BPM (Beats Per Matches) – Milan-Torino ovvero: FULL CIRCLE

(di Max Bondino)

Provato ma felice, sorgo ad una trentina di metri sul livello del Milan, geograficamente parlando. Maignan, chiaramente curioso di sapere come abbiamo passato l’estate, sembra scaldarsi salutandoci uno ad uno. Beh, Mike…lo scorso 14 Luglio, nella mia ultima visita a San Siro, passeggiavo proprio lì, nella tua area, sul bagnasciuga del prato, in attesa dei Depeche Mode mentre gli Hælos regalavano perle a chi, più o meno consapevolmente, s’era presentato con largo anticipo (tranquilli, ora li faccio “sentire” anche a voi). Non c’erano le porte, però. Ed è una delle cose che mi stranisce sempre vedere. Chissà se il destino di questo stadio sarà davvero quello: diventare una bussola senza ago, un orologio senza lancette. Fortunatamente oggi, sappiamo ancora esattamente dove siamo e quale attimo stiamo vivendo.

Ci siamo tutti, settantaduemila e tredici anime sconvolte da un pianeta che pare ormai avere un’unica missione: scrollarci via di dosso. Consumati dai 40 gradi delle ultime settimane, come non apprezzare l’uragano che ci ha accompagnati verso lo stadio, qui a Milano, Amazzonia Est, dove finisce il sudore, inizia il diluvio.

“Round again
Coming round again
You
These colours in my head”

Ma sei qui anche tu, AC Milan. Finalmente, riecco i tuoi colori, il rosso e il nero ma anche molto ravish, fizzy lime, white royal sapphire e majestic purple sugli spalti. Non avete idea di quante terze maglie hanno già venduto, non ce l’avete. Anche la divisa con cui si scalda il Toro è abbastanza stordente, immaginate come si vestirebbero delle mucche in acido a Glastonbury. Poi il match inizia e gli effetti psicotropi si diradano, il Torino è in bianco, noi in molto rosso e poco nero.

Cominciamo benissimo con Thiaw a pescare Leao in piena area, Rafa si dimostra ancora una volta l’attaccante più altruista del pianeta e nonostante ci fosse tutto lo spazio per girarsi e tirare, la gioca di tacco per Reijnders che viene chiuso all’ultimo. I primi minuti raccontano che da un lato c’è Maignan (chiaramente trequartista in una vita precedente e nella prossima, presidente del mondo) a far il regista basso, mentre dal lato opposto Milinkovic perde tempo sui rinvii al 5nto. Al quinto, baby. La totale soggezione del Toro emerge, grottesca, intorno al quarto d’ora, quando il pallone resta nei piedi di Maignan per circa tre minuti, dieci metri oltre la nostra area, sereno come un umarell a scrutare il cantiere in cui si sta costruendo questa partita senza che nessuno tenti un accenno di pressing.

Il protagonista della prima mezz’ora è sicuramente Rafa che (si vede) ha voglia di sentire il rumore che fa San Siro quando si alza di scatto non appena salta un uomo e inizia a correre. Mette in mostra buona parte del repertorio, accelerazioni, tunnel, tocchi di fino but there’s a new guy in town! Ed è Christian Pulisic che prima, al 28esimo, ci fa scollare tutti dal seggiolino uscendo palla al piede dalla nostra area a testa alta, per poi lanciare Leao (che non la sfrutta) e al 33esimo, ci regala il vantaggio. L’azione è bellissima. Tomori recupera palla in mezzo al campo, Pulisic punta immediatamente la porta con facilità innamorante, scarica a destra per Loftus Cheek che si sbrana letteralmente il povero Rodriguez con una finta, allunga il passo, rimette in mezzo all’area dove il nostro nuovo 11 l’appoggia dentro di sinistro.

“For blood to blossom
The saints and souless to mend
Like we’ve all forgotten again, again, again”

Abbiamo versato sangue a inizio estate, ci han strappato via pezzi di cuore ed anima e a quanto pare, è così che funzionano i sacrifici, prevedono una ricompensa per tutti, alla fine del dolore. Il dato oggettivo è che i nuovi innesti sembrano giocare qui da tre anni e alla gente del Milan, questa cosa, piace non poco.

Il Toro pareggia praticamente subito. Un tiro da fuori sballatissimo di Ricci diventa un assist inconsapevole per Schuurs che, per non metter in imbarazzo il compagno, la colpisce anche peggio, mettendo fuori causa Maignan. Nonostante il pari, consapevoli della clamorosa differenza tecnica, iniziano a picchiare ma il giallo riesce a prenderlo Theo Hernandez (ancora per proteste, il secondo in due giornate, not bad) ma avrà modo di farsi perdonare ampiamente nel breve. Perché prima, il VAR, al 44esimo, porta sul dischetto Giroud che spiazza Milinkovic con la serenità con cui io chiamo l’ascensore e nel recupero Leao e Theo ci spiegano in una sola azione il significato di “inestimabile”, perché se presi singolarmente possono valere un centinaio di milioni a testa, assieme sono incalcolabili. Rafa attende in surplace l’inserimento di Theo che si sovrappone verso la linea di fondo, Milinkovic lo affronta e lui, con lo specchio della porta inferiore a una spanna, si esibisce in una carezza da far peccare d’invidia Papa Giovanni XXIII. È 3-1 all’intervallo.

Il quarto arriva al 65esimo, ancora VAR per un pestone sulla caviglia di Leao mentre, dal fondo, serve in mezzo per Reijnders che mette a lato il classico rigore in movimento. Mette quello da fermo, Giroud, invece, spiazzando Milinkovic dal lato opposto, stavolta.
Con la vittoria ampiamente in tasca, la ripresa regala momenti di qualità tecnica altissima, non semplice accademia. Come al minuto 58, uno scambio strettissimo e ripetuto fra Giroud, Leao e Pulisic che porta quest’ultimo al tiro. Alto purtroppo ma siamo tutti in piedi a spellarci le mani.

“We’ve come full circle
Like a serpent coiling no end
Just the same mad circus” 

Dopo incertezze, dubbi e amarezza, un cerchio sembra essersi chiuso, cicli che si rincorrono per portarci sempre qui, in questo circo folle senza il quale non sappiamo stare.

Ad incorniciare il ritorno nella casa del Diavolo, c’è un momento di “marsigliese memoria” intorno al 50esimo. Si spengono alcuni riflettori e i maxischermi vestendo tutti di un’improvvisa, romantica penombra. La partita sparisce per un attimo e lo spettacolo è sugli spalti. Una fiaccolata di led spontanea illumina settantamila sogni.

“If my heart’s sinking
Then we’ll walk this waste land again
In some dead bar drinking
Used to be so simple my friend”

Nei giorni seguenti l’addio di Zlatan, i cuori affogavano ma per salvarsi bastava tornare qui. È quasi mezzanotte, esco da un bar sperduto nelle lande di San Siro dopo una birra con un amico. Tornando alla metro, lo stadio illuminato e deserto alla mia destra. Scatto una foto, come fosse la prima.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.