“Una partita di calcio è come un mese di vacanza”.
Più che una frase, questa è una brezza dal mare.
Non vi dico chi è l’autore perché è un mostro sacro e sto per aggiungere che mai come in questo particolare momento della mia storia personale e soprattutto della mia storia di milanista, una similitudine partita di calcio-mese di vacanza mi è sembrata, perdonatemi se ricorro al turpiloquio, una stronzata colossale. Ammesso che si riferisse esclusivamente al calcio giocato da lui con i suoi amici, io, dal 30 di agosto, data dell’acquisto biglietto prelazione per gli abbonati a oggi, sto guardando al derby che viene come si guarda a un lunedì lavorativo previsto dopo un lungo e spensierato weekend di sbornia amorosa.
Quando l’eticketing mi ha inviato la mail di conferma, ho avvertito una lieve contrazione, lì, in mezzo al budellame, dove si trova la sorgente segreta dell’attesa dell’imprevedibile. Solo per un attimo. Subito dopo è arrivata la sgradevole sensazione di dovere, di sbattimento inevitabile da affrontare, cui rassegnarsi più che un evento imprevedibile, e tanti, ma tanti, scongiuri da fare.
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Un po’ come quando hanno annunciato il ritorno di Balotelli e ho pensato: ‘Figa che palle, adesso ricominceranno le smargiassate made in Mario, i titoloni anche quando si scaccola e le disquisizioni interdisciplinari sul come mai è fortissimo ma non si impegna, e cosa questo voglia dire per davvero – Dio, cavami gli occhi e strappami le orecchie, o fa che stia zitto, che giochi e basta.’
Non potevo aspettarmi che i media ignorassero il derby. Infatti, l’hanno spinto neanche fosse un disco di Eros Ramazzotti uscito sotto Natale.
Però una parte di me sperava che qualcuno dei nostri, fra quelli che contano, credesse nel low profile, nella testuggine, nel bunker, nel no comment o quasi, se non da un punto di vista metodologico almeno per banale scaramanzia. Dopotutto giochiamo fuori casa contro una squadra più forte della nostra e sulla carta, la nostra miglior chance è che Mancini s’incasini la vita da solo.
Macché.
Il Milan, zitto, non è rimasto mai. Prima il clan dei nazionali falliti contro l’allenatore – tipo lamentarsi dello sciopero dei mezzi quando piove e neanche usi i mezzi – poi tre dichiarazioni al giorno, E poi bella la messinscena finale per promuovere Casa Milan, liquidare Galliani vox populi e in generale, farci capire che il calcio è l’ultima cosa al quale la dirigenza sta pensando. Come comunicano loro, nessuno mai. Neanche a dire ‘Ci avete preso in giro, brutti bastardi’. Più chiari di così! C’è il museo con le coppe sotto teca, andate al museo, per ingannare l’attesa.
Meno male che l’odio per le Merde è sempre lo stesso, immutato e genuino. Anche se ti distrai un attimo, te lo portano loro. Si offrono volontari. Sono due settimane che dove lavoro, uno che il padre ha chiamato Walter proprio in onore di Water, non mi saluta più con un: ‘Ciao!’ – ma passa direttamente al: ‘Vi rompiamo il culo!’ anche se l’unica risposta che ho dato alle sue provocazioni è stata un bel sorriso e il mulinello con la mano, tipo ‘Ne parliamo poi.’
Quel parlarne poi è il motivo per cui tocco ferro e prego che a furia di ripetere a macchinetta e in coro: ‘Proveremo a vincere per i tifosi’, i giocatori, i nostri, ci provino davvero, tipo autoipnosi (o è il training autogeno? O è la stessa cosa?). Sarebbe incredibilmente emozionante e imprevedibile schiantare in faccia a Walter un bel dito medio. E nel caso, potrei raccontarvi se mi è sembrato come un mese di vacanza.
Non è da escludere.