Scherzi del calendario: domenica sera prima giornata di campionato e subito si affrontano Milan e Sampdoria, ovvero le due squadre che, tanti anni fa, diedero vita alla partita più assurda ed emozionante cui chi scrive abbia mai avuto modo di assistere – da milanista, beninteso.
A rileggerla oggi, quella formazione che il 2 maggio 1999 si inerpicò verso un clamoroso e inaudito scudetto, viene da pensare che Allegri ha poco da lagnarsi e chiedere rinforzi, perché là dove c’era l’erba ora c’è una città, e soprattutto là dove c’erano Helveg e Guglielminpietro oggi ci sono Abate e Antonini, i quali fanno a questo punto la figura di Cafu e Roberto Carlos. Poi c’era Luigi Sala, che oggi ha appena iniziato a scontare una squalifica di due anni in una vicenda in cui sono implicate anche ben altre capigliature; poi un Abbiati ancora implume, Leonardo con la pubalgia, Ganz che a sua insaputa faceva le ultime prove tecniche di inzaghismo.
Era la quartultima giornata e il Milan inseguiva la Lazio di Eriksson, Vieri, Nesta e Mancini, che si era da poco mangiata 6 dei 7 punti di vantaggio ma ne conservava pur sempre ancora uno. Quel pomeriggio c’era anche Udinese-Lazio: i friulani – anche allora allenati da Guidolin – erano in piena corsa Champions, mentre la Samp era clamorosamente impelagata in una zona retrocessione che non la riguardava da oltre dieci anni. Insomma, una passeggiata; e sì che, a cercarli bene, non erano mancati i segnali che non sarebbe stato un pomeriggio normale, tipo il primo gol in rossonero di Massimo Ambrosini, con una staffilata all’incrocio da fuori area. E soprattutto un esercizio di stile di Marco Franceschetti della Samp che sarebbe sembrato faticoso anche a Denilson (che all’epoca era di gran moda): palleggio acrobatico sui 30 metri, controllo di coscia e spingardata che scheggiava la traversa ad Abbiati incredulo, tutto al volo. Poi anche un palo esterno di Ganz e un palo di Montella, perché per qualche strano motivo i tiri che venivano scagliati contro il primo Milan zaccheroniano finivano quasi sempre sui legni. L’espulsione del mediocre Lassissi, che dopo essersi fatto soffiare palla da Ganz non trovava di meglio che stenderlo da ultimo uomo, aveva fatto virtualmente srotolare il tappeto rosso già al 45’. Nel frattempo la Lazio già vinceva a Udine, e insomma sembrava proprio che il secondo tempo sarebbe scivolato via come l’olio, qualcosa da controllare a velocità di crociera per non sprecare ulteriori energie.
Il delirio, quello vero, si scatenò nel secondo tempo, tanto da imporre a questo articolo un brusco passaggio dal passato remoto al presente storico. Al 60’ il vatusso Montella (1,72) brucia di testa Costacurta su azione di corner, e dà ufficialmente il via al pomeriggio di un giorno da cani. Il Milan si allunga paurosamente, complici anche gli ingressi in campo in contemporanea di Leonardo (per un Boban più pigro del solito) e soprattutto della Nemesi Ba, la Sillaba Assassina. Ricordi sparsi: un Abbiati kamikaze che quel pomeriggio perfeziona quella che diventerà poi la specialità della casa, le uscite basse a valanga sui piedi dell’avversario, e anche un David Balleri indemoniato sulla fascia destra. Al 79’, un po’ dal nulla, Leonardo pennella una punizione a giro di sinistro che finisce all’incrocio, e insomma sembra finalmente finita, noi in vantaggio loro in dieci… Poi improvvisamente si materializza il dadaismo: Ba, lanciato in solitaria contro Ferron, sbaglia il primo controllo e attira penosamente su di sé il portiere doriano che inizia poco a poco a spingerlo verso la linea del fallo laterale, finché la palla esce e l’azione muore lì: ed è un peccato che la circostanza manchi del tutto nel video qui sotto (se qualcuno riesce a recuperarla su qualche vecchia VHS se la riguardi e ce la mandi, perché vi assicuriamo che merita).
La Sampdoria è avanti tutta e scende in campo anche gente indecorosa per la gloriosa storia del nostro campionato, tipo Catê (tenetelo a mente) e Iacopino, che pure sfiora subito il gol (parata di Abbiati di piede, se la memoria non inganna). Il Milan è visibilmente alle corde e aspetta la campanella come lo studente impreparato in filosofia. Finché, all’ennesimo pallone crossato in mezzo senza che nessun milanista in area stia marcando alcunché, una gran girata al volo di sinistro di bomber Franceschetti (al primo gol stagionale) riporta la situazione in parità. Nel giorno della beatificazione di Padre Pio, anche il Milan dimostra di avere le mani bucate.
Seguono cinque minuti di recupero di pura sospensione della logica – e del resto come potrebbe essere altrimenti quando hai Helveg e Ba sulle fasce. Al 93’ la Samp ha la palla della propria salvezza e del nostro secondo posto, e a questo punto pigiamo “freeze” sul nostro telecomando: Catê si ritrova solo davanti ad Abbiati e gli basterebbe darla alla sua sinistra verso Pecchia perché questi possa appoggiare pian pianino nella porta vuota, 2-3 e tutti a casa. Ma Catê è un brasiliano – anzi peggio, è uno di quei brasiliani un po’ toccati degli stati del Sud del Brasile – perciò va da solo e spara sul portiere, tra le maledizioni della folla doriana. Passano cento secondi e il Milan ottiene un corner e – giuro che non ne ho mai capito il motivo – va a tirarlo AMBROSINI: è ormai ovvio anche al lettore meno avvezzo che è saltato qualsiasi straccio di schema. Mors tua vita mea: cross in mezzo di Ambrosini e mezza sforbiciata abulica di Ganz con palla che schizza in avanti senza pretese, prima di incocciare la mano (!) di Marcello Castellini che innesca una carambola infernale con Ferron proteso in tuffo a destra e la sfera che ballonzola dall’altra parte. È gol, e sarà qualcosa come la seicentocinquantesima autorete di quel campionato fortunello. Guardate il cronometro: è il 49’24”. Grazie a molte questioni di attimi come questa, tre settimane dopo il Milan vincerà a Perugia il suo 16° scudetto.
P.S. “Ti ho rivisto stamattina/sul giornale la tua foto”, cantava in quegli anni un noto interista. L’ultima foto di Marco Antônio Lemos Tozzi, in arte Catê, risale al 27 dicembre 2011: al volante della sua Fiat Uno è finito contro un camion in una stradina del Rio Grande do Sul, a casa sua, ed è morto sul colpo. Non lo dimenticheremo mai.
Milan: Abbiati, L. Sala, Costacurta, P. Maldini, Helveg, Albertini, Ambrosini, Guglielminpietro (65′ Ba), Boban (64′ Leonardo), Bierhoff, Ganz – All.: Zaccheroni
Sampdoria: Ferron, Grandoni (84′ Hugo), Franceschetti, Lassissi, Balleri, Doriva, Pecchia, Laigle (84′ Iacopino), Castellini, Montella, Palmieri (70′ Catê) – All.: Spalletti
Arbitro: Braschi
Reti: 17′ Ambrosini, 60′ Montella, 79′ Leonardo, 86′ Franceschetti, 95′ aut. Castellini
Oh, ma povero Catè.
Chi era l’interista, John Lennon? http://www.youtube.com/watch?v=P-Q9D4dcYng
Mhh quasi, la sua risposta pavese.
Per quel pomeriggio del 27 dicembre 2011 io ho un alibi.
Che tiene abbastanza
Manca la chiosa.
A causa della mano di Castellini e di un rigore fantomatico realizzato da Klas Ingesson nell’ultima pugna noi poi retrocedemmo in B.
Vero, al culmine di un delittuoso arbitraggio di Alfredo Trentalange.
Roberto Carlos sta ceppa, il Guly 98/99 valeva venti Antonini.
Io, milanista da sempre, in una calda sera d’estate del 1999 andai a vedermi un fantastico primo turno di Coppa Italia Samp – Savoia, in piedi in gradinata sud. Partita orrenda, bloccatissima, calcio estivo. Vinse la Samp 1 a 0…gol di Catè. Sinceramente quando ho saputo che era morto mi è spiaciuto…tanto come oggi quando ho scoperto che l’odiato Ingesson che ha buttato in B la Samp con un rigore furtivo è in sedia a rotelle reduce dalla lotta contro 2 tumori
La prima partita che ho visto al Meazza, all’età di 17 anni dopo ore di pullman per arrivare a Milano dalle Marche, col Milan club locale. Ho sofferto per anni perché non potevo andare a vedere il Milan allo stadio ma, guardandomi indietro, sono felicissima che sia stata questa la mia prima partita.