La luce, il buio, il Biondo

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In omaggio allo sponsor, al Philips Stadion di Eindhoven fa un caldo boia e ci sono prese elettriche dappertutto. Con tutta evidenza, è l’ultimo posto al mondo dove si rischia il black out: eppure nulla era impossibile per lo straordinario e pigrissimo Milan di Ancelotti.

Avevamo imboccato il rettilineo finale della stagione 2004-2005 con la spia rossa lampeggiante della benzina. Certo, era un bel lampeggiare: primi in classifica a quattro turni dalla fine insieme alla Juve tardo-moggiana, con un piede e mezzo in finale di Champions . Una settimana prima, a San Siro, il PSV è stato regolato con un 2-0 severo per quel che si è visto in campo: olandesi dal 4-3-3 spumeggiante ma inconcludente al cospetto di Dida, Milan di cinismo capelliano nell’infilzarli entrambe le volte in chiusura di tempo con Shevchenko e Tomasson. Nemmeno il freschissimo precedente di La Coruna dissuade i nostri eroi dall’idea di andare a Eindhoven in modalità scampagnata: la testa è tutta sul cruciale Milan-Juve di campionato, quattro giorni dopo. Pure, siamo in formazione tipo, eccezion fatta per il forfait di Crespo che costringe Ancelotti a schierare quell’albero di Natale solitamente indigesto al patron: 4-3-2-1 con Kakà e Seedorf alle spalle di Shevchenko.

Di là siede Guus Hiddink, che torna a incrociare le lame col calcio italiano a tre anni dalla serata da tregenda di Daejeon 2002, quella di Byron Moreno eccetera; agli occhi dei buontemponi è solamente il sosia di Ancelotti, cui somiglia anche per stazza, ma chi è un po’ più avveduto sa che è uno dei primi cinque allenatori al mondo, capace di fare miracoli sulla partita secca. Dalla Corea il guru Guus s’è portato due dei nani più esuberanti di quella covata malefica, che lo aiuteranno a stilare il manifesto ideologico del PSV: il terzino Lee Young-Pyo (che qualche anno dopo rifiuterà il trasferimento alla Roma “per motivi religiosi”) e il razzente esterno d’attacco Park Ji-Sung, atteso da un prestigioso futuro al Manchester United. Per affrontare quel Milan così tronfio, quella sera talmente arrogante da pretendere di passare il turno a ritmo da dressage, Hiddink libera tutti i migliori cavalli da corsa, presentando un curioso 3-2-4-1 con Van Bommel e Vogel (futuro vice-Pirlo…) a fare da schermi, il saggio Cocu in cabina di regia a dirigere i levrieri Lee, Park e Farfan e il lungagnone Vennegoor of Hesselink a far salire la squadra e menare le mani (ne fa le spese Maldini, ferito da una scarpata in faccia dopo pochi minuti, costretto a uscire nell’intervallo).

La partita si fa subito ispida come la barba del pomeriggio. Il PSV soffoca il Milan nella culla, tagliando tutti i rifornimenti ai tre davanti con un pressing asfissiante. Dopo 9 minuti è già in vantaggio con Park, che chiude un triangolo con Vennegoor eccetera e batte Dida con una saetta di sinistro. Nel primo tempo il Milan non tira mai in porta, prevedibile come un’avemaria; Pirlo “ha il passo del sessantenne che fa jogging al Parco Lambro” (Marco Ansaldo, La Stampa). Si soffre regolarmente su ogni punizione e calcio d’angolo (ma dai?), dove arrivano sempre in anticipo i nerboruti Alex e Vennegoor. Quest’ultimo pizzica anche una traversa, il che ci consente di arrivare a metà partita ancora aritmeticamente qualificati.

Costretto a rinunciare a cambi tattici per avvicendare Maldini con Kaladze, Ancelotti assiste immobile al naufragio rossonero della ripresa. Le ondate del PSV sono sempre più alte e impetuose e il grande Milan si rannicchia negli ultimi 12 metri, terrorizzato e raccogliticcio, con la linea Stam-Nesta-Cafu-Kaladze all’altezza del limite dell’area piccola. La serata di apparente relax è diventata un lungo incubo che neanche gli avventori del Bates Motel. E’ come trovarsi al volante di un’auto e perdere progressivamente l’uso del cambio, dei freni, del volante e dei fari anteriori: siamo lanciati a tavoletta su un rettilineo che però potrebbe finire da un momento all’altro. Sembra finire al 65′, quando l’indemoniato Lee sfrutta lo spazio concesso da Cafu per pennellare da sinistra un cross dritto sulla testa di Cocu, per il sacrosanto 2-0. Suona finalmente la sveglia e Ancelotti toglie il pessimo Seedorf per Tomasson, in modo da affiancare qualcuno al brancolante Shevchenko, mentre Kakà gioca una delle sue partite più dispendiose in rossonero, portandosi a spasso la palla per decine di metri, unico milanista a prendere delle iniziative in una serata in cui il nostro possesso palla scende sotto il 40%.

Vedendo avvicinarsi i supplementari, il PSV decide inconsciamente di tirare il fiato per qualche minuto, con Hiddink che si tiene i cambi per i supplementari giocandosene solo uno, l’attaccante Robert per il difensore Bouma: subito Dida a sventarne un tiro da fuori. All’80’, finalmente, Ambrosini incorna su calcio d’angolo, chiamando il goffo Gomes alla respinta: è il nostro primo tiro in porta della partita. La vivida impressione è che il PSV possa tritarci nei supplementari, entrando dal centro e dalle fasce. Però, come il tizio della Brillantina Linetti, anche Guus Hiddink ha commesso un errore: l’uscita di Bouma ha fatto scalare al centro della difesa il mediocre Lucius, clamorosamente latitante quando, al minuto 91, Ambrosini coglie l’attimo e si ritaglia due metri quadri di libertà in piena area di rigore. Kakà lo pesca con un cross al bacio e il nostro Angelo Biondo, specialista nel trovarsi al posto giusto nel momento giusto, dà materia e vita alla beffa delle beffe.

E’ finita anche se non è finita, tanto che c’è ancora il tempo per lo spettacolare 3-1 di Cocu che prolunga la sofferenza fino alla fine. L’ultimo disperato lancio lungo viene abbrancato da Dida, dopo di che bòn, siamo in finale, per la decima volta nella storia. Di lì a poche settimane perderemo tutto: campionato, Champions, probabilmente anche parecchi chili durante la finale (salvo poi riacquistarli strafogandoci di Nutella per affogare la delusione). Ne usciremo con la piccola consolazione di aver recitato da protagonisti in uno spettacolo da leggenda come quello andato in scena allo stadio Ataturk di Istanbul la notte del 25 maggio 2005.

 

Reti: 9′ Park, 65′ Cocu, 91′ Ambrosini (M), 92′ Cocu

PSV EINDHOVEN: Gomes, Lucius, Alex, Bouma (70′ Robert), Lee, Van Bommel, Vogel, Cocu, Farfan, Vennegoor of Hesselink, Park – All.: Hiddink

MILAN: Dida, Cafu, Nesta, Stam, P. Maldini (46′ Kaladze), Gattuso, Pirlo, Ambrosini, Kakà, Seedorf (69′ Tomasson), Shevchenko – All.: Ancelotti

Arbitro: Hauge

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

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