BPM (Beats Per Matches): Verona-Milan 1-3 ovvero A LESSON IN CHEMISTRY

(di Max Bondino)

Una delle espressioni che mi capita spesso di ripetere davanti a situazioni in cui la vita ti mette un po’ paura, lasciandoti inerme, è: “siamo fatti di sputo e vento”. Esistono immagini probabilmente più poetiche, ma in un certo senso, ci prova ad esserlo, includendo le fragilità, la nostra natura effimera ma anche la capacità di elevarci e sfuggirle, per brevi ma esaltanti momenti. Insomma, la condizione umana è quel che è ma a volte, possiamo deciderlo se essere solo sputo o magari, aria di cambiamento. Nella giornata in cui, in Serie A, si scende in campo con la patch “Keep Racism Out” sulle maglie, scopriamo che la smorfia di un’esultanza vale una squalifica, gli insulti razzisti no, se accompagnati da una letterina di scuse profumata. Lo sentite? Non c’è un alito di vento, qui.

“I get caught up in emotion
Fall and it fades so fast
But with you it feels like slow motion
And I wanna make it last”

È più forte di me. Sono emozioni davanti alle quali devo contrapporre una reazione immediata. Nel caso urtasse la sensibilità di qualcuno, beh…”me ne scuso”.
Siamo a posto, poi vi passa.
Meno male che c’è l’AC Milan con cui, ultimamente, è un piacere intrattenersi, farla durare.
Addirittura per una trasferta a Verona, partita che non ci spaventa più da tempo ma di cui il giornalismo intellettualmente inerte di questo paese pare avere ancora bisogno (Ah, volevo scusarmi coi giornalisti).
Certo, è una partita speciale per me. Nessuno, nella mia carriera di tifoso, mi ha sputato addosso quanto i veronesi dal loro settore ospiti, quindi è sempre un piacere (Ah, volevo scusarmi coi lama).

“I already know
Feelings come and go
It’s callin’ to my soul
Outta my control”

È un BPM di sentimenti mutevoli, questo. Difficile da controllare ma assai semplice nel racconto del match che vede la squadra giocare oggettivamente sempre più libera, sciolta, dove finalmente la famosa qualità dei singoli si accompagna al collettivo. Così, se al 19esimo, c’è tutta la tecnica di Okafor nel destro al volo da fuori che si stampa sulla traversa, quattro minuti dopo è quasi musicale l’azione che vede Theo scambiare con Rafa a centrocampo, la sua progressione, il passaggio a tagliare il campo su cui Loftus prolunga di tacco per Pulisic che in area, dalla destra, ne prende un’altra, di traversa, con la palla che rimbalza quasi sulla linea.
Si era già intuito ma al minuto 38, Theo Hernandez chiarisce di esser sceso in campo in modalità “Berserk” quando si fa 70 metri in piena furia, selvaggio, trascinandosi dietro tutto il Verona e una selezione di compagni fra cui Okafor che, assistito, spara troppo alto. Al 44esimo, continua la saga mitologica del nostro terzino sinistro. L’azione che lo porta sul fondo, vincendo tutti i contrasti, sfruttando a favore ogni rimpallo è quanto di più simile alla frenesia bellica di un guerriero norreno si possa vedere su un campo da calcio. L’ultimo tocco, fra palo e portiere, ci porta in vantaggio. Theo esulta come decine di altre volte nei suoi cinque anni di Milan (come il sanguinario Brahim Diaz con e prima di lui) ma l’arbitro, dotato della stessa capacità intuitiva dei vostri nonni di fronte ai meme, lo ammonisce (qualcuno sa se si è scusato, nel frattempo?).

“You and me
Make a reaction from fantasy (fantasy)
I wanna lesson in chemistry”

Ciò che si è creato fra Christian Pulisic e il Milan rientra in quelle situazioni che non ti puoi spiegare e che giustifichi con la “chimica”. La connessione emotiva e mentale che non solo lo ha reso idolo indiscusso in pochi mesi ma che lo porta a segnare il goal rossonero numero 5000 in serie A, in apertura di ripresa.


Al 50esimo, ingenuità di Dawidowicz che si incarta su sé stesso nel tentativo di impostare, ne approfitta Okafor che ruba palla e si invola verso la porta, il diagonale di sinistro viene respinto ma diventa un rigore a porta vuota per il nostro nuovo numero 11.

Ci sono situazioni, pattern, ripetizioni cicliche nelle nostre ultime partite. Sbloccarle a fine primo tempo ad esempio ma anche il tiro della vita dell’avversario di turno. Oggi tocca a Noslin, trovare una bordata inaudita da fuori area che riapre un match che il Milan ha tenuto in pugno dal primo minuto. Fra le routine di cui vorremmo prima o poi fare a meno c’è l’occasione divorata da Leao al 70esimo che, con la stessa naturalezza con cui segna in coppa un goal ai limiti dell’impossibile, di fronte a Montipò ne calcia a lato uno impossibile da sbagliare. La novità ce la regala Chukweze, entrando nell’ultimo quarto d’ora e trovando finalmente, all’80esimo, il terzo goal con una conclusione al volo, difficile quanto bellissima nell’esecuzione.

“Can’t believe
That you’re the one who’s been givin’ me (givin’ me)
Another lesson in chemistry”

Sembra incredibile ma la stessa squadra spaesata che ci ha accompagnato per un lungo tratto di stagione, non ha solo ritrovato risultati (saldamente seconda e ai quarti di Europa League) ma anche una certa chimica, in campo e con la sua gente, sospinta da un bel vento.

Nient’altro che vento, nel nostro caso.

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