22 aprile 1979, Milan-Verona 2-1. E’ primavera, ma per noi è come fosse Natale: si va tutti dietro alla Stella. Su San Siro aleggiano i soliti spettri: il Verona, per giunta già retrocesso, per giunta provvisto in attacco dell’indimenticabile ex Calloni. Rientra Rivera dopo 4 mesi e per fargli posto Liedholm scombina la squadra, panchinando Chiodi e mettendo l’ormai attempato Golden Boy di fianco ad Antonelli. Prima mezz’ora choc: al 24′ Egidio Calloni gira in rete di potenza un cross di Arcadio Spinozzi, e già nelle generalità dei due protagonisti è racchiuso il dramma del popolo rossonero. Calloni, povera stella, invece di esultare si mette le mani tra i capelli, il Perugia è in vantaggio a Catanzaro e a fine primo tempo la classifica dice incredibilmente Milan 38, Perugia 38: spareggio. Chi viene guardato con maggior sospetto è ovviamente il trotterellante Rivera, fisicamente inadeguato ma troppo pesante da escludere. Gianni risponde da par suo, con un colpo da biliardo di destro su assist di Bigon. Inizia il lungo assedio alla porta di Superchi, rinvigorito dalle buone notizie in arrivo da Catanzaro, dove il Perugia si è fatto raggiungere. Dopo un palo di Maldera, arriva la percussione decisiva di Buriani, con cross recapitato sul testone di Novellino nel delirio di San Siro. Dai, che ormai è fatta.
6 marzo 1988, Milan-Verona 0-0. All’andata Verona non è stata affatto fatale: ne è uscito a sorpresa il miglior (fin lì) Milan della stagione, e Virdis ha salvato la ghirba di Arrigo Sacchi, pronto a essere defenestrato. Un girone dopo il Napoli rimane comunque fuori portata: 35 punti su 40 a disposizione, e sette vittorie consecutive dopo i quattro schiaffi subiti dal Milan a gennaio, che avrebbero steso un bufalo. La Ma-Gi-Ca è impegnata in un’insidiosa partita interna contro la Magica (cioé la Roma), mentre noi si cerca di venire a capo del declinante Verona di Bagnoli, che langue nell’anonimato della metà classifica, distratto dall’avventura in coppa UEFA (dov’è purtroppo incappato nel fortissimo Werder Brema). Dirà Zuccalà alla Domenica Sportiva: è un Milan pronto per il Salone del Mobile. Tre legni, tutti piuttosto clamorosi: Tassotti, Donadoni (incrocio dei pali!) e Gullit, corollario di un dominio imbarazzante che solo per balzane circostanze astrali non si conclude con una vittoria. Ma al San Paolo, attenzione attenzione, la Roma fa il colpaccio: il campionato è ancora aperto. Quanto diversi erano, una volta, i 6 marzo.
17 maggio 1992, Milan-Verona 4-0. Preparate i fazzoletti, diceva quel vecchio film con Gérard Depardieu. Si celebra l’ultima recita da calciatore di Carletto Magno Ancelotti, nella passerella finale a San Siro dei nostri nella loro stagione da Invincibili, con il vecchio Liedholm paggio d’eccezione a guida del già retrocesso Verona. Grande bagno di popolo per un festoso 4-0 timbrato da Van Basten e Gullit, prima dell’apoteosi ancelottiana: entra al 66′, al 77′ segna il 3-0 con una rasoiata dal limite dell’area, al 78′ ruba palla al pigro Stojkovic (reminiscenze di Belgrado ’88), s’invola verso Gregori e si prende l’incredibile doppietta. Prima e dopo è un carnevale rossonero, con cori ormai persi nel tempo: “Che sarà che sarà che sarà, che sarà di questa Inter chi lo sa”, e il sempre grazioso “La Vecchia-Signora-l’ha preso in culo ancora”. Un tifoso particolarmente affettuoso intercetta Berlusconi in tribuna e gli urla: “Sei il papà di tutti noi!”.
8 settembre 1996, Milan-Verona 4-1. E’ la prima giornata, c’è sempre aria di festa, i nuvoloni ancora lontani. Si festeggia nonostante tutto il primo Milan di Oscar Washington Tabarez, il Maestro uruguagio con cui Berlusconi s’è illuso di dimenticare Capello e recuperare Robertino Baggio, assai depresso dai bruschi modi dell’ormai Don Fabio. Persa la Supercoppa contro la Fiorentina di Batistuta, il Milan campione in carica riceve il modesto Verona che pure passa in vantaggio con Totò De Vitis, seminando inquietudine negli anelli più bassi. Poi Marco Simone, attaccante mai troppo sopravvalutato, ribalta da solo la faccenda con due gol squisiti, fino a cedere correttamente la scena al suo amicone Weah, impegnato a progettare il gol del decennio. Progettare per modo di dire, perché non c’è che la bellezza selvaggia e istintiva del leone nella sua esaltante cavalcata che al minuto 87 fa venire giù un San Siro pieno, ma pieno davvero. La piroetta con cui si sbarazza di due avversari a metà campo è il segnale che il treno è partito per sempre e nulla lo potrà fermare, come la locomotiva su cui invano s’affanna Jon Voight in “A 30 secondi dalla fine”. A pubblico già ubriaco, cala il poker Baggino. Nel video qua sotto, quando viene intervistato Berlusconi, potrete riconoscere alle sue spalle una futura vecchia conoscenza.
23 dicembre 2001, Milan-Verona 2-1. Ultima dell’anno, che il Milan non vince dal 1993. Ancelotti forza la mano: in campo insieme José Mari, Rui Costa, Pirlo (non ancora regista) e Shevchenko: questi ultimi due confezionano l’azione che porta alla traversa di Sheva. Milan dominante contro l’Hellas di Malesani, atteso da un atroce destino nel girone di ritorno pur potendo sfoggiare un attacco Camoranesi-Gilardino-Mutu. Ma il gol non arriva, e nella ripresa Carletto la butta sul sentimentale: fuori il geometrino Donati, mai troppo amato dallo spogliatoio, dentro il revenant Ambrosini, al rientro dopo 10 mesi dall’infortunio al ginocchio. Missione compiuta: zuccata dell’impagabile Ambro dopo appena 12 minuti e Milan meritatamente in vantaggio. Ma il veleno è nella coda: un liscione di José Mari spiana la corsia sinistra a Natale Gonnella, palla in mezzo e Abbiati smanaccia sui piedoni di Paolo Cannavaro, che non si sa cosa ci faccia in piena area piccola, ma la mette dentro. Super-lavoro per Ancelotti, costretto ad azzeccare anche il secondo cambio, Contra per il fischiatissimo topone José Mari. 94′: lancio della disperazione di Kaladze, uscita spericolata di Ferron e bellissima coordinazione di destro di Contra, che mette in rete da posizione affatto facile. Punti pesantissimi vinti dal Milan in prospettiva Manchester 2003, e punto pesantissimo perso dall’Hellas in prospettiva Piacenza 2002.