BPM: Milan-Slavia Praga 4-2 ovvero NEVER AS TIRED AS WHEN I’M WAKING UP

(di Max Bondino)

Esausto. Anzi, Exhausted. Mica perché buttare lì una parola in inglese in più fa figo, è solo che rende meglio a livello onomatopeico. Provate a ripeterle con me: Esausto. Exhausted. Sentito? Nel secondo caso, se la pronunci come si deve, sei costretto a buttarci dentro sospiri, sbuffi di fiato che vengono meno. Arrivo così, ad affacciarmi sul verde di San Siro in tempo per il calcio d’inizio. Correre sulle rampe non è stata un’idea straordinaria ma il prepartita con amici è andato lungo e nel momento in cui il tornello dice “bentornato a casa”, attraverso un “beep”, sono le 20:50 e il colosso di cemento è ancora da scalare.

“I’m wasted and complacent
And you about the same
But still I want to get it on
with you tonight”

Devastato ma compiaciuto, un po’ come l’AC Milan, per un’altra notte assieme. Una di quelle serene, magari. Perché se, da bambini, quando abbiamo scelto che una squadra di calcio diventasse la nostra bussola emotiva, nel contratto c’era scritto chiaramente che qualche weekend ce lo saremmo un po’ rovinato e ci sarebbe stato pure l’assoluto privilegio di sclerare male il mercoledì sera ma, davvero…ci si potrà mai incazzare, di giovedì? La risposta, l’avete già.

La prima mezz’ora di Milan – Slavia Praga non è esattamente la festa pirotecnica che ci aspettavamo. Lenti, macchinosi, apparentemente demotivati nella prima di una manciata di partite che potrebbero dare finalmente un significato ad una stagione intera. E invece sono loro a correre, far possesso, provarci. Al minuto 26, Diouf, prova invece la resistenza della tibia di Pulisic ai suoi tacchetti ed è rosso diretto. Sembra mett-ersi bene, anzi benissimo, perché poco dopo, Leao, con un ibrido fra un tiro a giro sul secondo palo e un cross, recapita il pallone nell’area piccola a Giroud che fa ciò per cui l’amiamo oltre la ragione. Siamo in vantaggio e ancora tutti in piedi quando regaliamo un corner per una serie di disattenzioni inaccettabili. Sugli sviluppi, Doudera trova immediatamente il goal della vita con una botta assurda, al volo, da fuori area.

“No I’m never as tired as when I’m waking up
But it feels like I’m in love again”

Attorno a me, fra improperi e bestemmie creative, mi colpisce un commento. Lapidario, sussurrato, esausto. “Sono davvero stanco di questa squadra”. Ci rifletto e la sensazione è davvero quella stanchezza atavica davanti alla quale faresti “spallucce” a tutto ma poi la vita ti frega perché, inevitabilmente, ti innamori di nuovo. L’AC Milan ci riporta dentro la nostra Storia con un finale di tempo che racchiude tutte le sue potenzialità (troppo spesso inespresse). La notizia più incredibile è che battiamo di nuovo i calci d’angolo, come negli anni ’80, tipo Wilkins che cerca in area la testa di Hateley. Lo fa Florenzi al 42esimo e Gabbia in terzo tempo, costringe al miracolo Stanek. Ancora Spizzi serve Reijnders due minuti dopo che, dal vertice sinistro, calcia finalmente d’istinto, teso, un rasoterra fortissimo che ci riporta avanti. Ancora anni ’80 nel recupero, sempre il piede educato di Florenzi dal corner, Loftus “esce di foresta” in area ed è 3-1 all’intervallo (ma tu pensa, fare i cross e darci di testa: Revolution!).

“If I could just grow up
Never gonna get it now
Cause I’ll never grow”

Ah, se solo maturassimo un po’, AC Milan. Noi tifosi ci proviamo, ma uno sforzo fallo pure tu.
La ripresa si apre con un’occasione gigantesca di Rafa che, in area, dalla sinistra, non trova il secondo palo. Così, è lo Slavia ad accorciare, su una punizione dove difendiamo come fossimo noi, in dieci, lasciando liberissimo il Signor Schranz che, sulla destra, ha tutto il tempo di prendere la mira e bucare Maignan. Iniziano una decina di minuti di grande disagio, in cui ci portano a spasso con un uomo in meno, palleggiandoci in faccia senza timori riverenziali e lo stadio, per la prima volta dopo tanto tempo, fischia, ululando “sveglia!” alla luna.

La sensazione che il 3-3 possa arrivare da un momento all’altro galleggia su San Siro. Ma fortunatamente, il talento smodato dei singoli, trascende l’autolesionismo di squadra ed arriva il 4-2 a cinque dal termine con Rafa che manda ai pazzi il suo marcatore con una serie di magie in una di quelle azioni in cui sembra non avere attrito sull’erba, dal fondo trova uno scavetto delizioso e la deposita (quasi) in porta. Pulisic (con la parrucca bionda di Tomasson) sulla linea, finisce sul tabellino.

Anche nei minuti finali, ricaviamo la sensazione che ci abbia provato più lo Slavia nel cercare il terzo che noi, la cinquina.

“Though it feels like I’m in love again
with what ya do
But not with you
(I keep on telling myself it’s you)”

Il Milan vince, fa quattro goal, uno più bello dell’altro. Ma usciamo dallo stadio incarogniti. Non è mica normale.

Mantenere viva una qualificazione, contro una delle squadre più modeste di questa Europa League (in dieci per un’ora), non è un’impresa memorabile e, fortunatamente, anche molti giocatori se ne sono accorti. È un inizio, dai. Peccato che siamo a marzo.
Sempre col fiatone, esausti.

 

 

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