BPM (Beats Per Matches) – Milan-Napoli ovvero: Men in Black

(di Max Bondino)

Il patriarcato è morto. Il marketing, invece, sgambetta allegro ovunque. Oddio, “alègher”…San Siro ha un aspetto un po’ funereo, a dir il vero. Maxischermi, cartelloni dentro e fuori lo stadio riportano l’inquietante claim “out of the shadows” (un’incombente minaccia o un’esplicita speranza?), font gotici disdegnati ormai anche dai fan dei Sepultura, ci invitano allo shopping e raccontano la formazione, aggiungeteci la curva, vestita di nero in blocco come un raduno di dj tech-house e per una sera è un po’ come guardare il mondo con gli occhi di un coniglio. Monocromia, portami via.

“Here come the Men in Black
(It’s the MIBs, uh, here come the MIBs)”

Eccoli, schierati. L’azzurro del Napoli sembra quasi un bug di sistema. Vabbè, basta che adesso non ci rifate l’Haka (che abbiamo già dato) e ci facciamo andare bene anche questa. È un po’ più complicato digerire i primi venti minuti, seppur in tema con la quarta divisa, in lutto per la buonanima del gioco. La quantità di palle perse, stop goffi o scelte scellerate è impressionante. Sublima tutto Loftus che al 13esimo si mette a provare nuove skill imparate su YouTube, due volte di fila al limite della nostra area, perdendo palla in entrambe le occasioni. Poco prima il Napoli ha avuto la sua grande chance con Simeone che colpisce alto servito da un’ottima giocata di Kvara sulla destra. Trascorrono altri dieci minuti ripieni di nulla ma proprio quando vorremmo esser “sparaflashati” volentieri per dimenticare, all’improvviso…

“From the deepest of the darkest of night
On the horizon, bright light enters sight, tight”

Un lampo, uno squarcio nel tessuto dello spaziotempo. Un buco nero al contrario ci restituisce un po’ di luce fagocitata. Rafa, dalla sinistra, vede l’inserimento centrale di Theo e lo serve con una palla sfavillante, il controllo a seguire in area è perfetto, come il sinistro immediato fra palo e portiere. “Luttoneri” 1, Napoli 0.
È un goal tanto bello quanto importante perché capace di ricordare ad ognuno dei nostri le proprie qualità migliorando sensibilmente il senso della nostra partita. Insomma, “we are out of the shadows”, per la gioia dell’ufficio marketing. Due minuti dopo ci prova Rafa con un gran tiro a giro da fuori respinto da Gollini e addirittura Gabbia, senza troppa fortuna. Il primo tempo si chiude con una giocata davvero notevole di Kvaratskhelia che manda ai pazzi sia Kjaer che Bennacer. Fortunatamente, i suoi compagni non lo seguono granchè.

“So don’t fear us, cheer us
If you ever get near us, don’t jeer us”

Insomma, il “Milan in Black” ci ha fatto un po’ paura, inizialmente. Ma lo stadio abbandona lo scetticismo e dimostra di volere tantissimo questa vittoria che ricorda tempi migliori quando in ballo c’erano scudetti e quarti di Champions League. La ripresa parte con una botta dal limite di Florenzi (subentrato a Calabria) su cui Gollini quasi ci regala la gioia di una papera epocale. L’approccio è migliore ma gli errori tornano ad essere troppi, specie sottoporta. Un diagonale di Bennacer e l’ennesimo tiro sballatissimo di Leao sono lì a dimostrarlo. Ismael ci manda tutti in apnea al minuto 53, quando una delle sue tipiche giocate da rabdomante per mandare fuori giri gli avversari finisce male, palla persa a campo aperto, Simeone spreca, calciando alto un’occasione clamorosa. Fa altrettanto Politano poco dopo che, gasato dall’amore canterino che la curva gli dimostra sempre, ci prova da fuori, a giro, finisce a lato.

“Here come the Men in Black (Men in Black)
Galaxy defenders” 

Matteo Gabbia, better known as “il nostro mercato di gennaio” ci salva la vita. In piena area, al 67esimo con un intervento in scivolata dal forte accento romano ad anticipare Raspadori (Ok, Nesta lo faceva su Messi ma…”sta a guardà er capello”).

“’Cause we see things that you need not see”

Ci sono cose che non dovremmo vedere ma continuiamo a farlo. Come al 69esimo quando Florenzi, con un grande anticipo, recupera un pallone a centrocampo, appoggia a Musah che serve perfettamente Leao in area. Rafa si libera ma ancora una volta lo specchio della porta resta intatto. Qualcuno gli dica che non porta sfiga romperlo, ogni tanto.

È un quarto d’ora di grande sofferenza, l’ultimo. Il Napoli ne ha di più, noi in riserva da un pezzo. Da segnalare, al minuto 85 l’ovazione ironica dello stadio intero per il primo giallo della partita a Juan Jesus dopo aver visto di tutto, compresa gente avvinghiata come zainetti Invicta sulle spalle di Leao lanciato in corsa, nel disinteresse generale. Tre minuti dopo, nel tentativo di allontanare, Simic trova un raggelante autopalo, lo ritroveremo poco dopo sotto la curva a cantare a squarciagola “…e non importa se, io finirò nei guai…”. Ci è mancato poco. Ultima palla in mezzo al 96esimo, respinta a pugni uniti da Mike, al fischio finale, mezza squadra crolla a terra stremata.

Ve lo confesso, ad un certo punto questo BPM avrebbe potuto intitolarsi “Professional Widow”, non fosse andata bene. Grazie a Tori Amos avevo pronte tutte le sagaci metafore sul lutto, la vedovanza delle divise e vi avrei ammorbato con un pippone sulla dipendenza finanziaria e di come la libertà vada oltre il denaro e il potere. Sarebbe stato più ispirato di Will Smith, magari ma meglio così, vi è andata bene, dai.
Si va via da San Siro ballando spensierati.
Con un gesto un po’ teatrale, inforchiamo anche gli occhiali da sole.

“Believe me, it’s for your own protection”

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