BPM (Beats Per Matches)). Episodio 3: Roma – Milan 1-2 ovvero THE UNIVERSE

(di Max Bondino)

Le fissazioni sono una brutta roba. Alcuni si sentono in dovere di raddrizzare posate appoggiate asimmetriche, altri alzano il volume della TV solo per numeri pari o multipli di 5, io ad esempio credo che le canzoni non dovrebbero sfumare, mai. Lo odio, proprio. La storia della musica è piena di capolavori che, inutilmente, sfumano, sminuendo sé stessi, riducendosi ad uno strascico, ostacolando il lavoro del pezzo che verrà. Vuoi mettere un colpo di cassa col crash, un accordo deciso a metter un punto per poi ripartire con ancora più forza? Il sorteggio di Champions non ha lasciato nell’aria solo il riverbero di Sandro Tonali ma ci siamo accorti che addirittura Gigio Donnarumma, nel nostro subconscio, sta ancora scemando (e non è il gerundio di chi para il rigore decisivo e non si accorge di aver vinto l’Europeo).

No, non c’è tempo di aspettare di arrivare a 0 decibel, c’è subito musica nuova da ascoltare, vi va bene Roisin Murphy?

“We got us a day
Made for sailing
We got us a day, that will take us away
So far from home”

L’AC Milan si concede un venerdì sera a Roma, lontano da casa. Oddio, un’oretta in aereo e tre col frecciarossa ma si sa, concettualmente sono città lontane, poi da quando ci abita Mourinho, calcisticamente, ancora di più. Ci presentiamo all’Olimpico eleganti, in bianco. Seconda volta su tre, apprezziamo. Cinque minuti e Loftus Cheek entra in area, dopo uno scambio con Giroud, mettendo in mostra il pezzo forte della casa: il dribbling a spallate, l’irruenza con stile. È un ossimoro vivente, come un buttafuori che fa moonwalk sul dancefloor. Rui Patricio gli pianta i tacchetti a martello sullo stinco e nonostante su Dazn provino a inventarsi il “fallo consensuale”, disquisendo di come manchi il contatto visivo, sguardi languidi e che non sia vero amore, sarebbe calcio di rigore anche senza scomodare il VAR ma citofoniamogli lo stesso, se no i quarti d’ora di recupero come li giustifichiamo, quest’anno? Olivier, già di diritto uno dei migliori rigoristi della nostra storia, è sul dischetto e ne appoggia un altro.
Potremmo raddoppiare già al 15esimo con Rafa che sulla sinistra, fra una sterzata e l’altra, serve due Moscow Mule a Celik e Mancini e mentre loro finiscono di ubriacarsi, l’appoggia per Reijnders in mezzo all’area che viene ribattuto (continuano le prove tecniche del primo goal di Tijjani). Al 21esimo, dalla trequarti di sinistra, è Theo a calamitare un pallone sul sinistro di Pulisic che anticipa Zalewski e colpisce a botta sicura da due metri, miracolo d’istinto di Rui Patricio. È un primo tempo accademico senza il meritato secondo goal e con qualche cartellino giallo di troppo.

“I’m gonna row, row, row, row, row my boat”

Ma continuiamo a remare. Erano bastati cinque minuti a sbloccare la partita, ne servono solo tre per chiuderla nella ripresa. Al 48esimo, Calabria crossa benissimo dalla destra e trova Leao a cui non serve nemmeno smarcarsi, in caduta, schermato dal 19 romanista, in semirovesciata la incastona sul palo lontano, in sintesi: “Le Freak, Celik!”. È un goal meraviglioso ma familiare. Nell’istante in cui Rafa pensa a quel gesto, da qualche parte, su uno Yacht, in un Padel Zenter o in consolle con Steve Angello, Zlatan deve aver avvertito un tremito nella Forza (o forse è solo la notifica del suo cellulare). Quell’uomo è ancora qui, nelle fibre, nella memoria collettiva e muscolare di un popolo e dei suoi ex compagni. Come direbbe lui: “That’s my legacy”.

I guess we were strong
The multiverse is singing our song
What possible could go wrong?

Inizia a venirci il dubbio di esser una bella squadra. Tutti gli universi possibili sono allineati, cosa potrebbe mai andare storto? Beh, Tomori, ad esempio. Premetto, Fikayo è (e resta) lo screenshot di riferimento del mio bloccaschermo (nella sua esultanza dopo il goal alla Juve) ma non ammetterne il periodo difficile sarebbe da ipocriti. Dopo aver rimediato un’ammonizione abbastanza cretina nelle fasi iniziali del primo tempo, al 60esimo viene espulso per un’entrata in ritardo su Belotti. L’inadeguatezza del momento si palesa ancora più chiaramente nella scenata isterica prima di abbandonare il campo.

Entrano Kalulu per Loftus Cheek e Pobega per Giroud. La Roma vorrebbe provarci ma per riuscirci bisognerebbe giocare a calcio, con la “o” finale, non senza. Si arriva così al 75esimo dove entrano a dare una mano anche Chukweze ed Okafor, bravi a non farci abbassare troppo ed intelligenti nel prendersi i falli giusti quando serve. Il momento più alto della Roma non è l’autogoal di Kalulu (deviazione su tiro di Spinazzola in pieno recupero) ma un calcione vigliacco, da dietro, di Lukaku al minuto 85 che permette alla cronaca di Dazn di raggiungere vette ancora più alte trasformando l’ammonizione in una fellatio di due minuti sulla generosità di questo belga tutto cuore e buoni sentimenti.

“I guess we were wrong
The universe is singing our song
And everything is pushing us on
When to you I do belong”

È vero, ci abbiamo pensato un po’ tutti a quel Milan – Roma, finito 2-2 ma ci sbagliavamo. Non è mica gennaio, è ancora estate nonostante l’aria finalmente più fresca. Quanta armonia nell’universo, 9 punti su 9 e quel legame inattaccabile che non svanisce mai.

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