14 Dicembre 2014
Alla fine è andata come in quelle sere in cui esci incattivito e sei deciso a litigare con la donna. Non proprio a lasciarla, figuriamoci, mai assumersi una responsabilità, ma insomma, fare la voce un po’ grossa, essere indisponente, che se ci rimane male anche meglio, che cazzo ogni tanto ci vuole. Poi però ti arriva sorridente, messa giù da gara, ti fa due carezzine, un sorrisino, e sei già lì che dici vabbè va, lasciamo stare dài (ovvio che al contrario invece i tempi di dilaterebbero di ore-giorni-settimane spese inutilmente, quando potresti, che ne so, vederti la retrospettiva sui film di Natale dei Vanzina). Insomma, la sensazione dopo Genoa-Milan non era delle migliori, teoricamente del trittico di ferro Genoa-Napoli-Roma, quella di Marassi era forse la partita più abbordabile. Peccato che noi abbiamo fatto senza se e senza ma un match vergognoso, col Grifone che pareva l’Olanda del ‘74 mentre i nostri andavano a due all’ora e Bonera, come sempre, si perdeva l’uomo sul gol, facendomi disperare e ululare davanti alla tivù per la gioia dei miei vicini, che per altro sono milanisti pure loro e bestemmiano con me all’unisono.
Chiaro che contro il Napoli le prospettive non è che fossero rosee. Se non altro, da quando sono abbonato, e qui si risale, vorrei ricordare, ad anni in cui il Muro di Berlino era ancora su e Andreotti stava al Governo, le partite in casa contro i Pulcinellas regalano sempre dei motivi d’interesse. Il debutto non ve lo sto nemmeno a raccontare, perché era il 4 a 1 con Colombo, Virdis, Gullit e Donadoni che piallano Maradona e Careca. Partita a parte, mi ricordo che eravamo ancora gemellati, situazione che praticamente tutti, capi inclusi, vivevano con un imbarazzo palpabile. Alle formazioni c’era metà curva girata a fischiare, e un sonoro ‘Maradona figlio di puttana’ era lì a preannunciare che forse l’amore non sarà bello se non è litigarello, ma anche che per il 90% del tollerante popolo milanista i napoletani se ne potevano andare a fare in culo senza alcun rimpianto. C’è da dire che all’epoca i Pulcinellas erano proprio quelli del CUCB di Palummella, in pratica la versione 3D di Nino D’Angelo nel Ragazzo della Curva B, cioè sombreri, tute azzurre e striscioni del tipo ‘Noi amiamo tutti’. Uno schifo insomma. Che poi in realtà andare là fossero comunque cazzi, è un altro discorso. Per capirci, giusto un anno dopo, la scena dell’Armiere che impegnato in un duello rusticano con uno di loro in alto nei Popolari è entrata nella storia dell’immaginario ultras (sapete chi era l’Armiere vero? Pace all’anima sua)
Che i Pulcinellas non fossero più Ninidangelo è una cosa di cui mi sono reso conto agevolmente nel corso degli anni, stagioni durante le quali i Naples hanno fatto il doppio salto carpiato con avvitamento, passando da pittoreschi saltimbanchi da film di Salemme ad ultras veri e propri, fino ad arrivare a fare bruttissimo. Perlomeno a vederli, come mi è capitato quando sono tornati in A nel 2008 e mi sono ritrovato praticamente mezza Curva A piazzata all’angolo del secondo verde, divisa dalla gente normale da una sottile linea di steward che secondo me, quella sera avrebbero preferito fare il servizio d’ordine ad una manifestazione di Lotta Continua nel 1974 piuttosto che ritrovarsi a due metri da soggetti che anni dopo avrebbe fatto la fortuna di un serial come Gomorra. Bisogna riconoscere che nell’occasione i pulcinellas hanno sfoggiato la tanto decantata mendalidà uldras, e non hanno fatto mezza mossa imbruttente verso i nostri padri di famiglia che un po’ timorosi vedevano un diciottenne Pato, appena sbarcato a Malpensa, che uccellava Iezzo per il 5 a 2 finale (in quella partita ha fatto una doppietta pure Ronaldo. Occhei era ciccione, immobile e inguardabile con quei capelli ricci. Ma diciamocelo, pure da noi, quanto cazzo era forte?).
Per questo, memore delle invasioni degli anni scorsi, in cui te li ritrovavi, sopra, a lato e persino che sbucavano direttamente da sotto dal seggiolino come il Bianconiglio di Alice, ci sono rimasto quasi male a vedere che pure loro sono in disarmo, pochi e abbastanza silenti, complice anche la totale assenza (così mi pare) dei loro gruppi organizzati. C’è da dire che da cantare non è che c’avessero molto. Pronti, uno-due e Menez fa un barbatrucco, ne salta di netto due e la mette precisa precisa di carambola manco fosse Paul Newman nello Spaccone. Che meraviglia. Perché te la sei mangiata davanti a Perin, Geremia? Ma del resto lui è lo specchio di questo Milan: una squadra senza continuità, determinazione e certezze, che sette giorni fa ci ha fatto vergognare e che invece domenica sera ha piazzato una prestazione assolutamente degna anche nei momenti di sofferenza, fasce a parte, dove con Bonera e Armero lasciamo spazi che in confronto la pista d’atterraggio di Malpensa è niente. Più che altro vedi Montolivo, appena rientrato, e finalmente realizzi che Santamadonna c’è qualcuno al mondo che sa cosa fare con un pallone in termini di geometrie, ordine, posizione, poveri noi abituati come eravamo al calcio tagliato con l’accetta di quel boscaiolo ghanese di Muntari. Finisce il primo tempo e siamo lì che ci spelliamo le mani. Va che bel Milan, per una volta. Comincia la ripresa e appena il Napule ti dà un vago sentore di mettere fuori la testa sul serio per iniziare a schiacciarci, Armero fa la cosa forse più sensata della sua mediocre carriera e piazza un cross al bacio per Bonaventura, che la incoccia nell’angolino e tanti saluti da Milano al Golfo con il Vesuvio col pennacchio e il pino marittimo, un po’ come quando Gianni Vasino diceva ‘Napoli chiama, Milano risponde’.
Il resto è pura accademia. Quelli ci attaccano senza mai dare a sensazione di poter riaprire la partita, noi ci difendiamo abbastanza ordinati e a momenti Menez tira fuori un altro capolavoro da incastonare al Louvre. Tutti felici, siamo da terzo posto. Wow che figata. Cioè lottare per il terzo posto, obiettivo che comunque sarà tremendamente complicato raggiungere, rende l’idea di come si sia ridotta la grandeur rossonera. Per altro, modesto parere, sarà grasso che cola se finiamo almeno in Europa League. Non so se sia meglio ridere o piangere. Intanto sabato sera andiamo a Roma. Che Milan vedremo, quello imbarazzante di Marassi o quello cazzuto di S.Siro? Jeremy avrà la spina inserita o sarà distratto? Rami recupererà o ci toccherà Zapata? Torres patatino sarà guarito dall’influenza in modo da sedersi comodamente sulla panca? Ma soprattutto, arriverà un giorno in cui Muntari sarà solo un buffo aneddoto da raccontare a figli e nipoti o ci dobbiamo rassegnare a questa dimensione forever and ever?
Quant’era figa la biondina mezza americana di De Sica…