Milan-Sassuolo 1-1: le Pagelle Che Non Lo Erano

Dopo ogni delusione d’amore, è buona norma rifugiarsi in canzoni deprimenti – e cosa può lenire il nostro umore dopo Milan-Sassuolo se non composizioni che esaltino il languore per quello che avrebbe potuto essere, per la scoperta dei nostri limiti, per il dubbio di aver gettato la nostra vita? Sublimiamo perciò le nostre fantasie suicide accostando a ognuno degli uomini in campo nello psicodramma di ieri sera gli artisti più deprimenti della storia della canzone.

Donnarumma – ADELE
Hello? Ci sei ancora? Colpe per il gol, vicine allo zero, d’accordo – però non riesci più a dar fuoco alla pioggia.
Abate – PINK FLOYD
Ah, quel caro vecchio classic rock che non se ne andrà mai. Oddio, non è che gli dedicassimo Wish you were here, ma non possiamo attribuirgli colpe di alcun tipo, anche se ci eravamo dimenticati del suo modo di rimanere Comfortably numb quando si attacca.
Bonucci – EDITH PIAF
Si prende carico di una difesa orfana di Calabria, poi di Romagnoli, poi persino di Abate, e la gioca da capitano, sia davanti che dietro. Il figlio di cotanto Pairetto gli fa capire che quando giocava nella sua squadra precedente, allora sì che poteva vedere La vie en rose, ma la sensazione è che, a questo punto della stagione, non rimpianga più la sua scelta – nooon!, ils ne rrregrrrette rrrien.
Musacchio – THE CURE
Inizia sbarazzino, ma nel corso della partita inizia ad appesantirsi e impallidire fino alla Disintegration sul fuorigioco sbagliato che porta al gol (fermo restando che Politano azzecca il tiro perfetto), però è lui a cinque minuti dalla fine a buttare in area il pallone grazie al quale tutti noi Boys don’t cry. Certo, di ridere non se ne parla.
Rodriguez – RADIOHEAD
Alza l’asticella dell’angoscia dello stare al mondo – e dello stare in campo – ergendosi a simbolo di una generazione sradicata e senza punti di riferimento che incede smarrita, e che ovviamente si odia per tutti i soldi che sta facendo.
Biglia – BAUSTELLE
Tre titoli si impongono. 1) La moda del lento 2) Fantasma 3) Amen.
Kessié – NICK CAVE
Come il protagonista del suo brano più famoso, uccide subito la sua partita (e purtroppo anche la nostra) con un colpo di mattone, poi passa il resto della canzone a rammaricarsi romanticamente in un angolo sulla fascia destra.
Bonaventura – LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA
Non è più come una volta, non basta essere appena un po’ immusoniti per accalappiare le studentesse di Lettere e Filosofia, bisogna elencare (anche in una sola canzone) cadaveri di astronauti, cani avvelenati, deportazioni in Siberia, scioglimento dei ghiacciai, platani decapitati, sedie elettriche oppure passaggi sbagliati, tempi interminabili per la giocata, un’intesa inesistente col proprio compare di fascia – e alla fine, quando il destino sembra darti la possibilità di riscattare 95 minuti sconsolanti, una parata che Consigli ha ingiustamente sottratto a portieri più forti.
Suso – THE NATIONAL
Ogni settimana che passa sembra più disperato – però è un disperato di indiscussa eleganza.
Calhanoglu – NIRVANA
Amico, noi siamo qui: intrattienici. Certe sere avremmo proprio bisogno di una rockstar, ma sembra che piuttosto che diventare un divo preferisca tirarsi un colpo di fucile.
Cutrone – JOY DIVISION
Il frontman non becca una nota né una palla; esce di scena, e senza di lui la band inizia a ottenere risultati. Noi lo amiamo ma forse l’amore (per lui) ci farà a pezzi.
André Silva – EVANESCENCE
Questa non dovrebbe essere troppo dura da capire, vero?
Kalinic – AFTERHOURS
Sicuramente è presto per dire che il suo Male di miele è finito e che abbiamo visto quell’X Factor che l’acuto Montella ha sempre intuito in lui, però finalmente per una volta ci è parso di avere un centravanti di peso. In altre parole, Quello che non c’è.

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