Le Pagelle Che Non Lo Erano: Lazio-Milan 0-3

In questi giorni Netflix ha mandato in onda il film italiano più atteso della stagione, una pellicola ispirata da un artista infinito, Tommaso Paradiso: un uomo che secerne Làzzzie da ogni poro della sua faccia da cagnone (ovviamente, quelli lasciati liberi dalla sua barbisa malinconica). Stiamo parlando ovviamente di Sotto il sole di Riccione, omaggio alla santa voglia di cretinismo che gli italiani di ogni generazione rivendicano con giusto orgoglio. E noi, in omaggio alla stagione ma soprattutto all’autore della canzone omonima, capace di cercare la mascotte della squadra anche sul bagnasciuga dell’Adriatico (“Cerco in mare / un’aquila reale”), useremo per le Pagelle Senza Voti di Lazio-Milan le frasi più significative dell’opera piena di sbarazzina gioventù. 
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Donnarumma – “Ehi, bro”.
Anche quando la Lazio ci prova, non è chiamato a particolare interventi. Puntuale nell’uscita pazzoide di pugno del secondo tempo, che la gente ormai si aspetta e degusta come gli scleri da scardinato di Mario Giordano su ReteQuattro.
Conti – “Bella, frà!”.
Ci sono ancora un bel po’ di incertezze, ingenuità e imprudenze, ma i passi in avanti sono vistosi e ormai quasi non ci speravamo più. Importantissimo nel secondo tempo quando su un contropiede agghiacciante, azzecca il tempo del fuorigioco.
Kjaer – “È arrivato Flemma”.
Quando la Lazzzie butta dentro palloni, lui signoreggia e smista con sicurezza stupefacente – specie quando ripensiamo a cosa si sarebbe inventato il sempre sovreccitato Musacchio.
Romagnoli – “Ehi, bro”.
Non vogliamo illuderci più del dovuto, ma con Kjaer di fianco sembra libero di far venir fuori certe cose che prima svanivano nell’angoscia di salvare una barca piena di buchi. Non viene nemmeno ammonito quando entra spericolatamente su Lukaku – gli sono arrivati cartellini gialli per molto meno.
Theo Hernandez – “Le ragazze si dividono in due categorie. Le carbonare senza panna, e le carbonare con la panna”.
Per una volta, più importante come difensore (un suo recupero in area su Correa ci ha ricordato gente che non nominiamo invano) che come pistone d’attacco, dove si mangia certe cose da mangiarsi le scarpe. Poi va beh, la sua cavalcata in avanti coast to coast con triangolo con Rebic entra nel dvd dei migliori momenti di calcio milanista degli ultimi cinque anni. E qui ci fermiamo prima che un plotone di ghignosi insinui che quel dvd dura tre minuti.
Kessié – “Bro, sei uscito dalla friendzone”.
Messo come un wurstel tra quelli che devono difendere e quelli che sanno giocare il pallone, risulta di un’utilità sbalorditiva. Non ricordiamo suoi errori, e ne siamo frastornati.
Bennacer – “Ehi, bro” (…non è colpa nostra, nel film non si dice molto altro)
Non ruba l’occhio ma riesce a semplificare e velocizzare una manovra come quella milanista che è pachidermica da troppi anni. Non per criticare, eh, ma nelle nostre fantasticherie erotiche c’è quella di vederlo tirare verso la porta. Possibilmente, dentro la porta.
Saelemaekers – “Io qualche giorno fa non sapevo cosa fosse l’amore”.
Ricordate quando ha esordito a San Siro, e in cinque minuti senza fare assolutamente niente ha infiammato gli spettatori? Oggi sappiamo che il pubblico non era completamente andato: si stava portando avanti, perché intuiva paragnosticamente che non avrebbe potuto farlo adesso che avrebbe senso.
Bonaventura – “Questo biglietto, vale per tutte le lettere che non ti ho mai scritto. A proposito, sei sempre la più bella”.
Okay, questa non è da Sotto il sole di Riccione ma da suo zio Sapore di mare; ci serve per esprimere lo struggimento nel vederlo ancora importante e tuttavia saperlo destinato ad altri. Non è un caso se entra in scena soprattutto quando la Lazio ha quasi ceduto (buon tiro da fuori area, assist a Rebic) – però gli va dato atto di aver tenuto settanta minuti, e per di più in questi giorni in cui si gioca a nastro.
Calhanoglu – “Sei esattamente come t’immagginàvo”.
Sì, c’è stata una deviazione sul suo tiro. Ma quel numero sulla sua schiena composto da 1 e 0, sembra sempre più un dieci e sempre meno un irridente “uno zero”.
Ibrahimovic – Sono stato un grande pleiboi”.
Si dosa, comanda, sbraita, segna finalmente da un metro (ma era in fuorigioco), va più volte sulla mediana – tra l’altro, vicinissimo alla panchina, forse per stare vicino al frigobar – rischia la vita sul rigore ma gli dèi spingono il suo pallone in porta. Ha sempre il suo peso. Ad Hammarby saranno contenti.
Paquetà – “Secondo me, s’hai paùra di perde, aa’’a fine non giòchi bbbéne”.
Gli devono aver detto che i suoi settanta tiri contro la Spal sono stati un tantino troppi, quindi invece di elargirci i suoi firulì firulà mette in campo corsa e contrasti. Non ci siamo ancora, ma ci siamo un po’ di più.
Rebic – “Sei un pazzo zio, mi piaci un sacco”.
Spalato (Split) è una città di una bellezza ai limiti del bullismo: ci sono un sacco di cose da vedere, e una costa che pare dipinta. Nonostante questo, siamo convinti che da qualche parte in quell’apoteosi di Mediterraneo ci sia una zona buia e preoccupante, tipo il cupissimo manicomio di Arkham nei pressi della Gotham City di Batman. Ante Rebic deve per forza essere uscito da un posto del genere, ci pare di vederlo mentre per anni se ne sta in piedi in una stanza imbottita a fissare la parete con la stessa espressione che ha dopo che aver segnato quei suoi gol che sembrano facili, o dopo aver fatto un numero da funambolo a saltare il difensore, o dopo aver tentato (senza nessun perché) un’altra delle sue entrate kung-fu su un avversario a centrocampo. E non vogliamo certo insegnare il mestiere a Netflix che con Sotto il sole di Riccione ci ha gratificati di un doveroso omaggio al nostro cinema più eccelso – però, avremmo in mente un film anche noi. Cercate di immaginare anche solo le scene iniziali: buio. Buio. Violinacci stridenti alla Hans Zimmer (nel buio). Buio. Slam! Qualcosa che sbatte in lontananza (e nel buio). Ancora buio. Luce, e primo piano all’improvviso su due occhi vitrei e glaciali! Poi, buio. Slam! Di nuovo. Ma cos’è che sbatte, cos’è che succede, è una porta? Violinacci stridenti, titolo enorme bianco su nero: …“ANTE”. Di nuovo buio, voce lugubre: “Ora sai perché la tua porta è così scossa”. 

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