Io amo le donne. Praticamente tutto delle donne. Tranne poche cose, fra cui la passione per i film romantici tipo ‘Ghost’ e per cantautori come Damien Rice. Avete presente ‘The Blower’s Daughter? Se il titolo non vi dice nulla, provate a metterlo su You Tube. Trattasi della classica ballata strappalacrime perfetta per un addio. A me fa venire l’itterizia, però la femmina di solito si sdilinquisce. Beh, tocca dirlo, domenica sera ci sarebbe stata bene al posto di ‘Sarà perché ti amo’ di quei incorreggibili metallari dei Ricchi e Poveri. Ma ci arriveremo.
Nel frattempo, la partita. Ragazzi, forse voi siete più contenti quando giochiamo bene e portiamo a casa solo le pacche sulle spalle, ma io preferisco i tre punti, anche se praticamente per 45 minuti siamo stati sull’arrocco, che ci mancava solo che i nostri buttassero l’olio bollente ai fanti in viola che ci assediavano. Questo passa il convento e di questo ci dobbiamo accontentare, per il resto ci sono le birre al Baretto. E direi che dopo un bimestre di sfiga conclamata, in cui ogni sussurro ha portato un’espulsione, un rigore, un infortunio e un gol preso, va già bene così. Solo una cosa mi ha infastidito.
E’ vero, Bacca è un problema. Lo sa lui, lo sa Vincenzino, lo sappiamo tutti. Ma fischiarlo, non solo è un gesto poco milanista, ma oltretutto aiuta solo a peggiorare le cose e far esplodere quella sindrome che si è già inghiottita Montolivo e Niang. E poi, anche ad essere più realisti del Re, non è che al posto suo abbiamo grandi alternative, se non Gionni Lapadula, che ultimamente ricordo soprattutto per la serie di occasioni salvapartita più o meno clamorose che ha gettato al vento.
Ma dicevo prima degli addii. Sarà capitato anche a voi di stare in una stanza, nella casa di una vostra magari (non ancora) ex fidanzata e avere la netta sensazione che quella sarà l’ultima volta che ci metterete piede. Beh, non era a S.Siro domenica sera, però chissà cosa ha pensato nella sua magione di Arcore il nostro ancora poco (così pare) Presidente, visto che quella con la Viola dovrebbe essere stata la sua ultima partita in cui riveste questa carica. Beh, io ci ho pensato.
La prima volta che sono entrato a S.Siro con Silvione Presidente era un Milan-Atalanta di fine campionato 1985-86, il mio ultimo anno da non abbonato. Pioveva e avevo comprato da un bagarino una tessera del Primo Anello.
Ero finito (inconsapevolmente) in mezzo ai Commandos: dalla transenna della Nord i Berghem avevano appeso dei nastri colorati, un po’ tipo stadio argentino, passandoci sotto vedevo le pezze dei Wild Kaos e della BNA, mi avevano fatto un effetto incredibile. Sentivo i cori della Sud, gli spalti che si muovevano quando la gente faceva chinonsaltaènerazzurrouèuè, l’odore dei fumogeni, i tamburi che rimbombavano e la gente che dalla transenna della Fossa e delle Brigate salutava educatamente i bergamaschi dall’altra parte passandosi una mano a taglio sulla gola. E ho subito pensato: MA CHE FIGATA.
Un po’ tipo scoperta del sesso (cosa che per la verità sarebbe accaduta un po’ dopo). Della partita ricordo solo che siamo andati in vantaggio con Mark Hateley e poi ha pareggiato quasi subito Cantarutti. Stop. Era un Milan distratto, che in poche giornate aveva gettato via un’Europa che ad inizio Primavera sembrava quasi sicura, perdendone cinque di fila. Ma in realtà non gliene fregava niente a nessuno. C’era la sensazione di un cambio epocale che ci avrebbe ribaltato la nostra vita calcistica (e non), anche se mai quanto come sarebbe accaduto davvero.
Alle formazioni un giovanissimo Donadoni ancora atalantino era stato accolto da un boato. Dopo anni e anni di miserie per una volta eravamo NOI quelli che si pigliavano i migliori. Quelli che avevano delle ambizioni, quelli che puntavano in alto. Da lì in poi l’Arena, gli elicotteri, la maglia che torna a righe larghe come negli anni 50, i calzettoni bianchi, lo spareggio con la Doria, i 12mila nostri che a Torino hanno visto Ruud picchiarla sotto la Maratona e farci vincere in casa dei gobbi dopo 18 anni.
Ecc, ecc.
Il resto lo sapete.
Beh, it’ s been a long way to the Top. Ma quanto rock’n’roll.
E adesso che te ne vai Silvione, non so manco cosa dirti, un po’ come Fonzie che non era capace di dire ‘Scusa’. Alla fine te lo dico lo stesso: grazie.
Perché è giusto, lo so e lo sappiamo tutti. Perché otto scudi, tre Intercontinentali (scusate ma le chiamo così) e soprattutto cinque , dico CINQUE Scempions (più svariato coppettame vario) sono un bilancio per cui il 99% della gobberia e delle Merde darebbe un rene.
E’ vero: mi hai fatto anche incazzare, spesso vergognare, mi hai usato e preso allegramente per il culo.
Ma adesso che te ne vai, è giusto rendere l’onore delle armi, sparare i colpi a salve del cannone e ammainare la bandiera come segno di rispetto. Ciao Silvio. Grazie di tutto.
Perché cioè: questa volta te ne vai sul serio. Vero?