Mentre tutto l’Internet celebra il taconazo di Jeremy Menez, e noi tutti ci stropicciamo gli occhi e subodoriamo il pacco, rimirandolo come un bellissimo fumogeno che a un certo punto fa puff, e buonanotte; mentre succede tutto ciò, dicevamo, c’è un uomo in piedi nei dintorni del cerchio di centrocampo, gambe larghe e testa alta, che pattuglia indefesso la sua zona di competenza, come l’avvoltoio che in Robin Hood della Disney strillava “E’ l’una di noootte e tutto va beeeeene!“. Solo che Nigel De Jong è molto meno tonto, e non abbassa mai lo sguardo né le palpebre: è il nostro Crocodile Dundee, è l’uomo che in parole povere regge da solo la baracca di una squadra spumeggiante e pericolosamente sbilanciata in avanti.
#iltacklediDeJong è l’Hashtag della settimana. Un gesto di pulizia cristallina, dal valore simbolico immediato: la falciata solo sul pallone a soffiare la boccia a quel simbolo sempiterno di mollezza e superficialità che è Antonio Cassano. Sì, perché solo De Jong può avere il fegato di commettere uno scippo ai danni di uno nato a Bari Vecchia (prima che vi facciate prendere dal moralismo, chi scrive è nato più o meno da quelle parti). Ma aspettate, perché il bello della faccenda viene adesso: De Jong svelle palla a Cassano (che come sempre si pianta sul terreno e sbuffa, ché lui non è mica De Jong), si guarda intorno e vede un deserto più deserto di quello attraversato da Lawrence d’Arabia, figura mitologica a cui ci sentiamo di accostare il nostro Nigel, che magari abbasserà schivo la testa: “Io? Eseguo solo degli ordini”.
A quel punto De Jong inizia a correre, correre, correre, in un misto di esaltazione e disperazione che nessuna pubblicità della Nike potrà mai rendere così compiutamente. Fa 30 metri e lo vede anche un bambino che le energie iniziano a mancargli, che De Jong tanto a lungo e tanto velocemente non ha mai corso, che l’acido lattico gli è ormai salito fino alle ascelle. Mirante esce per chiudergli il più possibile lo specchio della porta, sicuramente confidando in un tiraccio sparacchiato addosso. Un tocco, due tocchi e sul collo il fiato del nemico Felipe. Nigel ha una missione da compiere e per portarla a casa si inventa persino giocatore di biliardo: fa sfilare la palla alla sinistra di Mirante nell’unico minuscolo spicchio di porta disponibile, palo interno e gol. E poi corre, orgoglioso e deferente, a ricevere l’omaggio del suo popolo. In bocca a un Neymar o un Ibrahimovic, il saluto militare suonerebbe come un’inutile spacconata da sigla televisiva. Ma cavolo, con il fatto che segna così poco, Nigel De Jong dà sul serio l’impressione di uno armato fino ai denti per proteggere il suo territorio, un bastardo senza gloria, un eroe brutto, sporco e cattivo di Sam Peckinpah. #iltacklediDeJong, ragazzi. Anche se ci ha due piedi di compensato, nei minuti finali viene quasi spontaneo affidare la palla a lui – e con la storia che abbiamo alle spalle, non ci viene in mente nessun complimento più bello da fare a un centrocampista del Milan.
A Nigel oltre alla fascia di capitano darei pure mia figlia….e Dio solo sa quanto tengo a mia figlia….mai vista cotanta concretezza, continuità ed affidabilità in un giocatore di calcio…un vero monumento