‘Ah! L’odore di bernarda pisciata!’ ha esclamato tutto contento un mio amico a San Siro, domenica sera contro la Doria, passando di fianco ai cessi della Sud, che per igiene non hanno niente da invidiare alla toilette peggiore di Scozia in Trainspotting. Eravamo quattro o cinque dei nostri e stavamo tornando ai posti in fila indiana, con tre birre a testa, i pollici ne reggono una, gli indici le altre due. Siamo tutti scoppiati a ridere. Io ho buttato un: ‘Daaaaai!’ finto rimprovero, e ci siamo scambiati un gran sorriso.
Mancano ancora un po’ di giornate da giocare ma è da gennaio che ho mollato la speranza in un cassetto. Per la precisione da Milan-Lazio di Coppa Italia, quando Montolivo non ha stoppato una palla che neanche un bambino avrebbe lasciato uscire in fallo laterale. Sempre disprezzato Montolivo. Mai voluto. Ho riso per mezz’ora quando mi hanno raccontato che a Firenze lo chiamavano ‘Lady Oscar’, in onore del suo pallido appeal metrosexual Don Babbeo. Però, che non sappia stoppare una palla, non ci credo.
Non ho smesso di andare a San Siro. Toh! Ho aumentato la birra che bevo prima e durante la partita, come lo stereotipo di casalinga disperata anni 90 raddoppiava le dosi di valium, quando scopriva che il figlio bucava. Aspettavo giusto qualche sfida e, ovviamente, il derby.
Non pizzicherò le corde del vostro cuore rossonero raccontandovi in dettaglio i bei tempi che furono. In queste condizioni, oltre ad essere grottesco e molesto, potrebbe pure portare sfiga.
A Milano, durante questa settimana di vigilia, ha girato un brutto refrain, costellato di ‘ormai’. Posso comprendere i motivi- squadre scarse, futuro incerto, finale di Champions in casa l’anno prossimo e noi anche questo giro restiamo a casa, nel senso che manco ce la possiamo sognare, neanche per un paio di mesi – mettiamo che sia pure colpa del Salone del Mobile, il Fuorisalone, lo stress, il raffreddamento del clima, ma non condivido.
Che vogliamo fare domenica sera? Ci spiaggiamo in massa come le balene? Cianuro nella Moretti per tutti e lasciamo la città ai maledetti gobbi contenti e fetentoni? ‘Ormai’ un paio di balle! Il derby è il derby, anche quando in palio c’è il Cucchiaio di Legno!
Io, tesa, son tesa. Sono sul pezzo. Per scaramanzia congenita mi limiterò a farvi capire il motivo, senza descriverlo per intero: avete presente quando, nel bel mezzo di un derby, compare la classifica sul led? Ecco, ci siamo capiti. Già solo a pensarci, ho le vertigini.
Mi hanno fatto notare che contro la Samp, ‘i giocatori’, o ‘quelli che ancora si fanno convocare’, calzavano scarpini di colore diverso a seconda della posizione. Bianchi i terzini e Bonaventura, gialli le punte, blu il playmaker, arancione i centrocampisti e i difensori centrali, è stato un caso o lo rifaranno? E’ marketing per gli asiatici o è un metodo di Inzaghi, tipo ‘Impariamo a stare in campo con i colori delle scarpe’? Perché ve lo dico, non è capace, è evidente, e quando Galliani dice: ‘Se fa bene, resta’ ho una sincope, ma se lo incontrassi per strada, Pippo, lo abbraccerei lo stesso, come un fratello, magari pensando ‘vattene’. Non molla mai, neanche fosse il Capitano del Titanic o l’orchestra del Titanic. E lo sanno tutti come va a finire il Titanic con Capitano e orchestra ancora sopra.
Credo che se fra cinque, dieci, quindici anni, ripenserò ai magic moments di quest’annus horribilis, mi verranno in mente giusto le birre bevute, le stronzate che mi hanno fatto ridere allo stadio e l’affetto paradossale, che non ho smesso di provare, per Pippo Inzaghi. E’ l’unico dei ‘nostri’ con cui sento di avere qualcosa in comune.
Ho giusto un’ultima richiesta da fare a chiunque stia lassù (a chi sta quaggiù e scende in campo, ho rinunciato): almeno battere le Merde, almeno quello.
Almeno il derby.
(cazzo!)