È stato l’argomento più inevitabile e frastornante degli ultimi quattro giorni. Chiedete a chi volete, anche a chi non si intende di calcio (se non conoscete nessuno che sia completamente impreparato in fatto di calcio, scriveteci in privato e vi segnaleremo tre-quattromila opinionisti calcistici). Ma visto che è durata quanto una serata finale di Sanremo – 48 ore pulite pulite – non possiamo aspettare che svanisca del tutto dalla nostra memoria, perciò ci affrettiamo a dedicare delle Pagelle Senza Voti alle squadre protagoniste della SuperLega. Dopo tutto, sono state le 48 ore di quest’anno in cui ci siamo sentiti più sicuri di essere tornati tra le grandi d’Europa. Poi però.
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Donnarumma – NAPOLI
Non coinvolto direttamente, tranne quando ribatte di piede la prima delle tre-quattro occasioni del Sassuolo, quella su Boga. A parte un doppio salvataggio a partita quasi finita, che ci salva da un terzo gol, fondamentalmente assiste da invitato. Il che non lo sottrae a un po’ di insulti riguardanti soldi e manfrine – mica avrà creduto di cavarsela senza una macchia, furbastro.
Calabria – ATLETICO MADRID
Ci mette il piglio, ci mette la personalità, ma non è ancora pronto e si vede. Un po’ perché convalescente, un po’ perché rappresentante del popolo, forse dovrebbe uscire prima degli altri. Invece gli viene chiesto di rimanere fino in fondo. Ovviamente non perderà il rispetto. Ma la partita sì.
Tomori – REAL MADRID
Kjaer – BARCELLONA
Ultimamente sembra sfigato, come quando va in attacco e prende la traversa o mette di poco fuori; stavolta la palla prende tre tibie diverse prima di ritrovarsi davanti all’uomo in attesa a centro area, sul quale non riesce a chiudere. La squadra va in barca, e lui sa perché: prendiamo gol di… No, non di Messi. Cioè, magari.
Dalot – MANCHESTER CITY
È difficile prenderlo sul serio, siamo cresciuti nell’ammirazione di ben altri nomi – ma per una volta, tocca ammetterlo, sembra fare le cose per bene dal primo all’ultimo minuto – e detto con inevitabile amarezza, non fa rimpiangere l’ultimo Theo Hernandez. Salva la situazione sulla seconda delle quattro occasioni del Sassuolo. Ma abbiamo la netta sensazione che dopo le ultime 48 ore, per diversi motivi, lui e il City siano più vicini tra loro di quanto non siano vicini alla Champions.
Kessiè – MANCHESTER UNITED
Decisamente non brilla come una volta. C’è un problema di spremitura, ma anche di lettura della partita: siccome il Sassuolo dello stratega De Zerbi, strategicamente costruisce pochissimo, al nostro centrocampo nei primi 70 minuti di partita non viene richiesto uno sforzo particolarmente intenso, il che mette il Presidente nella strana posizione di provare a fare il Bennacer, ma è come quando Noel canta i pezzi che ha scritto per Liam.
Meité – PSG
Non è il tipo che si vorrebbe invitare in una congrega di eletti, perché proprio non ne ha titolo, e infatti sta in questo elenco proprio come Meité sta in squadra: giusto per fare numero. Però è vero che quest’anno, proprio come il club parigino, si sta ritagliando un ruolo da protagonista, in parte grazie al fatto che chi comanda ha un debole per lui. Come Pioli, che lo preferisce a Tonali: si sa, l’accento francese seduce sempre. Non si comporta neanche così male, anche se da quando lo conosciamo non ha mai fatto niente di memorabile.
Saelemaekers – MILAN
È il più adatto a rappresentare quello che siamo in questo momento: si sbatte, ci prova pure, ma gli manca la stoccata, la convinzione, forse l’arroganza. Però a un certo punto viene proprio a mancare dal campo, e a noi manca una spiegazione.
Calhanoglu – CHELSEA
Nessuno, specie di questi tempi, gli riconosce prestigio e carisma da leader, ma è lui a prendere in mano la situazione, con un gol fantastico – praticamente, si crea un tiro da fermo in area, una punizione battuta a giro che rientra dopo aver percorso Consigli dalla punta dei piedi alla punta delle dita. Quando esce, tutti gli altri gli vanno dietro ed escono dal campo.
Rebic – LIVERPOOL
Si sfianca in avanti e all’indietro, non si capisce praticamente mai con Leao, si innervosisce e non riesce a raccogliere quanto vorrebbe. Esce anzitempo e forse non lo meritava, ma è anche vero che non sappiamo se sarebbe arrivato alla fine – e si sa che alla fine, in the end, the love you take is equal to the love you make (…ci sta sempre bene).
Leao – INTER
Che pazienza che ci vuole. È irritante, certo: non ci si può far niente, qualcuno nasce così, e se ne compiace immensamente. Poi, è giusto chiedersi se ci siano delle attenuanti – lui è in una posizione che lo mortifica, loro sono in una città che mortificano. In qualche rara occasione mette in mostra delle qualità (il buon aggancio in area, sul quale viene murato, o la discesa che porta a un assist per Saelemaekers). Ma non possiamo dare completamente torto a chi osserva che la sua principale missione sia di esasperare i milanisti.
Krunic – TOTTENHAM HOTSPUR
…Ma veramente? Dai, su. Per piacere. Non è divertente.
Mandzukic – ARSENAL
In disarmo permanente – però bravo a rinunciare a soldi che non merita, così si fa.
Brahim Diaz – ROMA
Perché in ogni festa nei quartieri altolocati c’è quello che non si sa come ci è capitato, totalmente privo di ascendenze nobili, improbabile ma simpatico. E innocuo.
Castillejo – JUVENTUS
Non arriviamo a dire che vederlo fare figure barbine ci mette in qualche modo di buonumore, però in un certo senso non è una cosa che viviamo malissimo: alla fine è questione di vocazione e physique du rôle. E poi diciamolo: se hai grandi ambizioni in Europa, non puoi non sapere fin dall’inizio che nessuno dei due è vagamente credibile.