(di Max Bondino)
Situazione sentimentale? Beh, complicata. Dalla più geniale intuizione di Mark Zuckerberg (raccontata splendidamente in “The Social Network”) sono parole che oggi sembrano esser nate assieme, destinate a vivere affiancate, inscindibili l’una dall’altra, sempre in questa sequenza.
Situazione. Sentimentale. Complicata. Per la mia generazione (l’ultima sopravvissuta all’adolescenza senza internet) Google era la musica, era lì che cercavamo tutte le risposte. C’è un pezzo degli EMF (band che si è sciolta per tre volte, a proposito di situazioni tese) rimasto da sempre avvitato nel mio cervello, riemerso con forza nel post di Frosinone – Milan dove l’incredibile e l’inaccettabile hanno deciso di trascorrere assieme il sabato sera con risultati discutibili, rivedibili…Unbelievable!
Due minuti. Quattro scivoloni, tre occasioni per loro. Not bad. È Maignan dopo trenta secondi a tentare una magica costruzione dal basso (in un’area affollatissima), improbabile e imprecisa verso Adlì che, viste le opzioni a sua disposizione (tutte malefiche) decide per l’opossum-slide, la scivolata a corpo morto, immolandosi a terra fra pallone e avversario con goffo successo. Passano sessanta secondi ed è ancora imbarazzo, con Simon Kjaer che cade due volte rincorrendo gli avversari tra affanno e qualcosa di molto simile alla labirintite. Ok, il Frosinone pressa molto ma noi, al settimo, rispondiamo con Adlì che, a centrocampo, tocca due volte la palla su un calcio di punizione di prima.
“Minchia, boh”, if you know what I mean.
“The things you say
Your purple prose just give you away
The things you say
You’re unbelievable”
Lo so, la mia boccaccia spesso mi tradisce però pure voi, ragazzi, a volte siete surreali, incredibili. Perché oggi, l’AC Milan è questo, sembra un essere creato dalle mani di God Baxter, una “povera creatura” dall’aspetto affascinante col cervello di un bambino, senza regola alcuna, capace di ogni cosa sulla strada dell’ignoto. Un ibrido di qualità dei singoli ed ignoranza collettiva raro da trovare. Così, dopo una partenza quantomeno fanciullesca, si vedono anche grandi giocate là davanti con Pulisic e Leao fino al 17esimo quando, proprio Rafa, mette un cross perfetto dal vertice sulla testa di Giroud, movimento da scuola calcio e goal del vantaggio.
“You burden me with your questions
You’d have me tell no lies
You’re always asking what it’s all about
But don’t listen to my replies”
Le domande sono sempre le stesse, le risposte anche. Ma l’AC Milan non sembra davvero aver voglia di ascoltare nessuno e ci ricasca. Ancora una volta, passare in vantaggio non è un boost per noi ma per gli altri costringendoci a ridosso della nostra area immediatamente con due occasioni molto pericolose in tre minuti sino al cross del “venerabile maestro” Gelli che impatta sul braccio largo di Rafa, perpendicolare alla linea dell’area di rigore. Dopo aver esclamato un “ma che rigore è” d’ordinanza, la mia irritante coscienza emerge sempre a domandarmi: “ma tu lo vorresti un rigore a favore così?”.
La risposta è sì. Gradisce anche il Frosinone che va a segnarlo con Soulè.
Però reagiamo, riemerge la qualità dei singoli, Reijnders tenta qualche giocata di livello in più ma è sempre da Rafa che, nel bene o nel male, si sviluppa il nostro esistere. Pulisic e Turati nella stessa frase, a Milano, sarebbero questioni di ambasciata americana e passaporto da rinnovare, a Frosinone invece è una parata del loro portiere su un tentativo centrale del buon Christian trovato da Giroud alla mezz’ora. Ci prova sempre Leao, sino all’ultimo di recupero con un cross deviato che sembra finire oltre la linea (gialla – ora la smetto, giuro) ma che il portiere dell’ATM (ehm, vabbè) salva con un gran colpo di reni.
“To think of us being one
Is more than I ever know
But this time, I realize
I’m going to shoot through and leave you”
Nonostante l’amore incondizionato e la fede incrollabile che ci unisce a questi colori, quantomeno l’istinto di alzarsi dal divano al vantaggio del Frosinone, è difficile da trattenere. Anche perché la ripresa vede l’ennesima squadra in lotta per non retrocedere, giocare e pressare a tutto campo molto meglio di noi ed inizia ad esser un po’ avvilente, va detto. Ma mai quanto l’azione che al 65esimo porta al 2-1 con tutta la nostra difesa svagata e lenta ad accompagnare Soulè verso il limite per servire Mazzitelli che in diagonale espone un Mike Maignan abbastanza irriconoscibile a una brutta figura con un non-intervento paradossale.
(What the… was that?)
È un calcio d’angolo. È Adli. È il 72esimo. Fallito il primo tentativo la palla gli torna fra i piedi e dalla sinistra la mette pulitissima sul secondo palo. Un Milan apparentemente con poca testa, ne usa due per pareggiare. La prima è sempre quella sacra di Olivier Giroud a far da sponda, la seconda è quel “testina” di Matteo Gabbia a spingerla dentro nell’area piccola. Esultiamo più per lui che per il pari.
Luka Jovic parla poco. A dire il vero, forse, nessuno lo ha mai sentito parlare. È come Link di Zelda, nessuno lo sente ma tutti lo capiscono. Entra al minuto 80. Un minuto dopo, Bennacer mette in mezzo un pallone che carambola fra due difensori restando giocabile in mezzo all’area, Luka si gira rapido come un Ganz d’annata ed ora è ufficiale: Segna semper lù.
Non abbiamo capito bene come ma abbiamo vinto. Brindiamo. A cosa? Vabbè, poi ci pensiamo.
You’re so unbelievable, AC Milan.