Quest’anno ci eravamo ripromessi di abbandonare la tradizione delle PagelleSenzaVoti, che legava i giudizi alla città dei nostri avversari. Ma in questa occasione avrebbe significato fare un torto alla Spal e alla città emiliana, ragion per cui eccezionalmente riesumiamo quella modalità passando in rassegna i non pochi ferraresi di chiara fama.
Nel suo film non succede moltissimo, anzi a dirla tutta l’azione è ridotta al minimo – eppure, i critici escono dal cinema inneggiando entusiasti.
Abate – DARIA BIGNARDI
Dirige giornali, dirige reti Rai, scrive romanzi, presenta trasmissioni culturali, presenta trasmissioni di melma (Grande Fratello, La Fattoria), prova a tirare, a crossare, a difendere, ad attaccare. Non si capisce se c’è qualcosa che sappia fare bene, ma non c’è dubbio che con le buone o le cattive finisca sempre per trovare un posto in campo.
Rilassato e spensierato come l’affabile commentatore che annunciava crolli in Borsa, ribassi rovinosi o eccessi di rialzo come se nulla di quanto succedeva intorno a lui potesse turbarlo – in chiaro contrasto con l’apprensione suscitata negli spettatori ogni volta che la telecamera si accendeva su di lui o era semplicemente annunciato in formazione.
Bonucci – GIROLAMO SAVONAROLA
Romagnoli – VASCO BRONDI in arte LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA
La voce della depressione. Però va apprezzato il modo in cui in una serata borghese e compiaciuta, ha il coraggio di essere alternativo e affermare il suo disagio con un provocatorio, irriducibile cartellino.
Rodriguez – LUDOVICO ARIOSTO
Il suo calcio è donne, cavalier, arme e amori, è pieno di ippogrifi e scontri campali, impeto e passione; è lui a costringere Gomis all’errore e a realizzare il rigore del vantaggio. Molto probabilmente sarà una delle pedine cruciali della letteratura montelliana.
Noi abbiamo votato perché diventasse ministro di questa squadra, ma sembra non prenderci proprio mai.
André Silva – CARLA BONI
In competizione con Nilla Pizzi per il ruolo di punta nella canzone italiana fin dalla vittoria a Sanremo 1953, ha però legato il suo nome alla canzonetta giuggiolona Casetta in Canadà, che non è la nostra idea di partita di sostanza. Speriamo sia solo questione di spartito.
Kessié – ITALO BALBO
Marcia come un gerarca sugli avversari – che non costituiscono una vera e propria opposizione – poi diventa l’emblema della nostra aviazione, decollando in territorio avversario e portando eroicamente a compimento la missione dal dischetto. Gradualmente la sua personalità inizia a prendere il volo a centrocampo; speriamo che a differenza del generale non venga abbattuto dalla nostra stessa contraerea (ehm, ops).
Biglia – GIORGIO BASSANI
Elegante, moderato, proustiano, può non piacere a Feltrinelli e ai giovani intellettuali del Gruppo 63 (quelli che oggi chiameremmo capiscers) contrari al suo acquisto e favorevoli a prosatori più dinamici, ma a libro concluso non si ricorda una parola o un passaggio azzardato.
Kalinic – BEATRICE D’ESTE
Diventata un po’ inaspettatamente Duchessa di Milano, sfrutta la sua posizione lucrando un rigore – ma è lecito insinuare che i grandi talenti che le ruotano attorno, i Da Vinci, Bramante, Correggio rossoneri non la immortalano come meriterebbe. Leonardo, addirittura, fa un ritratto di sua sorella come se preferisse ignorare chi partiva titolare.
Suso – GUERCINO
Anche contro la Spal il suo pennello pare inseguire simmetrie tutte sue. Incidentalmente, a Ferrara erano attivi anche il Boccaccio Boccaccino, l’Ortolano e lo Scarsellino. In generale bisogna dire che fare il pittore in Italia dava grandi soddisfazioni a partire dai soprannomi – il Piccio, l’Orbetto, il Pitocchetto, il Dentone, il Bamboccio.
Bonaventura – VITTORIO SGARBI
Tanta sapienza ma anche tanta difficoltà nel controllarsi: entra e la smania di distinguersi dai compagni intorpiditi che giocano come CAPRE! tende a pregiudicarne il contributo culturale.
Locatelli – FOLCO QUILICI
Entra per pochi minuti, a interpretare uno dei due protagonisti del documentario più onnipresente del secolo scorso: Tikoyo e il suo pescecane. Forse è il caso di aggiungere “Non alludiamo a Tikoyo”. Ma forse no.