(di Max Bondino)
Un raggio di sole colpisce lo schermo di un cellulare e poi un altro, un altro ancora, trasformando l’uscita dalla metro in una specie di passeggiata sul red carpet piena di luci disordinate, come flash naturali, nella tarda domenica mattina milanese. Abbiamo scritto addirittura un libro per provare a raccontare ciò che San Siro custodisce nel suo cemento demodé ma nulla lo spiega meglio di questo momento senza parole. Così come si abbassa automaticamente il finestrino non appena si avvista il mare o si cambia tono di voce per salutare un cane che ci scodinzola per strada, la gente, spinta da un istinto primordiale di massa, nel momento in cui il nostro stadio appare, si ferma sul posto e lo fotografa, di nuovo, per sempre. Chissà…
“You’re so much better at everything
and I sink lower in my chair, there’s no compare
I adore you
Ooh, I adore you”
I nuovi orari del calcio moderno li abbiamo sempre mal sopportati ma ad ora di pranzo, il freddo assassino è un po’ meno colpevole e quel cielo, nuovamente del colore con cui lo disegnano i bambini,
mette di buon umore e poi ci sei tu, vecchio gigante, a rendere il mio mondo migliore. È sufficiente sedermi sul quel seggiolino e tutto va di nuovo a posto, ti adoro.
Viene inquadrato Adriano Galliani col suo cappellaccio poco stiloso ben calato sulla testa, Milan –Monza può cominciare. E inizia bene, due occasioni in due minuti. La più pericolosa è di Giroud che colpisce di testa un ottimo traversone di Pulisic, alto di poco. L’abbiamo detto, c’erano gli indizi per una bella domenica, con le squadre che indossano addirittura casacche normali, con quell’idea così vintage di vestire in bianco per gli ospiti mentre il Milan sfoggia il suo rossonero alternativo di quest’anno.
“When you pray, you’re answered
You walk through life just like a dancer”
Ad esaudire immediatamente le nostre preghiere di serenità ci pensa Reijnders al terzo minuto con la prima di una serie infinita di giocate innamoranti. La porta è ancora lontana trenta metri quando Tijjani inizia a ballare in mezzo alla difesa del Monza, lo fa come recita l’adagio “dance like nobody’s watching”. Noncurante di avversari e giudizi, un tocco elegante dopo l’altro, entra dritto nel cuore dell’area e con l’ultimo tocco, di punta, ci porta in vantaggio.
Il Milan viaggia al ritmo di un’occasione ogni due minuti sino al ventesimo con il repertorio che ben conosciamo, le accelerazioni di Rafa, le sponde di Giroud e Theo a cui Di Gregorio nega un goal che sembrava fatto. La gente di San Siro, però, alza il volume ancora una volta per Reijnders, quando la classica palla sanguinosa che Theo Hernandez perde da 5 anni (sempre sulla stessa zolla) viene recuperata con una scivolata di una pulizia elegantissima dall’olandese che accompagna anche Loftus al tiro (di poco alto). Giocasse così il 70% delle partite, avremmo risolto un sacco di problemi.
Quello degli infortuni, è destinato a restare, invece. La prima offerta sacrificale agli Dei dei muscoli è Pobega che ci saluta al 23esimo. Giocare in difesa nel Milan è ormai come sostare sotto una scala rovesciando sale su un gatto nero che passava di lì. Entra Jan-Carlo Simic, con questo cognome già milanista, quel nome composto che suona così lombardo dal significato profetico, metà “dono del signore” e metà “uomo libero”. Lo dimostrerà a breve. Nel frattempo, lo avvicina Kjaer (quanto ci sei mancato!) consigliandogli qualcosa che credo suonasse tipo: “Tranquillo, fai l’accento danese, guarda me”. Al raddoppio, intanto, ci sta lavorando Florenzi, con due botte da fuori una più forte dell’altra al 28esimo e al 40esimo che, Di Gregorio deve impegnarsi parecchio per salvare in maniera spettacolare.
“And I pray, pray you never lose your star
I’m so proud, proud of all that you are”
In sintesi, è questo che devono aver pensato i genitori di Simic, un minuto dopo. Un misto di orgoglio e speranza quando, sugli sviluppi di un angolo, la palla arriva a Rafa sulla destra che scarica forte e teso in area, in spaccata è proprio il ragazzino ad arrivarci per primo infilandola di prepotenza sotto la traversa. Ah, le storie del Milan. Tutti in piedi a spellarci le mani congelate per un diciottenne, da oggi, uno di noi. Gli applausi si mischiano a quelli per Pulisic che un attimo prima dell’intervallo, colpisce l’incrocio dei pali con un arcobaleno di sinistro che avrebbe meritato, in conclusione, la sua pentola d’oro.
Nella ripresa il Monza dimostra di esser una squadra ben organizzata, gioca, crea e noi mostriamo a tratti quell’odiosa, atavica abitudine di abbassare un po’ troppo il baricentro in alcuni momenti della partita, indipendentemente dall’avversario. Così, ci spaventa un po’ Ciurria, al 57esimo con un gran sinistro sopra la traversa, sbianchiamo invece al 60esimo sul tiro a colpo sicuro in mezzo all’area di Colpani che è sempre goal, in ogni multiverso, tranne in quello abitato da Mike Maignan.
Entrano Bartesaghi, Bennacer ed Okafor e fa tutto lo svizzero nei seguenti dieci minuti scarsi. Prima vola via su una sponda di Giroud e cerca il palo lontano, altro mezzo miracolo del portiere del Monza.
Tre minuti dopo, “mammamia” è la parola più pronunciata al capolinea della M5. Reijnders sulla destra, ha ancora voglia di ballare (oggi è come “Fred Again”, produce di tutto e son sempre gioielli), lo fa in mezzo a tre prima di alzare uno scavetto delizioso in area per Giroud che impiega 0.3 secondi a capire la soluzione migliore, appoggia di prima ad Okafor che entra in corsa e la incastona sulla destra. Tutto di prima, tutto bellissimo.
Un attimo dopo, anche i suoi muscoli, vengono sacrificati alla causa.
“People try, they try to find this thing you’ve always been
I adore you”
Quando ci sembra di averlo perso, eccolo l’AC Milan. A lunghi tratti davvero bello da vedere ma davvero misterioso da spiegare. Una squadra con così tanta qualità (vista col Monza, sì…ma anche col PSG) che sembra aver abdicato troppo presto in campionato.
Ma tanto lo so, comunque vada a finire, ti adoro. I adore U.
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