BPM (Beats Per Matches) – LIMIT TO YOUR LOVE ovvero Milan-Chelsea

(di Max Bondino)

Siamo quello che leggiamo, eppure scriviamo. Siamo quello che ci dicono e nonostante tutto, parliamo. Siamo tanti corpi in questo stadio, alle 22:50 dell’11 Ottobre 2022, eppure il peso di questa serata lo sento tutto sulle mie spalle.
Beats Per Matches nasce come una rubrica per poi diventare molto velocemente anche un podcast (e confidiamo si possa trasformare in qualcos’altro, nel medio-lungo termine). Viene scritta e realizzata il giorno dopo la partita ed arriva a voi quello seguente.
Vi starete chiedendo il motivo di questo incipit in stile “Com’è fatto?” su D-Max (in questo caso, Max B) (pardon).
Semplicemente perché, nonostante ci sia stato il tempo per far decantare le emozioni, fino a pochi minuti prima di mettermi sulla tastiera e accendere il microfono, mi sono sentito come Jack Torrance, convinto che pubblicare o ripetere a oltranza per dieci minuti una frase come “Il mattino ha l’oro in bocca” potesse essere la scelta giusta per raccontare il livello di alienazione che mi accompagna.
 
Poi, fortunatamente, la musica arriva a metter ordine in quella follia a cui manca sempre qualcosa, altrimenti non sarebbe tale. E quante cose sono mancate a Milan – Chelsea per poter essere una partita di calcio? C’è una canzone piccola e preziosissima intitolata “There’s a limit to your love” che, nella versione di James Blake, ripete ad oltranza gli stessi accordi e un testo minimale, ma il vero messaggio è nei silenzi, nelle pause che si prende durante l’esecuzione.
 
There’s a limit to your love
Like a waterfall in slow motion
Like a map with no ocean
There’s a limit to your love
Your, love, your love, your love
There’s a limit to your care,
So carelessly there, is it truth or dare?
 
Ecco, come James Blake ho trascorso gran parte della mia serata di Champions League fuori dagli accordi, fuori dalle parole ma dentro grandi, strani silenzi. Nella canzone, il loro significato è quanto l’amore sia incompleto quando manca spinta vitale, l’energia. Così come manca ad una cascata vista al rallentatore. Sugli spalti di San Siro, mi sono sentito così, disorientato, credo, in slow motion.
 
Per la prima volta, dopo i roboanti anni di Moggi & Co. ho avvertito la sensazione che avesse davvero poco senso essere lì. Come può la passione per i nostri colori, la storia che li accompagna, essere solo lo sfondo di una messinscena? Non c’è ingenuità in ciò che scrivo, credetemi ma consapevolezza. La verginità l’abbiamo già barattata ampiamente decidendo, all’improvviso, che fosse normale pagare per vedere le partite con la qualità video del 2009 o non vederle affatto, quando ci convinciamo l’un l’altro che il passaggio del turno sia “fondamentale per il bilancio” creando milioni di “mostro-tifosi” che preferiscono uscire col malloppo in un ottavo di Champions ad una finale di Europa League.
 
Sappiamo di essere invitati alla festa altrui, come almeno altre 27 squadre che partecipano a questo torneo ma “There’s a limit to your care, so carelessly there”.
C’è un limite anche per noi che “sèm semper chì”.
E quella linea di demarcazione su mappe ormai senza oceani (e quindi senza la fantasia di sognare cosa si trova aldilà del mare) è levarci anche la chance della partecipazione (che non a caso, per Gaber era veicolo di libertà) riducendoci ad anonimi sparring partner.
Non è più nemmeno una questione dei soldi spesi (mai pochi, va detto) per seguire la propria squadra ma ad essere sfregiati sono i valori che uno dà a quel gesto, ripetuto per tutta la vita. In Milan–Chelsea non è stato danneggiato il Milan ma una competizione intera che ha visto trionfare il Nottingham Forest e la Steaua Bucarest, l’Aston Villa e l’Amburgo e il Feyenoord oltre ai superclub, col Real Madrid in testa (e noi subito dietro). È questo il limite dell’amore. Il punto esatto dove l’amore stesso si ferma, quantomeno a farsi delle domande, perché non ha la sua storia da raccontare, ovvero una partita di pallone.
 
Un match che non troverete neppure qui, in questo BPM. Ha senso ragionare su come l’avesse preparata Pioli? Cosa posso aggiungere quando coi primi tre falli ottieni due gialli, un rosso e un rigore (inesistente) contro? Dove i tuoi avversari sono più untouchables di Al Capone per 95minuti? Il Milan è più forte del Chelsea?
No.
Lo potrebbe battere se lasciato giocare ad armi pari, magari con i suoi titolari?
Per me sì. Ed è il motivo per cui, da oggi, tiferò ancora di più per passare il turno e poterli rincontrare, consapevole che i quarti di Champions League non siano il mio obiettivo stagionale. Perché, nonostante tutto, martedì a San Siro abbiamo vinto ancora noi cantando a squarciagola in faccia ad ogni torto subito, ben oltre il fischio finale. Esiste una coesione fra questa squadra e il suo pubblico che non trova precedenti neppure negli anni in cui l’AC Milan dominava il mondo. Sulla base di questo legame, è doveroso andare a caccia della seconda stella, seguendo una mappa che conosciamo già bene, dove gli oceani ci sono e i limiti all’amore, invece no.
 
Insomma, obbligo o verità? Is it truth or dare?
 
Beh, scelgo la verità.

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