, prima di fare la nanna.

“Ma sei un romantico, Max” (…ma vaffanculo).

D’altronde, seguire per tutta la vita una squadra di calcio, sincronizzando il proprio umore alle sue sorti, litigare senza motivo con degli imbecilli, piangere di gioia, sentirsi come fratelli fra estranei sono tutte manifestazioni scientifiche, burocratiche ed analitiche mica legate ai sentimenti. Tutto ciò che ci spinge a seguire il Milan ha lo stesso senso di svegliarsi ogni giorno con la stessa persona di fianco, ovvero non ne ha. A meno che non ci sia l’amore (che è il sentimento più scemo di tutti, ma sai com’è…).

La foto della maglia che accompagna queste parole rappresenta ciò che mi ha spinto a scribacchiare, oggi. Da ragazzino, ho sempre giocato con l’8 e quando me l’hanno regalata, nell’estate del 2021, Tonali godeva di un consenso leggermente superiore a quello di De Ketelaere, solo grazie a quel fastidioso milanismo che sembra ormai volgare nominare ma capace di trasformarlo nel vuoto che ci attraversa il cuore oggi. Ecco, se “sololamaglia” perde il suo significato, se i colori sociali sono tali ormai solo su Wikipedia, se ci levate proprio tutto, alla fine si intravede davvero cosa c’è sotto.

Noi, solo noi.
All’infinito.

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