Torino-Milan 1-1, 13 marzo 1988. Il pareggio di Carletto per una squadra che non vuole mollare mai. A -4 dal Napoli a 9 giornate dalla fine, con un turno che sulla carta ci è sfavorevole: noi a Torino, loro in casa del retrocedendo Empoli ultimo in classifica. Sacchi schiera Marietto Bortolazzi titolare a centrocampo, di fianco ad Ancelotti che si tiene in piedi con lo scotch. Giochiamo meglio ma non passiamo, Gullit va a sprazzi, tiriamo quasi solo da fuori area. Stessa solfa nella ripresa, finché Lo Bello junior non ci fischia un inopinato rigore. Avanza Baresi, miracolo di Lorieri. Il calcio italiano certe cose te le fa pagare: al 77′ Ancelotti perde una pallaccia a centrocampo facendosela soffiare da Giorgio Bresciani, bravo a involarsi verso Galli e a seccarlo puntualmente. Il Napoli è ancora 0-0 e volerebbe a +5, brutta roba. Ma 30 secondi dopo, sul solito impeccabile centro di Evani da sinistra, proprio Ancelotti inzucca la palla dell’1-1 e si emenda dei propri peccati. E’ un pareggio che, col senno di poi, vale moltissimo, segnalando la prontezza di riflessi di una squadra che sa ribellarsi con tutte le forze a chi le tiene la testa sott’acqua.
Torino-Milan 2-2, 16 aprile 2000. Tra tutti gli improvvisati babau che negli anni si sono divertiti a turbare i nostri sogni, da Daddy Mutombo del Waregem giù giù fino al recentissimo micidiale trio Tonelli-Pucciarelli-Succi che ci ha purgato nel giro di quattro giorni, merita un posto di rilievo André Luciano da Silva detto Pinga, una bevanda alcolica brasiliana “perché il suo dribbling ubriaca tutti”. Pinga esplose all’improvviso un pomeriggio di primavera in cui un Milan vivacchiante verso la qualificazione Champions strappò il solito pareggino nel Delle Alpi granata, un 2-2 in cui il funambolo di Fortaleza, non ancora 19enne, pareggiò di testa lo 0-1 di Ambrosini e segnò un bellissimo 2-1 di tecnica tutta brazileira, prima che un tiraccio di Guglielminpietro provvedesse alla divisione della posta. Poi il triste declino tra Siena, Treviso e squadracce degli Emirati Arabi. Attualmente è svincolato e ha un valore di mercato di 100 mila euro (neanche pochissimi). Notevole un articolo della Gazzetta del 2002 in cui si mettono in bocca al ct della Seleçao Scolari frasi come “Impegnati, ti sto seguendo”.
Torino-Milan 1-0, 4 novembre 2001. La partita del destino, antropomorfizzatosi nelle umili vesti di Pippo Inzaghi che al 90′ si appresta a calciare uno dei rari rigori della sua carriera. Il Toro è meritatamente in vantaggio per 1-0, gol di Lucarelli, su un Milan molto sbiadito che sta ripetendo la magra figura della settimana prima, 0-0 in casa col Bologna. A tempo scaduto, Tombolini ci fischia il rigorino a favore per un falletto su Inzaghi. E’ la stessa porta dove un mese prima Salas ha tirato il cielo il rigore di un possibile pazzesco 4-3 in uno Juve-Toro indimenticabile. Se Pippo segna, Terim è salvo; altrimenti dense nubi si addenseranno sul capo dell’Imperatore. Parte Inzaghi, alto. Il giorno dopo, mentre è in macchina verso la villa del Cavalier Tanzi, Carletto Ancelotti viene raggiunto da una telefonata improvvisa che lo induce a fare inversione. Addio Parma, si va a firmare in via Turati. Terim viene scaricato come una fidanzata noiosa, mentre si trova a millemila chilometri di distanza, a Istanbul, a magnificare la programmazione e la competenza del calcio italiano. Inizia tutta un’altra storia.
Torino-Milan 0-3, 22 febbraio 2003. Un anno dopo rifacciamo visita a un Torino molto più scalcagnato della versione precedente, già travolto 6-0 all’andata con tripletta di Inzaghi che – chissà, proprio in virtù di quell’errore – non ha mancato di esultare come un avvelenato anche sul sesto gol. La partita è una non-partita in cui l’equilibrio regge appena per due minuti, tempo sufficiente al solito Pippinzaghi per indirizzare la contesa. Nel giro di tre minuti, a fine primo tempo, una doppietta di Seedorf fa calare la saracinesca sulla partita. Inviperiti contro la proprietà che sta pilotando il Toro verso una disastrosa retrocessione, i tifosi granata progettano l’invasione di campo, si accaniscono contro le vetrate di plexiglas e qualcuno si spinge anche fino alla pista di atletica. Partono i lacrimogeni, sale la cagnara, la partita riprende per un quarto d’ora fino a essere definitivamente sospesa. Galliani, all’epoca anche autorevole Presidente di Lega, rilascia dichiarazioni immortali: “Stasera ho visto ragazzi che cercavano di sfondare tutto, di distruggere, di colpire e di fare del male. Sono scosso, e mi chiedo cosa ci sia nelle loro teste… La parte più pulita del calcio sono i giocatori”. Il Toro chiuderà la sua triste stagione in esilio tra Parma e Reggio Emilia.
Torino-Milan 0-1, 28 aprile 2007. Vittoria dolcissima, che arriva tra l’andata e il ritorno della memorabile semifinale con il Manchester United. La stupenda primavera di Ancelotti e Seedorf porta al gol di Clarenzio, una legnata da fuori su cui Abbiati, imprestato per un anno ai granata, non è – come si dice in gergo – esente da colpe. Poi grande difesa e grande amministrazione, che non si spenda neanche una goccia di energia supplementare. Memorabilia: in attacco Ronaldo, con un tentativo di capello corto non memorabile. In attacco nel Torino l’antichissimo Roberto Muzzi, nel lodevole tentativo di raggranellare gli ultimi spicci di una carriera, che va persino vicino all’1-1. E pensare che siamo a soli quattro giorni dalla più bella partita mai giocata dal Milan negli ultimi vent’anni.