San Siro, lo stadio più imbarazzante del pianeta

A un certo punto del Dibattito, le argomentazioni ci stavano convincendo che SanSiro, che alcuni chiamano “Stadio Giuseppe Meazza”, è lo stadio più schifoso del mondo. E non stavano nemmeno parlando dei suoi leggendari bagni, sapete. Ogni nostro ricordo di un’esperienza decente (se non esaltante) era evidentemente distorto. No, amici, guardare una partita in quello stadio è sempre stata una punizione degradante, e avrebbero dovuto pagarci per essere lì a fornire inquadrature folkloristiche delle nostre facce a Dazn, Sky, Mediaset, Amazon, Rai e tutti quelli che hanno recentemente aumentato il canone pagato da quelli che se ne stanno a casa. E che ne hanno ben donde: perché dovrebbero gettare la propria dignità (e rischiare continuamente la vita, apprendiamo) in questo miserabile impianto che tutto il mondo deride e schifa?

È una strana partita, quella che si gioca su SanSiro. Perlomeno, questa è la sensazione che il Comitato Di ComunqueMilan (non ridete: era pieno di comitati, ieri) ha avuto dal Secondo Episodio del lungo Dibattito Pubblico sullo stadio, stavolta ambientato nella Splendida Cornice di Palazzo Reale dopo che l’Episodio Pilota dei dieci previsti era andato in scena a Palazzo Marino. Ma siamo usciti dal Palazzo con il sospetto che il risultato verrà deciso in ben altri Palazzi, e che una patina di trasparenza di facciata (anche interattiva, con tre interventi di cittadini dal loro appartamento!) sia il vero scopo di questa lunga serie visibile in tutte le case. Anche se onestamente non è priva di momenti appassionanti e passionali: ieri sera si è sfiorata la rissa tra comitati di residenti.

Anche se sono state presentate due proposte di ristrutturazione dell’attuale stadio, entrambe con diversi aspetti convincenti, non esclusi quelli economici (ma c’era qualche punto debole: a nostro umile e incompetente parere soprattutto nelle questioni legate alla tempistica e alla fattibilità di intervenire a campionato in corso, con l’ipercalcio che richiede l’uso dello stadio ogni 48 ore) la sensazione è che la Cattedrale, uno stadio ammirato in tutto il mondo – e non è retorica – abbia i mesi contati. Sinceramente, però, alcune delle motivazioni portate dai soggetti che spingono – con il vigore e la spensieratezza di un Chiellini sotto gli occhi di un arbitro (italiano) – suonavano così pretestuose da meritarsi il sopracciglio sinistro di Ancelotti. E tra i soggetti che spingono per le ruspe, come è abbastanza noto, ci sono le società: quella che ha costruito lo stadio e quell’altra nata dopo che ci si è infilata. Il Comune di Milano, ieri rappresentato dall’Assessore alla Rigenerazione Urbana Giancarlo Tancredi (il sindaco Beppe Sala astutamente ha saltato la partita) sembra quasi fare melina nell’attesa che qualcuno faccia un colpo di mano, magari un RedBird o un altro privato che spruzzi milioni verso le società, verso il Comune, verso gli amici di tutti e tre. Sarebbe la soluzione per togliere tutti dall’imbarazzo.

Nell’attesa, dall’Advisor del Milan venivano osservazioni come “Lo stadio attuale è un freno alla capacità di vincere delle due squadre” (risate spontanee di gran parte del pubblico: forse era una frase presente in un discorso provato nel 2019) e che “Anche per fare il Duomo sono state demolite due cattedrali precedenti” – cosa che sottintende che a sua volta il Duomo di Milano debba dormire preoccupato. Che ne sappiamo, dopo tutto anche la religione Cattolica un giorno potrebbe essere soppiantata da una più redditizia, per esempio quella Anglicana: se piace agli inglesi, che sono un meraviglioso impero di ex negrieri che disprezzano tutti gli altri popoli (e le altre lingue), sicuramente è coolissima.

A proposito: uno dei grandi temi insabbiati in tutta la discussione è relativo alla capacità sia del nuovo stadio che di quello eventualmente ristrutturato. Perché l’idea di segare 20mila posti e limitarsi a uno stadio da 60.000 spettatori o poco più viene appunto dalla stupendissima Premier League, che grazie a flussi di danari persino più loschi di quelli che il calcio italiano potrebbe mai inventarsi, è il campionato più guardato del pianeta. Ma in attesa che qualcuno imponga agli italiani la coolissima guida a destra, sembra inevitabile far la bocca a uno stadio all’inglese, anzi alla londinese, visto che nel regno del giovane Carlo l’unico impianto che supera i 70mila posti è l’Old Trafford (segnatevi l’aggettivo “OLD”, molto uncool). I tre stadi delle principali squadre di Londra superano di poco i 60mila spettatori. E lo stadio che più sembra aver colpito l’immaginazione del Team Demolizione è quello del Tottenham, squadra stufa di essere il due di picche (d’oro) tra i club miliardari. Visto così pare uguale a tanti altri, ma tutti ne sembrano innamorati, e poi in fondo non è importante che piaccia a noi utili idioti.

Poi, poco importa se declassandosi a 60mila, lo stadio di una squadra milanese da sempre leader del calcio europeo – nonché di un’altra squadra che una volta (ve lo hanno mai detto?) ha fatto un triplete – scenderebbe nella serie B dei grandi stadi, mentre nella serie A degli impianti (sopra i 70mila di capacità) oltre a quello del Manchester Utd. già citato rimarrebbero quelli di Borussia Dortmund, Real Madrid, Barcellona, Paris Saint Germain, Bayern Monaco, Atletico Madrid, Olympique Marsiglia, Benfica, Zenit San Pietroburgo, Hertha Berlino.

In questo elenco manca l’Olimpico di Roma, perché in condivisione tra due società. E in effetti sembra proprio che sia destinato a diventare il più grande stadio europeo per DUE club. Ed ecco qui, incidentalmente, un’altra questione, sulla quale noi cercheremo (trattenendoci!) di non prendere posizione, ma la volontà delle DUE società milanesi di condividere lo stadio, nuovo o vecchio che sia, è davvero insolita, forse lei sì un vero retaggio di un certo conservatorismo che invece è generalmente rimproverato al Team Ristrutturazione. I lavori al Santiago Bernabeu di Madrid o in altri stadi sono stati un po’ facilitati dal fatto che non c’è un’altra squadra che fa uso dell’impianto mentre il Real è in trasferta. Mentre ormai a Milano, in una settimana normale, lo stadio di Milano ospita quasi sempre tre partite: domenica una squadra, mercoledì l’altra, sabato ancora quella della domenica – o viceversa. Dobbiamo proprio continuare a condividere lo stadio con quelli? Sensazione: questa scelta potrebbe essere figlia dei recenti anni di debolezza economica dei due club, nonostante i proclami di dominio dell’universo da parte di uno dei due e l’arrivo di un nuovo proprietario per la società che qui più ci preme.

Una cosa è certa: potete scordarvi il Terzo Anello, il “loggione” della Scala del calcio, dal quale i giocatori si vedevano come nel vecchio Sensible Soccer (o nel Subbuteo, se siete anche più boomer di così), perché nessuno ha messo una buona parola per lui, neanche i ristrutturatori. Viceversa, sulle torri c’è dibattito: in uno dei due progetti SalvaSanSiro, quello degli architetti Aceti e Magistretti, vengono mantenute anche se ovviamente con interventi per razionalizzarle (nella foto: un dettaglio del loro progetto). Le torri danno fastidio a molti, ma anche il primo anello perché la sua forma non consente di piazzare a ridosso dell’impianto negozi e fast-food (o ristoranti esperienziali di chef bistellati a vantaggio di una clientela di oligarchi). Un’altra cosa possiamo riferirvi: della cittadina un tempo nota come “Stalingrado d’Italia”, Sesto San Giovanni, non si è proprio parlato.

Visto che inizierete a pensare che ci siamo sbilanciati, è opportuno comunque precisare che la posizione di ComunqueMilan, un tempo conservativa, è oggi semi-rassegnata. Per quanto ci riguarda, San Siro dovrebbe essere intoccabile quanto l’Arena di Milano e il Castello Sforzesco (…sui Navigli, si può discutere) ma se il Vangelo del Calcio Moderno esige la presenza dei mercanti nel Tempio (…chissà se è un caso, che molti dei modernisti rossoneri detestino Messias) (l’avete capita, sì?) (scusate, ma le battute sono rischiose, da queste parti) ebbene allora che venga il centro commerciale con campo di calcio incorporato: ci adatteremo pure a questo così come ci siamo adattati a strapagare piattaforme che ci promettono emozioni TUTTE DA VIVERE!

Poi, quando sarà finita, e anche davanti agli sperati benefici del nuovo complesso con tutti i suoi nuovi megastore e sottopassi, non negheremo che la nostra linea sia sempre stata quella di

  • 1) affetto verso il vecchio impianto, che non ci ha mai fatto mancare niente, e
  • 2) sospetto verso la narrazione secondo la quale una certa squadra italiana di malavitosi avrebbe vinto spesso (in Italia, è il caso di rimarcare) soprattutto grazie al suo nuovo piccolo stadio spesso deserto e NON, casomai, grazie a un secolo di denari pubblici ottenuti da politici compiacenti, libri contabili purulenti, società vassalle pronte al soccorso e – serve dirlo? – decenni di arbitri al guinzaglio.

Però, SE buttare giù il Tempio è nell’ordine delle cose, ed è quello che ci stanno apparecchiando, facciano pure, però non ammetteremo mai che vederlo ridotto a un qualunque stadio da 60mila posti ci sembra una soluzione esaltante. Tanto più che pare lampante che l’idea nemmeno troppo nascosta sia quella di essere costretti – oh, a malincuore! – ad alzare i prezzi dato il numero inferiore di posti – e in particolare ad alzare tantissimo quelli “premium” di un primo anello da offrire a privati con il conto alle Cayman e a dittatori di Paesi con una visione creativa della democrazia. Ma di questo, nessun opinionista televisivo, nessun influencer e nessuno dei 48 milioni di esperti di mercato italiani vi parlerà troppo: non è un loro problema se presto non vi potrete permettere di andare allo stadio: non ve lo ha mica ordinato il medico, giusto? Che poi nessuno si fidi dei medici, è un’altra faccenda, che non ci compete.

E a proposito di medici e di salute, il dibattito è iniziato alle 17 ed è proseguito senza pause fino alle 20.20 – tanto per incoraggiare la gente a starsene a casa (anche in questo caso). Se volete assistere ai prossimi episodi, portatevi integratori e stimolanti – ma nulla che vi stimoli ad andare in bagno, perché non è così facile fare come i Beatles e andare a fare certe cose nel bagno del palazzo reale: trovarlo è complicato. Almeno a San Siro lo si trova facilmente, basta individuare il luogo da cui la gente che si allontana rapidamente.

PS: A postilla di quanto scritto sopra, cioè che forse il dibattito è un grazioso spettacolino ma la partita si gioca altrove, l’articolo del giorno dopo sul Prestigioso Quotidiano Milanese è basato sugli interventi di due personaggi che non si sono fatti vedere al Dibattito Pubblico: il sindaco Sala e il barone LaRussa.

3 Risposte a “San Siro, lo stadio più imbarazzante del pianeta”

  1. Non rassegnatevi!!
    Anzi, proporrei cortei e raccolte fondi con il fine di garantire ad ognuno il proprio stadio.
    La “società” rema da tempo in quel senso: azzerare condivisioni e partecipazione.
    Chi si isola è perduto…..
    😆😆👍

  2. Stadio San Siro, inaugurato nel 1926. Nell’articolo si dice che una squadra l’ha costruito e l’altra ci si è infilata. Evidentemente è stato costruito tra il 1899 e il 1908. Va bene, mi informerò.
    Poi non sapevo che una delle due squadre è da sempre leader in Europa. Mi risulta che in 120 anni di storia, anzi in 70 va, visto che le coppe europee sono nate negli anni 50, avete dominato con Berlusconi. È tanto ma non è leader da sempre.
    Troppo di parte questo articolo, ma poi il mitico Cardinale non sa fare uno stadio da solo? Ci penserà la vendita di Leao a darvi i soldi per costuirlo

    1. Alessio, sei evidentemente molto giovane ed è evidente che non sai molto della storia del calcio – ma non ti preoccupare, col tempo scoprirai tante cose; però prima di tutto continua ad ascoltare mamma e papà e a impegnarti tanto a scuola e fare i compiti.

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