“Pupi siamo, caro Signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo.
Pupo io, pupo lei, pupi tutti” (L. Pirandello, Il berretto a sonagli)
Le Pagelle Senza Voti di Palermo-Milan, in omaggio alla tradizione del capoluogo siciliano, vedono i nostri paladini paragonati ai Paladini per eccellenza, quelli del teatro dei pupi. Certo, ieri ci sono sembrati manovrati un po’ così, e non precisamente efficaci per la causa del Cristianesimo, visto quanto si è sentito in molte case di milanisti.
Donnarumma – ANTINISCA
Biancorosea, dagli occhi grandi e lontani, di labbra liete – “Oh veramente”, sussurrava la folla “é degna costei, superba e bella com’è, che si muoia d’amore per lei” (da Guerrin Meschino, Gesualdo Bufalino)
Per una volta non fa miracoli, anche perché, come in occasione del gol, i nostri difensori sembrano cercare di mettere i giocatori del Palermo in condizioni di colpire a botta sicura.
Abate – MANDRICARDO
Re di Tartaria. Mentre sta sfidando Orlando, il suo cavallo dà di matto e lo porta lontano, interrompendo il duello e mettendolo in un certo imbarazzo; quando invece duella con Rodomonte, viene interrotto da un messo del re; quando poi incontra Marfisa, tenta di rapirla, ma lei ha sentito parlare del suo palmarés, quindi lo sfida a duello – e infatti anche stavolta il duello deve essere sospeso per cause di forza maggiore. L’unico che riesce a superare in duello è (…che ci crediate o no) uno che si chiama Zerbino. Probabilmente in occasione di quella buona chiusura nel primo tempo, se ve la ricordate. Ma per il resto, sembra ormai definitivamente entrato nella mentalità della riserva.
Paletta – ORLANDO
Il più valoroso tra i paladini, anche se “porta una torva guardatura” (in genere il suo pupo è strabico). Gli tocca spessissimo rotear Durlindana, la spadona che nell’elsa ha un dente di san Pietro, sangue di san Basilio, capelli di san Dionigi, un lembo di veste di Maria Vergine – probabilmente giocavano nella squadra avversaria e glieli ha strappati con le cattive.
Romagnoli – FERRAU’
Può essere ucciso solo se colpito all’ombelico – attorno al quale giustamente mette una specie di cassaforte. Orlando ingaggia con lui un duello di tre giorni contenente una discussione teologica come nemmeno Selvaggia Lucarelli ed Enzo Miccio; alla fine, sentendosi a suo agio, Ferraù ammette (con discutibile sagacia): “Sono incantato nell’ombelico ma non te lo dico”. Al che Nestorovski lo punta e lo infila sullo scatto.
De Sciglio – TURPINO
Come l’Arcivescovo con l’hobby della pugna, dà un buon contributo fino a quando la situazione non precipita nel secondo tempo; ma quando a Roncisvalle i Saraceni incalzano, lui pensa bene di procurare acqua benedetta per confortare i moribondi (venendo abbattuto mentre si dedica all’utile compito).
Kucka – GANO DI MAGANZA
Cognato di Carlo Magno, come ogni cognato non fa che seminare zizzania. Di fatto, è il grande, inaspettato traditore della partita. E i segnali si vedono fin dai primi minuti, sia in Kuco che in Gano – che è figlio di un traditore, zoppo, sfregiato, coi baffi all’ingiù e ha un pipistrello come emblema, insomma tutto in lui grida “Sono un fetuso”, e nonostante questo Carlo Magno, Dio lo benedica, lo ritiene un bravo picciotto e lo manda in campo tranquillo. Poi quando la retroguardia viene infilata a causa del tradimento, Carlo Magno, amareggiato, lo fa squartare in piazza e bruciare – Montella si limita a richiamarlo in panchina. Ma certe partite giocate praticamente in campo avverso sono diventate una strana, inquietante ricorrenza per il nostro slovaccone.
Locatelli – GRADASSO
Re saraceno dotato, secondo il Boiardo, di forza favolosa, e favolosamente incline a vantarsene. Nella fase centrale della partita, commette troppi errori e getta palloni come se fosse invulnerabile. Non lo è ancora.
Pasalic – RINALDO
Beniamino del pubblico, è di pasta diversa rispetto a suo cugino, l’ombroso Orlando: è guascone, elegante e femminaro – ma un po’ obnubilato da se stesso: dimostra troppo poca cattiveria, sia nelle due epiche incursioni in area nel primo tempo, sia quando potrebbe arrivare primo sulle palle vaganti. Non dispiace, ma si renda conto che attorno a lui c’è gente che rischia la vita: noi.
Suso – MALAGIGI
Rapito in tenera età dal mago Merlino, magheggia un po’ anche lui nel primo quarto d’ora (gol) e nell’ultimo (due occasioni grosse, e il tiro dal quale nasce il gol di Lapadula). Nel resto della partita, appare e scompare per sortilegio maraviglioso invero.
Bonaventura – BRADAMANTE
Nervoso come quando subisce troppi falli o quando le cose non gli riescono. Così, tutto ciò che ha dentro di bello gli esce un po’ come alla guerriera sorella di Rinaldo, la quale esprime il proprio amore per Ruggiero tentando tutto il tempo di affettarlo con la spada. I due, per dare il colpo di grazia alla relazione, si sposeranno.
Bacca – CARLO MAGNO
Svanito e senescente, non ne combina una giusta – eccetto un tiro ben piazzato sul quale Pasalic dovrebbe essere più reattivo per il tap-in. Tapino lui, che da re che era, sembra sempre più vicino a uscire dal nostro teatrino.
Mati Fernandez – ENZO GHINAZZI in arte PUPO
Contributo artistico discutibile, ma mette di buonumore.
Poli – ANGELICA
Essendo bedda assai, viene mandata in Francia per creare scompiglio tra i Paladini. Compito che svolge egregiamente. Il problema è che i Paladini in teoria saremmo noi.
Lapadula – ASTOLFO
Avventuriero attratto dalle donne, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese, sembra capace di tutto: sia di confondere una balena con un’isola, di farsi trasformare in mirto (sì, un mirto) che di salire sulla luna a cavallo di un ippogrifo e con un colpo di tacco restituire il senno al Milan. E speriamo anche a Montella che lo ha tenuto fuori forse più del dovuto.