BPM (Beats Per Matches): Milan-Roma di EuropaLeague ovvero Learning To Fly

(di Max Bondino)

Le rondini non vengono censite. Non hanno un QR code, non usano i tornelli. Se sono settantacinquemila e ventitré, gli umani arroccati su San Siro, il suono dei garriti che esplode sulle rampe sembra superarli, è impressionante, sovrasta la musica, il vociare, i primi cori disordinati del prepartita. Non ne avevo mai viste così tante, assieme. Sfrecciano attorno e dentro lo stadio, escono a centinaia, all’improvviso, dalle fessure di cemento che hanno scelto come nidi.

Lo stadio sembra appartenergli più che a noi, gente che non sa volare.

 

“Into the distance, a ribbon of black

Stretched to the point of no turning back

A flight of fancy on a wind swept field

Standing alone my senses reeled”

 

Oddio, almeno con la fantasia, noi sappiamo farlo. Specie dopo un mese e mezzo di vittorie, ancora di più in quello che è, a tutti gli effetti, il momento più importante della stagione, il punto di non ritorno davanti al quale alzarsi da terra, una volta per tutte. Chiedevamo questo, all’AC Milan. Forse più di una vittoria. Diventare uno stormo, uno di quelli che disegnano strane forme, bellissime e un po’ inquietanti, nel cielo. Prendere forma, appunto.

 

“A fatal attraction is holding me fast
How can I escape this irresistible grasp?”

 

Sono bastati pochi minuti per capire quanto saldamente a terra saremmo rimasti.

La Roma non fa nulla d’eccezionale. Se non mettersi educatamente in campo tenendo un buon ritmo, la peggior versione del Milan nel 2024 ne sublima le caratteristiche. Ci provano subito Dybala e Pellegrini ma anche noi, al nono, col primo di una serie di tiri da fuori di Reijnders (che sarebbero una buona notizia, in una serata meno storta di questa). Al sedicesimo, uno stadio intero vede Lukaku in fuorigioco servire El Shaarawy, il tiro, deviato da Gabbia sembra finire all’incrocio ma Mike serve la specialità della casa: il miracolo in angolo. Sul corner torna sul menù una vecchia prelibatezza, le statue di sale, in mezzo alle quali Mancini, di testa, porta in vantaggio i giallorossi.

 

“A soul in tension that’s learning to fly
Condition grounded but determined to try”

 

Trovarsi di fronte a vecchi limiti è pesante. Ma la squadra sembra reagire con un’occasione immediata, al minuto 21, sponda di Loftus per Giroud che due volte, a portiere battuto trova la testa di Lukaku a respingere. Avevamo ricordi europei più dolci del belga sulla linea di porta, a dir il vero. Sempre Lukaku, poco dopo ingaggia un duello in scivolata con Gabbia su una palla in mezzo di El Shaarawy, rischiamo l’autogoal e un principio di infarto col pallone che resta giocabile per qualche secondo nel vuoto. Il primo tempo si chiude con un altro tentativo di Reijnders da fuori preceduto da una serie di situazioni in cui la Roma, in contropiede sembra sempre sul punto di poterla chiudere anche grazie a un’indolenza e svagatezza generale, parecchio sconfortante.

“No navigator to find my way home
Unladened, empty and turned to stone”

 

Ma è nella ripresa che l’AC Milan si perde davvero. Ccon dieci minuti iniziali di imperdonabile nulla raccontati perfettamente da Rejinders che, a centrocampo, passeggia deliziato come fra le bancarelle degli “obej obej” facendosi rubare palla alle spalle in modo grottesco. Già, il centrocampo. Raramente abbiamo visto tutto un reparto così tanto in difficoltà e se a Bennacer diamo il beneficio del Ramadan, per Loftus e Tijjani fatichiamo a trovare alibi. Per capirci, il ritmo è stato talmente basso che, l’ingresso di Adlì (non propriamente noto per il suo dinamismo) ha dato un boost improvviso a manovra e pressing sul loro portatore. Allo scoccare dell’ora di gioco, il momento più difficile. Due occasioni in un minuto, prima con uno scambio fra Lukaku e Pellegrini che porta il capitano della Roma a un diagonale troppo angolato e poi con Cristante che calcia a lato dopo una ripartenza sanguinosissima. Qui, Maignan, trascorre un minuto tondo con “la mano arzata” (per dirla coi nostri avversari) ad insultare platealmente Rafa Leao (che si tiene a debita distanza), reo di aver innescato il contropiede senza neppure tentare il recupero.

Ci prova di testa Theo al 69esimo, a lato. Segna quasi per sbaglio Adlì con un cross assai sghembo al 75esimo ma è un’azione strepitosa di Chukweze (entrato ancora una volta benissimo) a farci capire che è il caso di iniziare a pensare alla gara di ritorno. Samuel entra da destra, scarta tutto ciò che trova, serve Giroud dalla linea di fondo che, di destro, da meno di un metro, colpisce la traversa.

Allo scadere del recupero, ci sarebbe un rigore per un fallo di mano solare di uno scoordinatissimo Abraham ma lo sappiamo, è volgare ricordarlo e a noi piacerebbe esser gente che vola alto.

 

“A dream unthreatened by the morning light
Could blow this soul right through the roof of the night”

 

È un momento improvvisamente buio, perché inaspettato. Se esiste un aspetto positivo di questa pessima notte di Europa League è che la qualificazione resta ampiamente possibile. L’AC Milan si risveglia a terra mentre sbatacchia invano le ali, è per questo che le rondini non si posano mai al suolo. Non sarebbero più in grado di spiccare il volo. A meno che qualcuno non le raccolga e le lanci in aria.

Ditelo, se serve una mano.

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