(di Max Bondino)
La vergogna è un’emozione nobile. Non è vecchia quanto il mondo, neppure quanto l’umanità. Abbiamo dovuto evolverci parecchio, prima di aver il privilegio di provarla. Non parlo di quella col punto esclamativo che rende possibile l’esistenza dei social ma quel processo più intimo che si scatena quando dignità e coscienza finiscono nello stesso shaker. Ne esiste una variante che a me piace chiamare “vergogna conto terzi”. È un po’ più elaborata e richiede uno sforzo di sensibilità maggiore ma è attualmente la più facile da esercitare, se hai amici over 40 che postano giornalmente su Facebook, ad esempio. Oppure, se sei innamorato del Milan.
“If you want to
I’ll make you feel something real just to bother you
Now I got you
Under my thumb like a drug, I will smother you”
Il Sassuolo Calcio esiste al solo scopo di procurarci fastidio. E’ il primo punto della loro ragione sociale, ne abbiamo preso atto da tempo eppure non ti abitui veramente mai al livello di disagio che questa partita è in grado di generare, un malessere talmente tossico da annebbiare il fresco ricordo di uno scudetto favoloso vinto in quella terra di nessuno.
Dieci minuti, 2-0 per loro. Passatemi la metrica: c’è del dolo.
Alla prima azione, il vantaggio, con Volpato che scherza Thiaw, mette in mezzo, Thorstvedt si esibisce in un tacco fra le sagome della nostra difesa, allunga per Pinamonti che insacca liberissimo. Ma è sul secondo che “la vergogna conto terzi” si fa davvero strada. Il Milan difende altissimo con quelli che sono, probabilmente, i due centrali più lenti della Serie A, in questo momento. A Laurentie basta mettersi a correre per passarci attraverso, presentarsi di fronte a Sportiello e ribadire in rete una respinta assai rivedibile.
“If you want to
I’ll be the one, be the tongue that will swallow you”
Ingoiati, letteralmente. Perché potevano essere tre, considerando che Kjaer, mancando uno stop elementare, già al settimo, aveva mandato in porta sempre Laurentie. Il turnover era inevitabile, ok e sappiamo che, considerando il nostro attuale peso politico in Serie A, schierare Tomori significava farlo ammonire nel riscaldamento ma con tutto il bene che abbiamo voluto (e sempre vorremo) a Simon, è ormai un “ex” da un anno e mezzo, purtroppo ed affiancarlo all’inquietante Thiaw di quest’anno sfiora l’accanimento terapeutico. In un contesto simile, non vedere Simic neppure fra i convocati strappa più di un solenne: “minchia, boh”.
“Just move along, nothing wrong ‘til we meet again (shame, shame)”
L’AC Milan, fatto il pieno di vergogna, inizia la sua partita. Trovando prima Consigli a salvare miracolosamente un colpo di testa ravvicinato di Thiaw e poi nuove vette di tecnologico, infame imbarazzo. Al minuto 17, Leao trova Chukwueze sul secondo palo, Samu la mette dentro di precisione, di testa ma tutti fermi, è il momento del corso di Paint offerto dalla FIGC. Il problema è che, ormai, i boss di questo torneo non hanno neppure più la ghiandola che secerne l’enzima della vergogna e te lo mostrano anche, tronfi, che dal rendering si evince come lo stemma delle 7 Champions League sventolasse in fuorigioco. Si resta 2-0 ma per poco, fino alla giocata stratosferica di Rafa che in mezzo a due fa qualcosa coi piedi che fatichiamo a capire anche nel replay e accorcia lo svantaggio.
Il resto del primo tempo è come sostare di fronte alle vetrine oscurate di un locale di slot machine.
Sai che lì dietro stanno accadendo robe brutte e forse, è meglio non vedere.
“I’ll be the war at your door, come and let me in (shame, shame)”
La ripresa regala immediatamente nuovi momenti terrificanti. Ancora Kjaer con errori elementari in impostazione ad innescare Laurentie sul suo motorino truccato. È qui che la vergogna incontra la pietà. Il danese, davvero, non meritava di lasciare ricordi simili dopo tutto ciò che di straordinario ha fatto per la nostra maglia. Al 53esimo, Defrel galleggia indisturbato dal limite, serve centralmente per Lauriente che, con tutta la nostra difesa fuori posizione, può prendere comodamente la mira per il 3-1. Un attimo dopo il Sassuolo si divora il quarto in un contropiede surreale, quattro contro due.
L’ingresso di Gabbia, Rejinders e Giroud segna l’inizio di una rimonta molto amara. Jovic trova il 3-2 sulla solita grande iniziativa di Rafa ma è la seconda lezione del corso di Paint a rapire la nostra attenzione, al 64esimo, con un altro goal buono (e bellissimo) tolto a Chuckuweze dopo le analisi delle microfibre.
Gli tocca pure uscire (povero Samu!), per fare posto a Pulisic che va vicinissimo al pareggio al minuto 78 dopo uno scambio con Adlì. Il pari lo trova, a cinque dalla fine, l’ultima mossa della disperazione, better known as Okafor. Dal corner, sponda di Giroud, la palla arriva allo svizzero in mezzo all’area che è, come sempre, glaciale, quando serve.
Gli indizi su Noah sono parecchi, ci piacerebbe vederlo più spesso, prima o poi.
Rischiamo di vincerla, in chiusura, con un inserimento bellissimo di Pulisic per servire a rimorchio Olivier in area che, inspiegabilmente, col suo piede, alza sopra la traversa.
Non un gran momento, vecchio cuore.
“Another season of loneliness
I found a reason and buried it
Beneath the mountain of emptiness”
Ci sentiamo un po’ soli, abbandonati. Non sono i due punti persi (abbastanza inutili a tutto, ormai) ma l’accuratezza con cui, in quattro giorni, abbiamo demolito e sepolto due mesi di buoni risultati e certezze ritrovate, proprio a ridosso di una settimana che potrebbe scrivere la parola fine sulla stagione, in quel corsivo nostalgico e demodè dei film in bianco e nero.
Non ci vergogniamo ad ammettere che ci piacerebbe restare seduti, in attesa di una scena post credit ma per quelle, di solito, servono gli effetti speciali.