Le Pagelle Che Non Lo Erano: Genoa-Milan 2-2

Compleanno in casa della società più antica del nostro campionato: tanta nobiltà in campo, e i nostri sembrano aver avuto un po’ soggezione di tanta Storia tutta insieme. Però poche storie, non siamo stati molto all’altezza della posizione che occupiamo, che anche in classifica resta la prima. Ma la verità è c he i nostri ragazzini hanno voluto fare un carro allegorico dei principali presidenti avvicendatisi in 121 anni di Milan: eccoli svelati nelle nostre Pagelle Senza Voti.
 
Donnarumma – FEDERICO SORDILLO
Regge la baracca in un momento tremendo, come capitò all’avvocato trovatosi a reggere il Milan quando Felicino Riva se la diede a gambe. Avendo come clienti Sindona, “il solista del mitra” Luciano Lutring e Luciano Liggio, sapeva come cavarsela con degli indifendibili, così come Gigio sa cavarsela con degli indifendenti.
Calabria – SILVIO BERLUSCONI
Che grandeur, che carisma, che discesa in campo: si batte sulla destra (eh, beh) e piazza un tiro decisamente unto dal Signore. Ormai ci ha abituato alle cene eleganti, e non vediamo più quei suoi piccoli difetti.
Anzi.
A pensarci bene…
Quali difetti???
Romagnoli – ALBINO BUTICCHI
Come il più tormentato, disastrato e sfortunato tra i nostri presidenti, si ritrova in mezzo ai guai anche quando non è lui a pasticciare – forse solo per ridotta predisposizione alla leadership. Ovviamente, guidare una difesa che cambia al primo spiffero non lo aiuta, però non riesce mai a soccorrere i compagni in crisi, anzi, nel primo tempo su un suo intervento a soccorrere Kalulu il rimpallo favorisce Destro che tira di pochissimo fuori, primo campanello d’allarme non ascoltato. La sfiga lo abbandona solo quando trova di testa l’assist sul gol del ragazzino, come a sottolineare che la nostra difesa funziona meglio in area avversaria.
Kalulu – ANDREA RIZZOLI
Prima da titolare in campionato, e gli dice bene subito: parliamo del gol, naturalmente, perché per il resto Destro, con tutta l’esperienza accumulata in una carriera somara, gli fa vedere i sorci verdi (peraltro animali più piacevoli di lui). Ci auguriamo che la rete, rinfrancandolo dopo una prestazione sofferta, contribuisca a svezzarlo perché a tratti la stoffa si intravvede davvero.
Dalot – FELICINO RIVA
La sua fascia è un buco di bilancio, Goldaniga e Ghiglioni imperversano mentre lui fa la bella vita in Libano. Nessuno pretendeva da DiogoPocoMaDiogo la redditività di Theo, però la sua bancarotta fraudolenta mette in difficoltà molti posti di lavoro – quelli di chi oggi andando a lavorare si imbatterà nel ghigno mefitico dei tifosi della strafavorita superpotenza coreana.
Kessié – ALFRED EDWARDS
Quando la situazione sembra disperata, lo spirito del primo presidente entra nel Presidente, che per contro nel primo tempo sembrava incapace di orientarsi come un inglese capitato a Lambrate (beh, diciamo come chiunque capiti a Lambrate); così spiritato, Francone spaventa da solo tutto il centrocampo del Genoa e lo sospinge balbettante verso la sua area, contribuendo alla pressione da cui nasce il pareggio.
Tonali – ROSARIO LO VERDE
Prestazione utile ma un po’ low-profile, si vede che è dentro questa squadra ma al momento sembra poter giusto tenere il posto per chi può cambiare davvero i giochi.
Calhanoglu – FELICE COLOMBO
La situazione richiede che sia la Stella della squadra, ma in queste settimane sembra un po’ sceso di categoria. Ha delle aperture mirabili ma il suo voto complessivo viene – ehm – corrotto dalla poca incisività dei suoi calci da fermo; solo su uno degli ultimi trova la sponda di Romagnoli grazie alla quale ci spartiamo la posta col Genoa.
Castillejo – PIERO PIRELLI
A volte siamo stati ingenerosi con la nostra nutria bionda, ma c’è un piccolo fatto di cui pochi si sono accorti: ultimamente tra i nostri giocatori d’attacco è quello che sta segnando con più regolarità, anche senza contare il nongol col Parma. Perciò, stante la mediocrità generale dei nostri nel primo tempo, togliergli il secondo tempo è stato un po’ come per il povero Pirelli vedersi espropriato dello stadio da lui fatto costruire, nonché del buon nome di famiglia, che gli eredi hanno deciso di legare a una squadra che ha il fascino sottile di un copertone.
Leao – VITTORIO DUINA
Ricorda il presidente-meteora degli anni 70, detto “Il re del tubo” – nel senso che li produceva, ma per certi atteggiamenti anche Leao sembra andarsi a cercare questa carica onorifica. Gioca la migliore palla della sua partita quando agisce da centrattacco (…giusto per usare una terminologia d’epoca), smistandola verso Hauge, però è fonte di angoscia più per noi che per gli avversari, e come Duina, sembra riuscire a compattare i tifosi. Contro di lui.
Rebic – YONG HONG LI
Continua il suo momento enigmatico. Per gran parte della partita sospettiamo che non esista, o che sia un prestanome; alla fine del primo tempo esce dalla sua miniera di fosforo con un lampo accecante che meriterebbe il gol – ma al momento di infilzare Perin come sarebbe sacrosanto, tutta la sua freddezza di cobra si dà alla latitanza. Sospettiamo che tra lui e Leao ci sia la stessa compatibilità che c’era tra Mister Li e la trasparenza finanziaria.
Saelemaekers – GIUSSY FARINA
Entra per fare casino, e un po’ ne fa – anzi, pure troppo, e mai nel modo che vorremmo noi. Ma è il tipo di lestofante che sa farsi voler bene. Però che non se ne approfitti, oh.
Hauge – UMBERTO TRABATTONI
Ci mette un bel po’: come il presidente del dopoguerra, per parecchi anni sembra incapace di entrare nel gioco che conta, e anche in copertura la nostra renna arranca non poco – ma alla fine dà il primo segno di vita del nostro attacco con uno dei suoi tiri sul palo destro, deviato impercettibilmente in corner. Non è un gol né uno scudetto, ma a suo modo spezza un po’ un incantesimo che ci eravamo fatti da soli, tipo la sua compaesana Elsa di Frozen.
BrahimDiaz – FRANCO CARRARO
Dà una personalità all’attacco che fino a quel momento era mancata; forse gli avversari intuiscono che alle sue spalle c’è una figura paterna, un omone grande e grosso il cui motto è “La vita è una battaglia, e io la so combattere”. Questo diceva il commendator Luigi Carraro portando in giro il piccolo Franco, e questo dice Ibrahimovic portando in giro il piccolo Brahim. Sì, però basta motivarci, babbo, qui vogliamo i regali di Natale: dopo tanti anni di schiaffi, ce li meritiamo.

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