TRANSMISSION FROM THE SATELLITE HEART 3 Inter – Milan 1-2

Ora, in molti potrebbero effettivamente obiettare sulla condotta di me splendido quarantenne lanciato brillantemente verso il mezzo secolo. Per dire, invece di inseguire per casa dei marmocchi saltellanti in maglia rossonera come il mio amico Colo, ho un gatto nero bulimico e intrattengo complicate relazioni sentimentali con una fortunata giovine che andava all’asilo quando mi sparavano addosso i lacrimogeni a Verona. Però qualcosa nella vita di buono l’ho fatto pure io, che diamine.

Ad esempio, sono stato a Rio, dove ho fatto tutte le cose che farebbe un italiano tranne che andare mignotte, con grande stupore del taxista che portava me e i miei amici in giro per la città, tanto che addirittura dubitava delle nostre inclinazioni sessuali (‘Tu no puttane? Tu no italiano!’). Comunque, mignotte a parte, ho fatto il bagno ad Ipanema, ho ascoltato la bossanova nei bar di Copacabana, ho persino visto il Flamengo al Maracana. Sono soprattutto salito sul Corcovado per ammirare il Cristo Redentore.

Ecco, ma amici milanisti, fratelli rossoneri, a voi chiedo. Ma che aspettiamo per innalzare anche noi il nostro Zlatan Redentore? Che ne so: sulla Montagnetta, al Parco Sempione giallomarrone, in mezzo a Piazzale Loreto. Dove vi pare insomma. Un bell’Ibra con le braccia spalancate che ci protegga tutti.

E’ davvero il minimo per celebrare quest’uomo, quest’entità superiore, maieutica, sovrannaturale. Non so manco più come definirla. Che poi manco basta uno Zlatan alto 38 metri, macché. Ci vorrebbe proprio un parco con delle statue, come i busti del Pincio a Roma. Zlatan che esulta e zittisce chi aveva osato importunarlo dalle gradinate, Zlatan che con il colpo dello scorpione uncina un pallone impossibile, Zlatan che sull’ennesimo lancio lungo sovrasta per l’ennesima volta De Vrji e la spizza per chi è vicino, Zlatan che a fine partita invece di esultare e basta, si prende la briga di fare la ramanzina da Krunic perché ha sbagliato a dargli una palla in profondità. E Krunic muto.

A pochi minuti dalla fine della partita i social del Milan hanno sbeffeggiato quegli scemipagliacci delle bave con un perentorio ‘Inter, You’ve been Zlataned!’, tutto vero, due belle centre e tutti a casa. Però se ci pensate bene, i primi ad essere stati Zlatanizzati siamo stati anche noi. La sua infinita fiducia in se’ stesso, la sconfinata sicumera, il suo ego spropositato hanno contagiato tutti.

Kessiè che a centrocampo domina e ad una certa si è messo di fisico a contrastare Lukaku, Calha finalmente protagonista, Benna che va di ramazza e di fioretto, persino Davidino Calabria che sradica il pallone che ha fatto partire il 0-2 e lo passa a Saele, che se appena appena avesse più qualità sarebbe davvero un giocatore importante, ma diamogli tempo che l’è ancora giuvin.

Nessuno, nemmeno nelle più rosee aspettative poteva prevedere tutto ciò. Imbattuti da Marzo, sette vittorie di fila da inizio stagione, a punteggio pieno e primi in classifica. Certo, sono appena quattro giornate. Certo, la rosa non permette illusioni. Certo, sabato siamo stati bravi e ci ha anche detto bene, ma quante volte invece la sfiga con le merde ci aveva dato il bacio di Giuda? Il palo del possibile 3-3 colpito sempre da Ibra l’anno scorso, D’Ambrosio che salva sulla linea su Cutrone al 9oesimo e mi fermo qua, che sto ancora sanguinando.

Invece questa volta no, l’inerzia è stata dalla nostra, forse trasportata da quella fantastica masnada roboante di motorini, bandiere, pugni alzati e mani che hanno scortato il pullman della squadra fino allo stadio. Che poi uno dice che i calciatori sono professionisti e non si fanno influenzare da queste cose, ma non credo sia casuale quella corsa sotto la Sud vuota. Come a dire: l’abbiamo fatto anche per voi ragazzi, perché sappiamo quanto conta questa partita per voi, per noi, per tutti.

Quando qualche mese fa ho deciso di intitolare ‘I peggiori anni della nostra vita’ il libro che mi ha proiettato nel mondo dei best sellers e dei premi letterari, si trattava di una specie di catarsi. Un’ordalia per esorcizzare tutti quegli anni bui che sono cominciati quando Zlatan se ne è andato, perché da lì è arrivato un mare nero fatto di fatica, delusioni, amarezze. Con solo la Fede, le birrette, gli amici a tenerci assieme. Finché poi Ibra è tornato. E qualcosa è cambiato.

E forse-dico forse- I peggiori anni potrebbero davvero essere finiti.

Because we’ve been Zlataned.

Una risposta a “TRANSMISSION FROM THE SATELLITE HEART 3 Inter – Milan 1-2”

  1. Hai centrato, spero, l’obiettivo. Nel 1987, a ferragosto, entrando a San Siro avevo la sensazione che quei maledetti 8 anni passati a masticare l’indicibile per un tifoso adolescente erano passati. Ma lo realizzato quando fui ai cancelli del Camp Nou due anni dopo. Ecco, cerco di non pensarci, ma di tenermi dentro il milanismo di quegli anni, che ancora sento forte, come ho sentito in questi. Sperando che anche questi peggiori anni stiano per finire.

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