Intanto, premessa. Due parole. “Titolo gratuito”. Ecco, tanto per chiarire. Posso dire che mi hanno offerto un risotto con le carote (riscaldato). Che ho gentilmente declinato. Il talent amichevole coi critici – a loro volta amichevoli con lui – è decisamente un altro, non faccio nomi (…solo aggettivi).
Il giornale mi ha chiesto di andare a X Factor e io penso sia giusto. Né io né il giornale abbiamo preclusioni nei confronti di alcun genere musicale, anche se io soffro tantissimo lo ska. Tutti i generi hanno dato un contributo grandioso in termini di arte e divertimento al pianeta. Certo, poi il rock’n’roll, il rochenrooool (cfr. Elio & le Storie Tese) in questa fase della Storia è sotto schiaffo, schiacciato da altri generi molto più cool e per qualche motivo più efficaci, sicuramente più in sintonia con le nuove generazioni: è il tipo di cosa che si accetta così come va accettata la fase in cui la propria squadra per un po’ non vince (o non riesce a rubare). Ci sono i cicli, nella musica come nello sport.
Eppure, mentre ero lì che mi preparavo a pontificare per l’XtraFactor, e guardavo sfilare, sul red carpet stellato della grande X, tutti gli altri generi o quasi, dal pop al dubstep, dal rap alla dance, dalla canzonedautore all’r’n’b, ho sentito crescere in me la sensazione che la festa non stesse riuscendo poi così bene. Che le scelte dei quattro Savi, Morgan Fedez Cabello Mika, rispecchiassero il gusto del pubblico contemporaneo, sì – eppure mancava proprio il famoso fattore X.
E lì ho capito, folgorato sulla via del rochenrooool come dice Bono in The Miracle of Joey Ramone. Avevo voglia di due bordate di chitarra. E non delle ballatone di Green Day e Coldplay con cui probabilmente si pensava di aver “coperto” il genere. No, avevo voglia di un tizio che brancasse il microfono ragliando A-wop-bom-a-loo-mop-a-lomp-bom-bom oppure Heyhey mam’ I said the way you look gonna make you sweat eccetera. Mancava l’energia stupida ma generosa, completamente non calcolata del rock. Quella cosa che è stato il più grande, indiscutibile fattore X degli ultimi cent’anni di musica, che ha permesso a gente che avrebbero buttato fuori da qualsiasi talent di “arrivare”, di venirci addosso come un camion.
Potrei chiamarlo il miracolo di X Factor. E forse, naturalmente, riguarda solo me. Però, ecco, da ieri sera io – pur continuando ad apprezzare hip hop, dance, pop – rivaluto il potenziale del vecchio balordo genere per cui stravedo da quando, bambinissimo, misi sul piatto un vecchio 33 giri di mio padre, con la copertina esagonale (!), con la enigmatica scritta THE ROLLING STONES. E mi arrivò addosso – come un camion – quella roba lì che vi dico, senza pose hipster, senza chitarrine indie da universitari, che ve le romperei sul coccige mondocano, senza gnagnere depressoidi. No: “I’ll shout and scream I’ll kill the king I’ll rail at all his servants”.
Poi, ripeto: senza gli altri generi non potrei stare, penso che una dieta completa sia fondamentale per la salute. Ma quando si parla di fattore X, io credo di sapere dove sta di casa. E da ieri sera lo so più di prima.