Mi capita spesso di attirare spontanee confidenze intime e allucinanti delle quali farei anche a meno.
La settimana scorsa è stata una tempesta di rivelazioni: racconti di corna, depressioni, deviazioni sessuali, bassi tradimenti di parenti e amici, persino pensieri omicidi. Whatsapp pieno, intasato di rimorsi altrui, incertezze, delusioni.
Ho quasi finito la benzina della comprensione. La giostra dei ‘Che hai, ma no, non sei una merda, hai sbagliato, su, capita, chiedi scusa, pensa a te, non pensare a te, non ci pensare’ mi sta un po’ rimbambendo.
‘Sì, sei una merda, mo’ muori ma smollami’ è dietro l’angolo.
Alcuni addirittura hanno paura che usi i loro peccati come ispirazione: ‘Oh Ià (ià sarei io per chi non mi legge, ma mi vuol bene), mi devi giurare che quello che ti ho detto non lo scriverai MAI’
Pure.
Però sotto sotto, il padre confessore è un ruolo che mi piace.
Oltre ad essere un attestato di stima, mi rende un servizio impagabile: libera dall’egocentrismo congenito alla Eyes Wide Shut, quell’ingenuità propria dei bambini, dei pirla e di chi ha letto troppo. Metto in testa a mo’ di jingle Everybody hurts, sometimes, everybody cry, non solo io. Sentirsi fessi insieme a altri mille fessi: non è felicità ma è un po’ come i fare i pinguini nelle bufere.
Milan-Parma mi ha è andata bene per un motivo che non c’entra niente con il risultato finale, Destro che qualcosa ha smosso, Van Ginkel che saluteremo perché comunque rientra nella categoria dei giocatori di calcio (non sia mai!) e poi è in prestito, il Parma che pur retrocesso riesce a impostare e noi no, e altre osservazioni diciamo empiriche.
Mi ha liberato da una paturnia che rimestavo dentro da mesi e m’immaginavo raccontare a un analista assieme al sogno che faccio di una con i piedi a candela che suona il violino e poi entra il Gabibbo ed è tutto seppia.
Quando dico che vado a vedere il Milan mento sapendo di mentire. La verità è che vado a vedere un Milan Nominale in attesa che arrivi una piaga d’Egitto a sterminarli quasi tutti (quella dei tafani, quella delle ulcere) oppure, per restare in tema biblico, di assistere a un segno divino che significhi ‘Vabbé vi ho punito abbastanza, ci vediamo fra altri trent’anni: rieccovi, non dico un Milan Da Incorniciare Nel Cuore, ma almeno un Milan Dignitoso’.
Sono mesi che rimpiango gente come Poulsen e Materazzi, evoco inutilmente Pepe dal Real e tutti i centrocampisti e difensori macellai, fabbri ferrai, taglialegna del passato e del presente, perché se uno dei ‘nostri’ prende una pallonata o un entrataccia assassina, un dito nell’occhio, un calcio nelle palle il mio primissimo pensiero non è ‘Arbitro!’ ma ‘Daje! Menaje!’.
Mi sorprendevo a canticchiare ‘Milan Milan vaffanculo’ mentre mi lavavo i denti al mattino.
Fino a Milan-Parma.
Nocerino entra su Essien e parte il coro ‘Picchia duro facci un gol!’
Gli avesse sparato, insieme al non esultare al gol, sarebbe stata standing ovation. Di quattro gatti, vero, perché non è un bello spettacolo comunque. Ho pensato, ma dai. Subito dopo che questi qua, i ‘giocatori’ il nostro respiro di odio lo sentono sul collo (anche se alla Scala ho visto baritoni trattati molto peggio). Lo sa Abbiati, l’unico non fuggito in tana al fischio finale di Milan-Lazio, Coppa del Nonno – la nostra Champions! – ha alzato le braccia come quelli che escono dalla macchina dicendo ‘Lo so, pardon’ dopo che non hanno messo la freccia e tu gli sei quasi entrato nella portiera, e hai visto la vita passarti davanti.
Lo sa Bocchetti, arrivato da due giorni e sembra i bimbi delle scuole calcio che hanno paura del pallone. Lo sa Montolivo. Non l’ho mai digerito, mette la faccia da segretario vaticano solo per la nivea for man, mi ricorda i pallidi segaioli che piuttosto di farti copiare a matematica tiravano su la muraglia cinese ed è prevedibile quanto le zanzare ad agosto. Però non ci credo che non sappia stoppare una palla. Lo sa pure Honda, Quesquè. Arriva sempre nell’inverno del nostro scontento. Già me lo immagino sempre seduto in disparte, separato da un nipponico isolamento culturale. Ci ha messo un anno per dire in società che il suo nome non si pronuncia ‘Cheisuche’, ma che li vogliamo morti lo sa.
Non è la felicità, eh, diciamo che è un filo consolatorio. Chissà, magari a San Siro qualcun altro pensa come me che è lì per gli amici, per la birra, per scappare dalla donna, per distrarsi, ma anche perché è il nostro Milan e non possiamo lasciarlo a loro.
“Chissà, magari a San Siro qualcun altro pensa come me che è lì per gli amici, per la birra, per scappare dalla donna, per distrarsi, ma perché è il nostro Milan e non possiamo lasciarlo a loro.”
Parole sante.
A proposito di spari ed Essien vorrei ancora ringraziare lo sconosciuto spettatore del secondo verde che a un passaggio in profondità sbagliato dal ghanese gli ha urlato
“Ringrazia che non ho una pistola! Uomo senza dignità, Ringrazia che non ho una pistola!”.
Credo sia stato un grande momento di ilarità per me e per tutti e 4 i gatti che erano intorno a me.
Grazie.
Un genio in primo blu ha urlato ‘Cerci, sei una mucca!’. Ma il massimo è stato uno dietro di noi durante Milan-Lazio ha scaricato due minuti di sindrome di Tourette, poi ci giriamo ed è un attempato signore con in testa un cappello a forma di orsetto polare con tanto di zampine legate sotto il mento. Lo stadio è straordinario! 😀
leggevo e mi torneva alla memoria Gozzano e le sue immortali buone cose di pessimo gusto. Il pappagallo impagliato, il busto di Alfieri, i Ray ban di Honda, le scatole di caramele vuote, il dopobarba di Montolivo.
Crepuscolari ironici, più tu di Guido, direi.
Applausi e ammirazione.
Ho letto il tuo commento via mail wordpress ieri e mi ha reso molto felice. Ci sono complimenti che sembrano pacchi regalo con dentro la bomba. Dichiarazioni di stima per la scrittura all’esterno, svista colossale sul tuo intento all’interno, ed essere fraintesi è peggio che essere disprezzati. Il paragone con Gozzano mi commuove perché il mio atteggiamento nei confronti delle cose è proprio quello (e non ho mai sopportato i D’Annunzio :)). Grazie, lo dico davvero con il cuore.