PASQUALEMARINO (di Giuseppe Pastore)
Non essendo mai stato fisicamente in Sicilia, ignoravo che il Catania avesse una dignità calcistica fino a circa una decina d’anni fa, quando Gaucci piantò un casino che durò tutta l’estate e fece addirittura slittare i campionati. Quanto al resto, sfrutto questo spazio per un sincero omaggio ad uno degli allenatori e maestri di calcio più sottovalutati dell’ultimo decennio: il mitico Pasquale Marino da Marsala, lo Zeman siculo, purtroppo non abbastanza paraculo e sorrisodiplastica per essere degno di un posto fisso in serie A (e anche perché, come molti suoi colleghi che insegnano calcio, ha oggettive difficoltà a subentrare a stagione in corso). Era un grande Catania con Re Giorgio Corona a dettare legge in attacco e in porta il bizzarro Armando Pantanelli, più tardi mattatore delle televendite sulle tv locali pugliesi.
PEDRINHO E LUVANOR (di Gabriele Battaglia)
Nell’epoca pre-miliardaria (e quindi pre-pre-default) del calcio italiano, sbarcarono nel Belpaese degli autentici pagliacci travestiti da campioni. Quelli che della coppia di clown avevano perfino il nome finirono nell’unico Catania in serie A di quegli anni. Pedrinho e Luvanor, una formuletta che ti rimbalza ancora in bocca trent’anni dopo, come Gelsomina e Zampanò, Batatinha e Grock. E sai già che il primo è quello piccolino e naive che fa i disastri senza accorgersene e il secondo invece è il fanfarone che finisce inevitabilmente con il culo per terra: Stallio il primo, Ollio il secondo. Oh, io manco mi ricordo che faccia avessero, scopro però che Pedrinho, quello che combina i pasticci senza accorgersene, ci fece un gol a San Siro. Del resto eravamo una neopromossa pure noi, con in rosa un certo Paciocco, clownescamente abbinabile con il meraviglioso “Bombardiere Nero” che anni dopo sarebbe perfino diventato nome collettivo.