Diceva il poeta che quando la tristezza cade in fondo al cuore, come la neve non fa rumore. O qualcosa del genere, di solito ai falò ero sempre brillo dopo l’accoppiata Wonderwall/Motocicletta 10 HP. Di sicuro domenica quando l’amarezza è sprofondata dentro al nostro piccolo cuore rossonero, eccome se ne ha fatto di rumore. Tipo che una soave bestemmia collettiva è salita verso il cielo di San Siro, componendo con le stelle improperi verso il creato che avrebbero fatto arrossire anche la bambina che vomitava verde nell’Esorcista. Per dire: M-a D-i-o-d-i-u-n-a-M-a-do-n-n-aaaa. E mi fermo qua, che c’ho pure la Vergine di Guadalupe tatuata a due centimetri dal Leone della Fossa.
Per l’esattezza, quando ho visto i carpentieri pareggiare mi sono accasciato sul mio seggiolino e ho mormorato “Ecco”. Che tutto si può dire, tranne che il calippone fosse inaspettato. Da venti minuti i berghèm ci stavano praticamente assediando – sì esatto, i bèrghem, che pochi giorni prima erano stati presi a ceffoni dalla Spal con tanto di doppietta di Petagna, uno che penso due gol non li abbia fatti nemmeno giocando alla Play con il suo cane Mimmo. Del resto, poco prima avevamo assistito con il terrore negli occhi a una serie di ribattute fantozziane in area, tipo flipper impazzito: naso! nuca! tibia! traversa! salvataggio sulla linea di Rodriguez! Insomma, uno ci legge uno di quei segnali che ti fanno ben sperare. E invece niente, 2-2. Un altro punticino striminzito, tutti a casa. La povertà, come a Cagliari. E domenica era stato anche peggio: occasioni sprecate, pali, ripartenze sciupate via in modo criminale. Getti via il 2-0 prima e il 3-1 poi. Alla fine quelli là spingono appena appena e tac, ce la mettono.
Regolare.
Perché, perché, Santa Madonna dobbiamo sempre, ma sempre soffrire? Per quanto rimarremo inchiodati a questa mediocrità esistenziale per la quale, diciamocelo, non siamo stati creati? San Siro freme di frustrazione, ci siamo francamente rotti il cazzo di annate da sesto-settimo posto e dai che ce la facciamo ad arrivare in Europa League. Oltretutto per anni siamo stati narcotizzati dalla modestia dei tanti figuranti che sono passati dalla nostre parti, ritrovarci finalmente uno forte, ma forte davvero, ci ha risvegliato quella legittima sete di sapienza calcistica che per rango e stirpe ci spetta. A volte vedo Higuain e mi chiedo che ci faccia lì in mezzo, a sgomitare a centrocampo per pigliarsi un pallone, difenderlo, appoggiarlo a chi sta salendo, nella speranza che gli torni in area un di’. Gonzalo tanto mi sembra decisivo quanto anche un peperino destinato prima o poi a dare di matto, soprattutto quando si renderà conto che se va bene anche quest’anno la sfanghiamo ad evitare i preliminari a Luglio, lui abituato perlomeno a perdere le Scempions (eh eh).
Eppure, eppure amici, in questa ora di sconforto feroce una cosa la dico: vi prego, no al massacro di Rino. Pure io ne avrei di cose da chiedergli, tipo il cambio di Jack al posto di un Calha in evidente blackout mentale, la lunga teoria di passaggi difensivi con Gigio regista arretrato che indispettisce San Siro, la nostra ormai cronica fragilità difensiva. Vedete, a dispetto della mia collezione della Deutsche Grammophon di Sinfonie di Beethoven dirette da Zubin Mehta sono un ragazzo semplice, mi piace bere le birre al baretto, fare un minuto di gesti ai tifosi avversari, fare fiuuu fiuu (idealmente, ci mancherebbe) quando passa una bella bionda. Per questo, per me a calcio si gioca con il 9 e con l’11. Con il centravanti e la seconda punta. Con il caro vecchio 4-4-2. Chiedo troppo? Forse sì, considerato che di punte in rosa ne abbiamo due di numero. Pensarci prima, magari? Ormai è tardi, lo so.
Non lo è però per precipitare nel baratro dell’ennesimo girone d’andata mandato a Signorine sulla Tangenziale. Ovunque, voglio pensare sull’onda del rodimento di culo, ho sentito critiche feroci a Gattuso, addirittura insulti personali. Per fortuna che lo stadio è altra cosa rispetto al web, perché se a San Siro si fossero sentite ad alta voce certe cose che ho letto, credo che della gente sarebbe rotolata lungo i gradini fino ai cartelloni pubblicitari. Ora, io non so se Gattuso abbia gli strumenti per tirare fuori il meglio da questa squadra e quanto ci sia di suo – sicuramente molto – in questa inadeguatezza che ci ha fatto buttare punti su punti in appena quattro partite.
So però cosa sono la riconoscenza e il rispetto. Può darsi che le cose si metteranno così male da far sì che a malincuore le nostre strade si separino. Il Milan viene prima di tutto, lo sappiamo noi e lo sa pure lui, ed è giusto così. Ma Rino occupa un posto speciale nel nostro cuore, da quel derby in cui appena arrivato ha cazziato a muso duro un certo Ronaldo per un gomito alto su Ayala. Ha sudato, ha lottato, ha picchiato e le ha prese come nessun forse altro con la nostra maglia.
Questo non significa che come allenatore possa avere credito infinto e che questo possa bastare per portare il gioco e i risultati che servono. Assolutamente. Però è uno di noi, sempre, e sempre lo sarà, comunque vada. Un guerriero, un fratello. Uno con la faccia, macché, il cuore da Milan. Salvate il soldato Rino, salvati Rino finché siamo ancora in tempo.
bérghem non berghém
Giusto. Anche se, detto correttamente, è come se avesse due accenti.
Quando chi scrive riesce a dare concretezza a sentimenti ed emozioni di tanti, sta facendo qualcosa di importante.
Anche se si parla di pallone.
Grazie