Atalanta-Milan 0-2: le Pagelle Che Non Lo Erano

All’inizio era una visione. Era soltanto una lontana visione. Era l’EURO-VISIONE. Ora, quella visione non è più un miraggio. E ringraziamo l’Europa League per averci dato qualcosa a cui pensare per un certo numero di giovedì, ma dall’anno prossimo torniamo a quei giorni della settimana cui eravamo più abituati. E casualmente, 24 ore prima di Atalanta-Milan c’è stata la finale dell’Eurovision Song Contest, e dopo un lungo, abnorme periodo una canzone italiana, forse la più improbabile, è tornata a piacere in Europa. Perciò, non potevamo concludere in altro modo questa annata di Pagelle Senza Voti in cui abbiamo seguito un gruppo altamente improbabile di giovani scapigliati, capaci di regalarci una soddisfazione che per anni altri, più titolati di loro, non sono riusciti a darci.
 
Donnarumma – ITALIA: Zitti e buoni
Parla. La gente purtroppo parla. I media, purtroppo parlano. Quinto clean sheet consecutivo, e stavolta non deve fare miracoli, ma solo diffondere calma nel reparto – e anche solo il fatto di uscire coi tempi giusti, che non è strettamente il suo forte, è importantissimo perché il reparto regga compatto durante le fasi peggiori del secondo tempo.
Calabria – SAN MARINO: Adrenalina
Negli ultimi tempi pareva frenato, forse aveva tenuto tutte le energie per quest’ultima partita giocata senza esitazioni, come certe canzoni animalissime. A volte è impressionante per slancio, ma anche per velocità nella lettura delle situazioni in difesa – e prova persino un gol visionario. Non andrà in Nazionale. Non una grave perdita: una squadra in cui bisogna chiamare Chiellini “capitano” è un imbarazzo per tutto il calcio mondiale.
Kjaer – FINLANDIA: Dark side
A volume altissimo, senza riguardi per nessuno. È carichissimo e in più occasioni gli attaccanti dell’Atalanta, che pure non sono famosi per l’attitudine neomelodica, sembrano storditi.
Tomori – UCRAINA: Shum
Parte piano, poi inizia a martellare: Zapata ha pessime intenzioni, ma lui gli ribatte colpo su colpo, e persino nell’occasione che ci gela il sangue, quella del tiro che sfiora il nostro palo, riesce in qualche modo a farlo ballare come vuole lui, costringendolo a un movimento più faticoso per tirare.
TheoHernandez: FRANCIA: Voilà
Incredibile quello che riesce a ottenere quando vuole: dopo una partenza attenta, lenta e un po’ melodrammatica, con le tipiche urla di dolore dopo i contatti umani (essenza stessa della chanson française), è protagonista dell’azione che fa svoltare la partita: entra in area imperioso e improvviso, e come Edith Piaf viene brutalizzato da tutti gli uomini nei paraggi. Bennacer: LITUANIA: Discoteque
Si ritrova a ballare contro la propria volontà. Sbaglia un po’ più di quanto vorremmo vedere, ma altrettanto spesso riconquista palla. Esce spremuto e giallo come un limone.
Kessie – CIPRO: El diablo
Troppe volte negli ultimi anni ci siamo illusi e disillusi, ma quello che abbiamo visto in campo contro la sua ex squadra sembra un giocatore d’altri tempi, un giocatore di enorme milanismo – trascinatore in ogni singolo settore del campo: a centrocampo, in difesa, sulla fascia (!), sulla bandierina del corner (!!), e ancora una volta, sul dischetto, con due rigori di diabolica perfezione. Quando non sta piombando su un avversario, corre in soccorso di un compagno oppure parte in avanti per cercare di rompere l’assedio. Zlatan ha attirato (inevitabilmente, e quasi sempre giustamente) tutta l’attenzione, ma si sa che il Diavolo dissimula – e quest’anno, Franck Kessié è stato l’anima del Diavolo.
Saelemaekers – SERBIA: Loco loco
Lucidità zero. Ma fisicamente, cosa gli vuoi dire, si sbatte senza risparmio né ritegno come le cavallone serbe. Come col Cagliari, è il primo a guardare la porta e ricordare alla squadra che bisogna tirarci (…non lui. Gli altri, che sono più portati). Poi si agita, si scalmana, muove le chiappe ovunque, sembra ce ne siano tre.
Brahim Diaz – ISLANDA: 10 years
È il geyser di estro e imprevedibilità in una squadra asciuttissima e attenta in modo maniacale (specie per le sue abitudini). Come i peculiarissimi Daði og Gagnamagnið, sembra godersela nelle occasioni in cui tutti sono in pieno marasma, le partite tranquille non fanno per lui.
Calhanoglu – Azerbaijan: Mata Hari
Per la maggior parte della partita si muove, come spesso gli succede, da fatalona gattamorta: un po’ Mata Hari, un po’ Cleopatra, un po’ popstar scrausa dell’Europa orientale. Ma nei momenti in cui è importante che si accenda, lo fa – ed è anche grazie a lui che otteniamo i due rigori che ci danno la ChampionsLeague.
Leao – BELGIO: The wrong place
Conclude la stagione giocando fuori ruolo, ma se ne fa una ragione: per tutta la partita, tutta la squadra a partire da Donnarumma cerca di lanciarlo in campo aperto. Nel primo tempo ha un’occasione in cui sembra pronto a partire, ma viene steso dalla giuria di qualità rappresentata da Romero; nel secondo tempo sembra la volta buona, ma come i gloriosi Hooverphonic sbatte contro un palo.
Krunic: SVIZZERA: Tout l’univers
Come l’artista elvetico Gjon’s Tears, mette in campo tutta la sua sensibilità. Malauguratammente là fuori ci sia gente rozza come De Roon che non apprezza la sua interpretazione.
Meité – PORTOGALLO: Love is on my side
Beh, non si discute, l’amore di Pioli è con lui. Dovrebbe mettere fisicità, invece mette un po’ di apprensione nel reparto difensivo – ma per contro, regala una delle giocate offensive più eleganti di tutta la partita, mandando Leao davanti a Gollini nella nostra occasione più pericolosa.
Dalot – GERMANIA: I don’t feel hate
Per mesi abbiamo deprecato ogni sua apparizione esattamente come qualsiasi persona di buon gusto fa quando appare un tedesco con l’ukulele. Ma da tempo ci siamo ritrovati, beh, forse non proprio a fidarci di lui, questo non ci sentiamo di dirlo. Ma non c’è più nessuno che lo odia.
Mandzukic – REGNO UNITO: Embers
Ehi, gentile a presentarsi.
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