Cinque anni fa il Duca Alieno Camaleonte Che Cadde Sulla Terra ha pubblicato il suo ultimo disco – e pur di non leggere le recensioni, è morto poche ore dopo: come non capirlo, i critici musicali sono talmente pesanti. Oggi in tutto il mondo David Jones in arte Bowie viene omaggiato, e nello strenuo tentativo di salire sul carro degli hashtag lo facciamo anche noi con le nostre Pagelle Senza Voti, paragonando le prestazioni dei nostri giocatori alle sue hit più celebri, che stamattina le radio saranno costrette a infilare con imbarazzo tra un pezzo di Achille Lauro, uno di J Balvin, e gli altrettanto penosi titoli dei giornali di Urbanetto Cairo. I più prevedibili metteranno Heroes, ma ci sembrerebbe esagerato, in fin dei conti sappiamo bene che questa annata è semplicemente una playlist di brani accattivanti, e che a vivere uno dei loro tanti Golden Years saranno The Supermen di AndonioGonde.
Donnarumma – FAME
Malgrado non sia stata una passeggiata per la sua difesa, lui è quello che con un piglio quasi indolente e funky esce dal campo senza aver fatto troppa fatica, un po’ come questo singolo ideato in un’oretta, che mandò Bowie per la prima volta al n.1 in USA a dispetto degli sforzi fatti per entrare in zona Champions con le più ambiziose canzoni precedenti.
Calabria – FASHION
Era uno scarpone, adesso è un’elegante calzatura firmata, da sfoggiare ovunque senza imbarazzi: ci ritroviamo in mutande a centrocampo? Ma che problema c’è, con lui non ci sentiremo mai nudi.
Kjaer – STARMAN
È sceso tra noi, anime depressone, e ci ha ridato speranza: il suo intervento su Verdi nel primo tempo è Top of the pops, Belotti riesce realmente a buggerarlo solo una volta, con un simpatico tuffino alla Cuadrado al limite dell’area: l’arbitro Fabio Maresca fischia ma non perché sia fallo, quanto per dare una possibilità al genere umano contro un alieno.
Romagnoli – LIFE ON MARS?
“Il film è di una noia deprimente, perché lo ha visto dieci volte, forse anche di più / Vorrebbe sputare negli occhi degli stupidi che chiedono di prestare attenzione”. Molto meglio rispetto alla partita contro i Malavitosi, e risolve anche qualche situazione potenzialmente antipatica, però rimane impresso il cartellino giallo rimediato contro Verdi: la tipica ammonizione che porta a casa esclusivamente per quella mancanza di carisma che ne fa un bersaglio anche per molti tifosi, anche quando non ha fatto nulla di male.
TheoHernandez – REBEL REBEL
Quando partiva, puntualmente il concerto si accendeva – tutti in piedi a saltare. Allo stesso modo, quando parte in quarta da centrocampo per puntare la porta, scardina il Toro centralmente come un riff di chitarra: appoggia a Brahim Diaz, e a quel punto quella che chiude l’azione sembra quasi un’entrata a rimorchio di Leao, hot tramp, zoccolona irresistibile.
Tonali – ROCK’n’ROLL SUICIDE
Il finale melodrammatico di Ziggy Stardust, con il giovane che stanco di non trovare un senso si immola, e in quel momento – come spesso succede a noi giovani – scopre di non essere solo: mentre esce decisamente orizzontale dalla vita, tutti si disperano “No! Non sei solo! Prendi la mia mano! Non importa se lame di coltello ti trafiggono l’anima: gioca contro il Cagliari!”
Kessié – THE MAN WHO SOLD THE WORLD
“Oh no. Non io. Io non ho mai perso il controllo”. C’è da battere un rigore assegnato dopo cinque minuti di proteste, lui lo mette dentro. C’è da giocare a centrocampo contro un arbitro deciso ad ammonire ogni milanista, basta che respiri – lui non si fa ammonire. C’è da fermare Verdi lanciato a un metro dalla porta nei sei minuti di recupero: lui entra in scivolata davanti a Gigio. Si potrebbe persino raggiungere il Nirvana col 3-0 alla fine del primo tempo, ma la sua impressionante somiglianza fisica con Kurt Cobain non è casuale – la sua fucilata su Sirigu è dritta in faccia.
Castillejo – CAT PEOPLE
Gioca una partita sorniona, difendendo soprattutto la nostra ciotola, ma non disdegnando qualche raptus gattesco in avanti, su tutti quello con cui rischia di costringere Sirigu a un gollonzo indotto. Sarebbe gol, se la sua caviglia fosse più larga di quella di un gattyno.
Brahim Diaz – LITTLE WONDER
Uomo-assist fuori area, uomo-penalty in area, uomo-randello nella jungle della nostra trequarti, il microchip spagnolo pensa e calcola in fretta, e finché è in partita fa ballare il Toro; non è chiaro come si sia fatto male, ma ormai abbiamo rinunciato a cercare delle vere e proprie cause per gli infortuni dei nostri, sono talmente tanti che il suo non finirà in un Greatest Hits.
Leao – CHANGES
Hauge – RAGAZZO SOLO, RAGAZZA SOLA
Non è Space Oddity, è la sua versione italiana cringiosissima. Qualcuno dirà che fa una partita di sacrificio, e infatti anche ascoltando la traduzione di Mogol viene voglia di fare dei sacrifici umani.
Dalot – MODERN LOVE
“So quando star fuori. E quando star dentro. E far quello che va fatto”. Si vede che entra con lo spirito di chi sa il fatto suo, ma poi come il protagonista della canzone ammette subito di essere nel panico, e rimedia – e non è la prima volta – un’ammonizione velocissima, peraltro la più giustificata delle settanta prodotte dal Re Mida Fabio Maresca, capace di trasformare ogni nostro spunto in un cartellino.
Calhanoglu – UNDER PRESSURE
Forse si risparmierebbe volentieri l’entrata, ma “In questi giorni non piove: diluvia”. C’è bisogno di riprendere la fascia centrale, e gradualmente dal suo ingresso in poi Rincon e Lukic smettono di sembrare Queen del centrocampo, cosa che obiettivamente era un po’ inaccettabile.
Daniel Maldini – ABSOLUTE BEGINNERS
Iniziamo a sospettare che Pioli lo inserisca per responsabilizzare i ventenni attorno a lui, che vedendolo iniziano a giocare più da adulti e smettono anche di dire le parolacce.
Ibrahimovic – LET’S DANCE
Qualcuno magari si è domandato, ascoltando questa canzone: “Ma cosa significa?”
Qualcuno magari si è domandato (per esempio, il tipo col berretto) vedendolo fare queste mosse: “Ma cosa sta facendo?”
Gente, che domande sono? In poche parole: Let’s dance. In poche parole: Zlatan Ibrahimovic.