Dai Bastioni di Orione

(di Federico Dask)
I miei trent’anni, insieme alla gastrite e al modulo F24, mi hanno regalato Blade Runner: uno di quei film che si iniziano ad apprezzare sul serio a quell’età dove non mandi ancora le foto del buongiorno coi gattini ma non salti neanche più i famigerati fossi per la lunga. Il capolavoro di Ridley Scott porta con se una filosofia molto chiara: l’intricata sinergia fra uomo e macchina – e in questo viene in aiuto l’incredibile colonna sonora di Vangelis – in una società decaduta e tetra, dove naturale e artificiale convivono con la stessa parità di diritti dell’Alabama del 1800. Tanto che i cosiddetti “lavori in carne” vengono programmati con vita limitata a quattro anni e poi terminati. Il film è incentrato su un gruppo di macchine ribelli che cerca disperatamente di trovare il modo per allungare la propria vita.
Ecco, se dovessi trovare un parallelo con questa prima campagna rossonera nell’Europa che conta, direi che ci siamo aggrappati in maniera quasi commovente alla speranza che la provvidenza ci donasse ancora un po’ di tempo. Un’indescrivibile voglia di rimanere ancora un po’ davanti a quei ragazzini che scuotono il telone al centrocampo, a San Siro con l’abito della festa addosso, alle notti che ci hanno fatto innamorare di quei colori striati nelle bandiere e nei cuscinetti con le Coppe ingiallite dei nostri nonni. Non raccontiamoci bugie, almeno tra noi: nonostante gli zero punti in tre partite, stasera ci eravamo tutti incamminati verso lo stadio con quell’ottimismo incrollabile – e anche un pizzico di spocchia, dai – tipici di chi di solito alla quarta partita del girone doveva solo chiudere il discorso qualificazione. “Siamo il Milan, ora lo dimostreremo”.
Invece la quarta puntata della nostra saga finisce esattamente come Blade Runner: un intero popolo che ha visto cose che altri tifosi non potrebbero immaginare, si rende conto che viene un momento in cui accettare l’inevitabile. E che i cento secondi di Liverpool, il grandioso primo tempo con l’Atletico, lo stadio che ruggiva dopo il pareggio di Kalulu, le urla strozzate sul gol a porta vuota sbagliato da Leao e quello annullato a Zlatan e tutta la miriade di “what if” che ci pesano sulla groppa come macigni, nel grande schema delle cose, andranno perduti nel tempo come lacrime nella gelida pioggia di Novembre.
Certo però, che ora che il Liverpool ha vinto…  🙂

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