Milan-Sassuolo 1-2 è la rappresentazione plastica del “non dite che non ve l’avevamo detto“, la lagna del tifoso saccente che la vede sempre più lunga e cinica di noi romanticoni. Sì, c’eravamo illusi dopo i 4 punti con Napoli e Roma, c’eravamo sollazzati col 4-2 di Dubai, e se la squadra si è rilassata dopo il gol di Poli, è perché noi in primis ci siamo rilassati, pregustando tre punti facili facili e cadendo in sollucchero per lo svantaggio della Fiorentina a Parma. Ricordate la tensione permanente in cui eravamo immersi durante il 2-0 al Napoli? Anche a 10′ dalla fine, contro un avversario talmente disperato da buttare nella mischia Gargano, c’eravamo concessi di respirare. E’ che oggigiorno uno legge Sassuolo e cade nel solito errore anni ’80 di pensare all’umile provinciale tipo Pisa e Avellino; ma un centravanti come Zaza noi da anni non lo vediamo neanche col binocolo, mentre il loro giovane meraviglioso, Domenico Berardi anni 20, fa arrossire in via indiretta il nostro, Stephan El Shaarawy anni 21, oltre che il suo avversario diretto in campo.
E qui arriviamo all’amara domanda che ormai non possiamo più nasconderci. #VeloricordateDeSciglio? Sì, il giovane DeSci, il tenero Mattia, una specie di panda da proteggere negli anni terribili del tardo-allegrismo, il bravo ragazzo da tenere alla larga dai Boateng e dai Constant. Un partitone da titolare contro la Juve brutta sporca e cattiva di Conte, battuta 1-0 anche grazie alla sua dedizione alla causa. L’ostracizzato da Seedorf, che lo vedeva solo terzino destro e per giunta riserva di Abate, lui!, che – perdinci – era il nuovo Maldini. Adesso, dato che il calcio e la vita hanno in comune più di un quarto di crudeltà, è invece partito il tiro al piccione: lo si sopporta sempre meno, lo si dileggia (“Ah bravo, hai scoperto la gnocca!“), si accoglie l’ingresso in campo di Abate come una liberazione, quando una volta era lui la liberazione, e Abate la dannazione. Il povero De Sciglio che qualcuno vorrebbe scambiare col quasi omonimo De Ceglie, che continua a vagare sulla sinistra con sempre meno carisma, sempre meno coraggio. Gli è rimasta ormai la sola specialità di conquistare rimesse laterali facendo carambolare la palla sulle ginocchia altrui – e tutto lo stadio gli fa “Bravo!“, come davanti al bambino ciccione che al saggio di fine anno cammina sulla trave facendosi aiutare dalla maestra. Titubante anche nell’atto di spazzare di testa, timido di quella timidezza che non va via dalla maglia neanche dopo quattro lavaggi. Lo vedi col groppo in gola e pensi ad Antoine Doinel, il bambino protagonista de I Quattrocento Colpi di Truffaut, solitario e malinconico, che non ha mai visto il mare e alla fine del film, quando finalmente se lo ritrova davanti, non sa che farsene, si gira e manda verso la cinepresa uno sguardo di strazio e disperazione: “E ora?“.
E ora Mattia, è tempo di togliere le rotelline alla bicicletta. Perché San Siro è un brutto mostro specialmente di questi tempi, se pungolato ti dà una carica pazzesca ma non ha più voglia e pazienza d’aspettare. Nei confusi assalti finali al Sassuolo, quando la palla arrivava a sinistra e a contendersela c’erano lui e Bonaventura, il pubblico intero invocava “Jack, prendila tu, piuttosto prova a scartarne un paio e prenderti una rimessa“. Ma lo faceva sottovoce, perché De Sciglio l’è un brav fioeu, e se sentisse sarebbe un dispiacere ancora più grande. A 22 anni, Paolo Maldini era due volte campione d’Europa. A 22 anni, il nuovo Maldini “ha bisogno di sentire la fiducia dell’ambiente”, come i bambini quando annusano che i genitori si stanno separando. Sì, il Sassuolo non è poi così lontano.