BPM (Beats Per Matches) – Milan-Tottenham ovvero: AWAKEN, MY LOVE

(di Max Bondino)

Alla fermata di Lotto, per la gioia di Mrs Castelli (la mia insegnante d’inglese delle superiori), lancio lì un onesto: “Don’t let anyone in here, guys…whatever it takes!” ricevendo l’approvazione dei door selector del Tottenham sulla M5 che con una compilation di “No way, mate!” rimbalzano tutti quelli che cercano di infilarsi qui dentro, dove nemmeno una figurina Panini di taglio troverebbe più posto. I viaggi in metro verso San Siro sono sempre un’esperienza ma nelle notti di Champions, quando arrivi al capolinea, sembri Willem DaFoe sul manifesto di Platoon.

Sul mio seggiolino trovo una bandierina bianca di plastica che da bravo accumulatore seriale quale sono mi porterò a casa ma è nel momento in cui la uso, trasformandomi nella tessera di un mosaico vivente di dimensioni bibliche, che capisco cosa potrebbe provare il talento se fosse una persona, anziché una dote. Quella scintilla anonima che fa nascere la bellezza dal nulla, ciò che rende memorabile l’ordinario. Nella partita più importante del periodo più buio, il popolo milanista rinnova la sua promessa d’amore in modo che anche le stelle possano leggerla bene.

“Have a word for your brother
Have some time for one another
Really love one another
It’s so hard to find”

“Have some Love” di Donald Glover (aka Childish Gambino, uno che non ha certo bisogno di porsi domande sull’origine del talento) racconta tutta la rarità preziosa del momento di fratellanza assoluta che stiamo vivendo, quel valore che anche uno dei nostri avversari storici più accaniti finirà col riconoscerci a fine partita. L’adagio per cui a pensar male molto spesso ci si azzecca, può valere anche per la retorica, perché vi sembra normale che una squadra che per un mese ha mostrato il peggio di sé si ritrovi nell’esatto momento in cui c’è da aver più paura?

“Boogieman
You’ve got to help us, can you? (Yes I can)”

L’AC Milan chiede aiuto direttamente al proprio incubo, affrontandolo nella competizione in cui la nostra maglia è, da sempre, il “boogieman” di qualcun altro. Bastano 7 minuti per smettere di fare brutti sogni. Il nostro nuovo eroe butterato, Malick Thiaw, mette un lancio di 40 metri verso Theo che vince un duello aereo e si crea un corridoio per un tiro diagonale in area, Forster respinge in mezzo, arriva Diaz a colpo sicuro ed ecco un altro miracolo d’istinto, la palla si impenna ma anche Brahim, come i fifty in primavera e quando la ruota anteriore tocca nuovamente terra e la palla la rete, noi siamo già abbracciati da un pezzo.

“You better believe in something
We can make it, oh
If you want it
You can have it, ah!
But stay woke (stay woke)”

È sempre Donald Glover a spiegarci che dobbiamo crederci, da subito. L’impossibile di una settimana fa è il tangibile di oggi ma bisogna restare svegli, attenti e prenderci ciò che ci spetta. Soglia di attenzione altissima anche perché, dopo il vantaggio, concediamo una serie infinita di calci d’angolo e punizioni dalla trequarti ad una squadra che si ciba quasi esclusivamente di quello ma anche a noi è tornato l’appetito. Kjaer e Thiaw che assieme sono valutati come un trilocale in Brera, portano puntualmente a pascolare l’attacco da mezzo miliardo degli Spurs, Theo è tornato, come ci aveva promesso, Tonali prende un sacco di botte a testa alta e Giroud…Oooh, Giroud. Olivier fa battere sicuramente il cuore anche ad Andriy, che oggi è dei nostri, qui c’è Sheva.

“They tried to kill us
Love to say they feel us
But they won’t take my pride”

Ci davano per morti ma siamo sopravvissuti con orgoglio e forza a un primo tempo senza mai correre reali pericoli. Non si può dire lo stesso di Sandro Tonali che in apertura di ripresa rischia un pezzo di carriera per un intervento da 41 bis di Romero che l’arbitro converte in un giallo e un pocket coffee in omaggio.

Il Tottenham alza il pressing ma ciò che ottiene sono solo altre palle inattive che Kjaer puntualmente, disattiva. È esattamente quando loro fanno alzare dalla panca il centravanti del Brasile e noi Messias e De Ketelaere che capisci la vera meraviglia di questo gioco psicotropo. Perché dopo i cambi, rischiamo di ritrovarci sul 3-0 nello spazio di due minuti. Prima con CDK che non sfrutta la trentaquattresima sponda perfetta di Giroud, colpendo malissimo di testa a due metri dalla porta e poi con Thiaw che, sempre di testa, mette a lato un bel cross di Rafa. Se il goal di Malick, dopo le ultime due prestazioni, gli avrebbe garantito una statua equestre in centro, ci si stringe il cuore per Charles perché sembrava davvero che il destino gli stesse dipingendo davanti lo scenario perfetto per iniziare la sua storia con noi ma ci piace pensare che il fato abbia in serbo un momento ancora migliore, dai.


Entra Rebic perché i minuti di recupero sono sei e bisogna “fare brutto” e chi meglio di Ante può accollarsi l’onere. Nota a margine: Un giorno vorrei sapere il motivo per cui 2023 anni dopo le gesta socio-politiche di Gesù detto il Cristo non sia possibile avere un timer sugli schermi che indichi il tempo mancante senza costringerci a far partire countdown assortiti sugli smartphone, guardare l’ora e aggiungere “X”, contare sulle dita i secondi e chiedere a quello della fila sotto quanto cazzo manchi alla fine.
Ma è finita e l’AC Milan vince l’andata degli ottavi di Champions League.

“Keep all your dreams, keep standing tall
If you are strong you cannot fall
There is a voice inside us all
So smile when you can”

C’è finalmente di nuovo fierezza negli sguardi della gente attorno, non abbiamo vinto una partita ma ci siamo ripresi il diritto di sognare, sorridere.
È stato davvero un brutto incubo ma ora siamo svegli, col nostro amore accanto. Awaken, My Love!

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