BPM (Beats Per Matches) – Milan-Monza, ovvero: A Ride With My Best Friend

(di Max Bondino)

La testa sempre altrove. Messa giù così, può sembrare una di quelle immagini ammiccanti che fanno sempre, inspiegabilmente presa sul pubblico romantico ma se è veramente una tua condizione naturale, quando sei in giro per Milano, si trasforma in una potenziale condanna a morte se ci aggiungi il fatto di vivere con gli auricolari incastonati nel cranio. Ammetto però, che se non fossi riuscito a scrivere questo BPM perché asfaltato da un tram che sfoggiava sulle fiancate la scritta “Memento Mori” sotto gli sguardi severi di Dave Gahan e Martin Gore, beh…avrei voluto che qualcuno più bravo di me a scrivere, la raccontasse davvero bene, questa uscita di scena poetica. Ma visto che la testa sarà pur sempre altrove ma il corpo è ancora discretamente allenato per raggiungerla, una pedalata più decisa è stata sufficiente a vederlo passare oltre, ricordando ai miei eroi, come un novello Troisi, che “mo’ me lo segno”. Il 17 Luglio 2023, giusto? Sul prato di San Siro. Biglietti presi al Day One.

Ma prima di calpestare l’erba del nostro stadio, c’è ancora una lunga storia di metro, tornelli e spalti da attraversare, sempre di corsa. A proposito: “All this running around, well, it’s gettin’ me down, just give me a pain that I’m used to”. Ecco, il premio per essermi sbattuto così da godermi il riscaldamento di Milan – Monza è quella maglia lì, cucita nel solito dolore a cui mi sto abituando. D’altronde, Herbert Kilpin, 123 anni fa, in quella celebre fiaschetteria disse: “Saremo una squadra di alpini, verdi come i nostri cappelli nell’inverno e fluo come la paura di chi lavora nei cantieri in autostrada”. Ovunque voi siate, tifosi del Milan con addosso terze e quarte maglie, il mio sguardo sprezzante e livoroso, vi raggiungerà. Ma dov’eravamo rimasti? L’ultimo BPM si chiudeva con due saluti, uno onomatopeico e grato, a Malick Thiaw, l’altro un po’ sfinito e di sollievo a Tatarusanu. Un paio di giorni prima del match, la notizia del nuovo infortunio di Mike (in bundle col precedente) – sarò sincero – mi aveva scagliato nelle profondità oscure dell’ultima traccia del lato A di “Violator”.

“I’m waiting for the night to fall
I know that it will save us all
When everything’s dark, keeps us from the stark
Reality”

Ma anche nel buio della notte, non c’è rifugio dalla sfiga, quindi esageriamo. Facciamo all-in e a Tatarusanu fra i pali aggiungiamo il più ampio turnover stagionale che a qualcuno fa pensare: “li staremo mica sottovalutando, questi”? E che la risposta sia “no”, lo capiamo abbastanza velocemente. Già al sesto, quando Brahim fa valere quella massa muscolare extra messa su in estate, vincendo contrasti a pioggia a centrocampo senza farsi spostare mai da gente che potrebbe fargli da custodia. Se per Rat-Man era: “fletto i muscoli e sono nel vuoto”, per il nostro numero 10, quest’anno, quando flette i muscoli, il vuoto si crea. Al 15esimo, dopo aver ricevuto palla da Tata (che nel post si bullerà da assist-man ma glielo concediamo, dai), punta la porta dal cerchio di centrocampo lasciando dietro di sé tracce infuocate come la Delorean di Doc. Non lo tiene nessuno, resiste anche all’ultima sportellata di Antop e con un tocco furbissimo, in caduta, l’appoggia dolce. L’AC Milan Campione d’Italia è già in vantaggio. È un dato di fatto, i soldi spesi per De Ketelaere, al momento, hanno reso questo ragazzo il giocatore di cui avevamo bisogno. Ha definitivamente svestito i panni del cambio buono nei venti minuti finali, diventando velenosissimo in ogni momento del match. Come canta Dave: “I just hang on, suffer well, sometimes it’s hard to tell, I just hang on, Suffer well”. Ha saputo soffrire bene, resistendo con carattere ed oggi ha uno stadio che impazzisce per lui. È un concetto che ho espresso in altre occasioni e Diaz lo incarna perfettamente: la competizione, la più alta possibile, in ogni ambiente di lavoro, è fondamentale.

Arrivano ottimi segnali da tutta la gang del turnover. Origi è un giocatore “nuovo” per il nostro campionato, mostra spunti irresistibili quando sembra completamente fuori dal gioco, come al 20esimo andando a maltrattare di velocità e fisico fino alla linea di fondocampo il malcapitato Pablo Marì per poi servire Rebic che viene contrastato sulla conclusione, stessa sorte per Pobega aggiunto come +1 al party del mischione in area piccola. Sta finalmente bene, Divock e si vede anche due minuti più tardi quando vince l’uno contro uno e si libera al tiro, troppo debole e centrale. Per ora. Mette finalmente di buonumore anche Sergino Dest che inizia a dare un senso al suo stipendio importante e al fatto che tre mesi fa lavorasse a Barcellona, mica a Carugate. Al 33esimo con una serpentina iniziata nella nostra metà campo porta palla ad Origi che si libera di due avversari con una mezza magia per sganciare un rasoterra forte sull’esterno della rete. Forte ma non fortissimo, per ora. Inseriamo anche Tata nella gang del turnover che regala gioie, anche se ormai lui è un titolare (sigh), perché poco prima, al minuto 28, respinge un colpo di testa ravvicinato e mortifero di Carlos Augusto su cross di Ciurria (ci avete fatto caso che i nomi dei giocatori del Monza sembrano quelli della leggendaria squadra di default del primo PES? Mi aspetto sempre una rovesciata di Castolo su imbeccata di Minanda).
Al 36esimo, visto che abbiamo deciso di dedicare questo BPM ai Depeche Mode e ai tram assassini da loro brandizzati, entriamo in “Songs of Faith and Devotion”. Perché San Siro, attiva la modalità fede e devozione per due giocatori, attualmente. Uno è il portoghese con la 17, l’altro è Capitan Theo. “I Surrender all control to the desire that consumes me whole, leads me by the hand to infinity” recita “Higher Love”. A loro due ci si può solo arrendere ed affidare. È ciò che facciamo. Prendeteci per mano e portateci nell’infinito che, di solito, si trova nei pressi dell’area avversaria. Theo sbatte la porta in faccia a Ciurria (vi ricordate quando non sapeva difendere?) e riparte con una superiorità fisica, atletica e mentale tanto manifesta da levare il fiato, a fine corsa, scarica su Rebic che non riesce a restituirgliela per il tiro. Avesse segnato, con questa azione, starei ancora aggrappato a un lampione, altro che sul laptop.

Ma mi aggrapperò, invece, su conoscenti ed estranei, di lì a poco. Al 40esimo Origi fulmina in velocità tutta la fascia destra, tiene intelligentemente palla in attesa del movimento di Brahim, lo serve e qui Diaz ci regala un goal di una pulizia e perfezione stilistica commovente. Riceve, stoppa, si gira e incrocia sul palo lontano in meno di un secondo. Che il Santo protettore dei glutei ce lo conservi, perché all’inizio della ripresa lascerà il posto a CDK dopo aver recuperato palloni in ogni dove e servito un assist perfetto non sfruttato da Rebic dopo l’ennesima, grandissima giocata. Il solito immenso Bennacer fa quello che vuole a centrocampo ed anche ciò che vorremmo noi, mandando in porta Origi al 58esimo che non ci arriva per un soffio. Due minuti dopo escono anche (fortunatamente sani) Kjaer ed Ante per Gabbia e Rafa Leao. C’è subito un’altra grande giocata in costruzione di Origi che con una sua variante personale del sombrero si libera e manda al tiro (altissimo) Messias, autore di una partita preziosissima ma non appariscente.

Al 65esimo, c’è “Music for the Masses” sul Technichs 1210 MK2 che gira sempre nel mio cervello. “I’m down on my knees and I need forgiveness, someone to bear witness to the goodness within”. C’è Divock Origi piegato sulle ginocchia e noi qui a testimoniare la bontà sua e della rete che sta ancora bruciando dopo quello che (per dirla come Carletto Ancelotti su Seedorf in un celebre derby in rimonta) è stato uno scaldabagno lanciato dal limite dell’area verso l’incrocio di violenza inaudita. Talmente forte da causargli crampi, lasciandolo immobile sul posto, come noi, con le braccia alzate e le facce di marmo finché l’allarme non è rientrato. È 3-0 ma c’è ancora tempo per un’altra faccia di marmo, 5 minuti più tardi Pessina conquista una punizione più o meno all’altezza della circonvalla. Va a tirarla Ranocchia che la calcia nel traffico del sabato sera, palo interno e 3-1. Ci sono correnti di pensiero opposte su meriti e demeriti, vista la partita da pipa in bocca, non è mia intenzione farvi cambiare schieramento. Dopo il goal, il Monza (dicono) sembra crederci. Non ho ancora capito in cosa ma d’altronde, esistendo la libertà di culto, chi sono io, anche qui, per mettermi in mezzo?

Dopo una manciata di minuti in cui l’arbitro concede punizioni random tirando i dadi, Antov all’83esimo sulla fascia sinistra si incarta come nei peggiori campetti di periferia, lasciando palla e campo a Theo Hernandez (che è un po’ come lanciarsi in tuffo carpiato, sanguinanti, nella vasca degli squali), Theone entra quasi passeggiando in area, la appoggia dietro all’altro squalo portoghese che ha tutto il tempo di prendere la mira e segnare il 4-1. È finita, qualcuno decide di approfittarne, lasciando gli spalti per evitare la ressa sulla M5. Non si fa, non sono mai d’accordo ma tant’è. Non resta che riportare la grande occasione per De Ketelaere di festeggiare il suo primo goal in rossonero in una serata così ben addobbata. Il traversone lungo di Theo che viene rimesso in mezzo splendidamente dall’esterno sinistro di Messias e CDK che liscia a porta vuota, da un metro. Premesso che secondo me, l’assist di Junior è stato forse talmente bello, imprevedibile e veloce da confonderlo, resta un erroraccio, una piccola macchia. Destinata a sparire presto, ne siamo certi. Sandro Tonali, un anno e mezzo fa veniva deriso da quasi tutti quelli che qui, oggi, attorno a me, hanno speso 130 euro per la sua maglietta. La serata del giovane belga finisce a testa bassa, dritto negli spogliatoi con la voce altrettanto imberbe di Dave Gahan che canta: “What can I Say? I don’t to play anymore, What can I say? I’m heading for the door, I can’t stand this emotional violence…Leave in silence”.

Noi non riusciamo a restare in silenzio, cantiamo invece, perché credo davvero che il netto stacco fra ciò che eravamo e quel che siamo diventati sia visibile dentro partite come questa, vinte per l’ordine naturale delle cose. Undici giornate, ventisei punti. Il viaggio è ancora lungo ma sono in buona compagnia. “I’m taking a ride with my best friend”. L’AC Milan di Milano.

 

 

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