BPM (Beats Per Matches): THE TIME IS NOW

(di Max Bondino)

Non male, dai. Ma serve altro per catturare davvero la mia attenzione. Non è colpa vostra, eh? Sono io (come dicono sempre le coppie allo sbando). Lo stadio, con cui ci ammorbano da mesi, sembra molto bello in tv ma se proprio devo concedere qualcosa a questi inglesi è quando, a mezz’ora dal calcio d’inizio, si sentono riecheggiare i Moloko nel prepartita. Ecco, sul gusto popolare e la percezione della musica nella vita quotidiana, lo ammetto, avete vinto battaglie che combatto da una vita a casa mia, uscendone spesso malconcio ma mai domo.

“Give up yourself unto the moment
The time is now
Give up yourself unto the moment
Let’s make this moment last”

Il momento è adesso. Bisogna solo abbandonarsi e godersi il presente. Una bolla temporale di un paio d’ore, come quelle “boule de neige” un po’ kitsch che se agitate, trasformano la banalità in magia. Allora, scrolliamoci di dosso un mese e mezzo di critiche feroci e cattiverie e trasformiamo, assieme, questa squadra in una delle migliori otto d’Europa.

“I dream that I am sitting in the devil’s company
He gave a solemn promise
Fun for me”

In questo ennesimo sogno in compagnia del diavolo non c’è solo la promessa di farci divertire ma una consapevolezza subito tangibile ancora più importante: L’AC Milan non ha più paura. Non ne ha di questo avversario, tantomeno della competizione ma soprattutto di sé stesso. Molto del merito è di quel ragazzone col numero 16 e la maglia arancione, quello che già dopo un minuto imposta da centrocampista basso, lui che, nel tempo libero, è il portiere più cool del pianeta. Dopo cinque mesi Maignan è tornato così, come il vento fresco che soffia all’improvviso su una città frenetica, ricordando a tutti come va presa la vita. Lo capiscono i compagni ed inizia a farsene un’idea anche il Tottenham che nel primo quarto d’ora viene controllato con stile. No, non ci fate paura. Loro giocheranno anche in casa ma stanotte quella toppa col numero 7 vola leggera sulle nostre maglie e pesa come un macigno sulla loro autostima. Al 17esimo Leao fa probabilmente la giocata migliore della sua partita, sterzando all’improvviso in anticipo su Romero che lo falcia di netto, facendosi ammonire. Da questo momento, sulla sua fronte è visibile il countdown luminoso che lo accompagnerà all’espulsione.

La punizione guadagnata da Rafa sembra inizialmente uno di quegli schemi un po’ disgraziati che facciamo sui corner, invece si svela, lento, come una genialata. Finta di Diaz che si allontana, mezza finta di Giroud che tocca per Tonali mandando fuori tempo la loro difesa, Sandro imbuca a destra per Messias che la riceve, purtroppo, sul piede meno nobile e calcia fuori. Niente vantaggio ma è una situazione che ci regala, invece, un vantaggio psicologico enorme. Si sentono minacciati e iniziano a menare, collezionando gialli sia in campo che in panchina. Maignan, Thiaw, Tomori e Kalulu sono l’espressione calcistica del Black Power: Il potere del dolore (che abbiamo attraversato a gennaio) trasformato in arte, la bellezza della resistenza ad ogni attacco.

“What`s for you will not pass you by”

Se il primo tempo ci aveva lasciato intendere che questa qualificazione fosse nel nostro destino, il secondo lo urla a pieni polmoni. Urlo ben altro, io al 47esimo, quando Brahim viene steso da Romero con una manata in faccia dopo una serie di sombreri favolosi in mezzo al campo. Diaz ci è mancato tantissimo a Firenze e ce ne accorgiamo pochi minuti dopo con un’altra grande percussione centrale, dribbling nello stretto e tiro respinto su cui si avventano prima Theo e poi Rafa collezionando 3 occasioni in 10 secondi. Brahim protagonista anche al minuto 67 dopo uno scambio fra Theo e Leao sulla sinistra, palla servita in mezzo ma anziché calciare, un dribbling di troppo gli chiude la strada, rimpallo su Giroud che tenta un tiro in diagonale che Forster blocca. Ecco, quando Diaz imparerà che è possibile tirare anche di prima (considerando la prolificità del reparto offensivo) potrebbe contendere ad Olivier il ruolo di capocannoniere.
Cinque minuti dopo, altra colossale occasione per Leao. Malick Thiaw lo mette davanti alla porta con un lancio di 40 metri. Rafa, seppur marcato, spara colpevolmente altissimo, speriamo abbia almeno colpito qualche emiro impegnato a fagocitare uramaki ai piani alti del New White Hart Lane. Al 77esimo il countdown sulla fronte di Romero segna finalmente lo zero dopo un fallaccio su un torrenziale Theo Hernandez (c’era materiale per mandarlo fuori due volte e mezza). È qui che, nonostante le imperiture scaramanzie, si capisce di averla mentalmente vinta. E’ il Tottenham a perder addirittura tempo, non noi. Sono consapevoli che è preferibile spezzare il nostro ritmo anziché cercar subito il goal che ci porterebbe ai supplementari. Entrano Bennacer ed Origi al posto di Diaz e Giroud. Collezioniamo ripartenze assassine, all’84esimo Rafa va via sulla sinistra, mette in mezzo per Tonali, sembra un rigore in movimento ma il tiro viene stoppato da Davies.

“When you are ready, I will surrender
Take me and do as you will
Bring it back, sing it back to me”

Noi saremmo pronti a gettarci fra le tue braccia, AC Milan, arresi a questa passione travolgente per farci sussurrare ancora la nostra canzone, quella che ci piace così tanto. Ma i minuti di recupero sono sei e al 93esimo c’è materiale per un cortometraggio. Son calcia in area una punizione centrale dai 30 metri, Kane ci serve alla fine la specialità della casa e la schiaccia, di testa, velocissima in porta. L’abbiamo vista tutti dentro, dai, ammettetelo. Tutti ma non Mike Maignan, spinto da quel vento che rende più semplice la vita, specie quella di chi è del Milan. 0,6 secondi è il tempo di reazione con cui si tuffa a riprendere i nostri cuori dal fondo di un pozzo per lanciarli in corsa assieme a Theo che viene falciato, il suo corpo sente la botta ma la testa no e continua a muoverlo, anche da terra, verso la loro area. Alla meta, la scarica su Origi che sgancia un sinistro dal limite ed è palo pieno con la palla che torna, stregata, fra le braccia di Forster. Cazzo, la Champions League!

Gli ultimi due minuti passano fra intelligenza tattica e fame agonistica, al fischio finale sono in ginocchio sul tappeto di una stanza in Piemonte che è un piccolo mausoleo delle mie esistenze passate, un posto dove conservo tutto ciò che non ho potuto traslocare con me a Milano. Mio fratello mi tira su come negli anni in cui mi allungavo sulla ghiaia con la BMX. Sul divano, mio nipote chiede “quand’è la prossima”? Mio padre sarebbe andato a prendere delle Peroni in frigo, credo e chissà quali nuove bestemmie avrebbe inventato mio zio, stasera. Ma siamo tutti lì, gente del Milan, ai quarti di finale della Coppa dei Campioni.

“Nothing can come close
To this familiar feeling
We say it all without
Ever speaking”

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