BPM (Beat Per Matches) – PSG-Milan ovvero: World, hold on.

(di Max Bondino)

Quello che ci tiene nel mirino, nella coreografia al Parco dei Principi, è Bob Saint-Clair. Agente segreto “sciupafemmine” interpretato da Belmondo negli anni ’70, idolo del parigino Christophe Le Friant che, sulla storpiatura di quel cognome, ha costruito una fortunata carriera da dj. A differenza di altra gente del mestiere (come Paul Kalkbrenner, ad esempio, vero fanatico) a Bob Sinclar, del calcio, non frega davvero nulla. Solo due cieche, vere passioni nella vita: l’house music e quell’altra, molto comune fra noi maschi eterosessuali. Nella mia vita radiofonica è senza dubbio la persona che ho incontrato e intervistato più spesso (complice il fatto che l’Italia è il posto dove, da vent’anni, riscuote il maggior consenso e insomma…”l’è semper chi”). Sto seriamente pensando di “sfangare” questo BPM lasciandovi un link a Mediaset Infinity, così ve ne vedete una, vi distraete e restiamo quantomeno geograficamente in tema, no?

“World, hold on
Instead of messing with our future, open up inside”

E invece, mondo rossonero, ci tocca resistere e guardarci dentro nel tentativo di non incasinare il prossimo futuro, visto che col presente, ci siamo già portati avanti. Quel brav’uomo di Luis Enrique, nel post, ci regala una carezza, dichiarando che nella prima mezz’ora abbiamo giocato meglio di loro ma volendone ricavare un’immagine, il PSG si è comportato come quei bulli dei telefilm che tengono a distanza la matricola con una mano sulla fronte mentre il poveretto mulina pugnetti nell’aria, dopodiché, quando sopraggiunge la noia di fronte a tanta inconcludenza, tre sberle e via, abbracciati alla cheerleader.

Dire che il Milan ci abbia provato, è forse troppo. Essere “propositivi” è la versione calcistica di “suo figlio è intelligente ma non si impegna”. È stato difficile anche fantasticare un pareggio. Sapendo chi hanno loro davanti era improbabile lo 0-0 e una volta andati sotto, considerando che tutte le azioni del mese di ottobre hanno prodotto, in totale, un goal (!), che si fa? Credo sia stato un pensiero più o meno inconscio di tutta la squadra, quando Mbappé, al 29esimo, prima ci ha ricordato che può far ciò che vuole e metterla dove gli pare in qualunque momento con una saetta verso l’incrocio e due minuti dopo, ci ha mostrato meglio come. Ho letto molti pareri sui social in merito al primo goal ma dai, siamo seri. Una squadra ben organizzata e attenta può evitare gli altri due ma il primo lo prendono anche gli Avengers. La velocità con cui, davanti a Tomori, tocca palla, la sposta e tira, vista in slow motion, è la stessa che abbiamo noi quando corriamo per prendere al volo la metro.

“The beat goes on

We’re talkin’ about evolution”

Anche una cosa semplice come un colpo di cassa non è mai rimasta uguale a sé stessa. Anche i beat, evolvono. Il Milan purtroppo sembra averne perso la capacità, arenato, incatenato e incantato dalla speranza che il nostro miglior giocatore sia in serata di grazia. Credo sia, a questo punto, perfino ingiusto continuare a chiedere a Leao quello “step up” che tutti vorremmo, quando il resto della squadra sembra farli indietro, i passi. La ripresa ha giocato coi nostri sentimenti per i 5 minuti iniziali, nei quali vediamo Donnarumma fare un’uscita abbastanza idiota di testa senza approfittarne, un goal di Dembelè giustamente annullato per un fallo in costruzione (loro, nel dubbio, però, la mettono sempre) e Pulisic, (servito da Maignan, il nostro attuale regista), mostrare a tutta Europa – se non fosse ancora chiaro – che a noi, tirare, fa schifo.

Il raddoppio (il più evitabile) arriva al 51esimo da calcio d’angolo. Maignan salva prima su Dembelè ma essendoci un raduno di attaccanti liberi in area piccola, Kolo Muani mette dentro in seconda battuta. Il terzo arriverà solo all’88esimo con un’azione corale bellissima conclusa da un sinistro rasoterra di Lee dal limite ma poco prima sempre Mike fa un vero miracolo davanti al classico tiro sul secondo palo del repertorio di Mbappé. Insomma, sono tre ma potrebbero pure serenamente starcene cinque.

“You need to party, make yourself rise up

Then walk away from things that’s keepin’ you down”

È una squadra cupa, intristita, quella che torna da Parigi, lo dimostra anche l’episodio spiacevole nelle interviste del post partita, con Calabria (al quale possiamo muovere mille critiche calcisticamente ma è per distacco la miglior persona che abbiamo in rosa) che fa autocritica pesante, non accampa scuse ed apprezziamo molto quel passaggio: “dobbiamo crederci di più, chi non ci crede stia a casa”. Non sembra gradirlo però Pioli che lo smentisce in diretta tirando in ballo tutt’altro, non capendo il senso del discorso del suo capitano dimostrando uno stato confusionale preoccupante anche nelle relazioni umane, a questo punto.

“I believe in something

I believe in one thing

I believe in you”

“Il Diavolo non esiste, è solo Dio quand’è ubriaco”, diceva Tom Waits. Io, per mia natura, credo ancora in questo diavolo adesso che tocca a lui esser un po’ sbronzo. Il girone di Champions è abbastanza compromesso ma il ritorno a San Siro sarà comunque bellissimo, già solo perché ci saremo noi sugli spalti. Il campionato ci aspetta se solo ci ricordassimo come si fa festa per poi crederci, un hangover dopo l’altro. Chi non ci crede, stia a casa.

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