Tradizionalmente, a Milano il 7 dicembre, Sant’Ambrogio, si fa l’albero di Natale. Contro il Genoa, si è visto molto presepe. Malauguratamente, non un presepe vivente, ma un congresso di statuette in piena regola. Per questo motivo, le pagelle senza voti di Genoa-Milan sono ispirate alle più notevoli statue della città di Santambroeus. Sono escluse quelle indoor, come la Pietà Rondanini di Michelangelo. Solo monumenti rigorosamente esposti all’insindacabile giudizio dei piccioni.
Diego Lopez
Il monumento a Leonardo Da Vinci tra il Teatro alla Scala e Palazzo Marino raffigura il Genio (no, non quello del Montenegro, dai – quello da Vinci), ritto su un piedistallo con quattro allievi ai suoi piedi. Siccome la Milano da Bere esisteva già nell’Ottocento quando fu realizzato, i milanesi sbevazzoni, tornando a casa nelle notti di nebbia, avevano la sensazione di scorgere nel bel mezzo della piazza un bottiglione circondato da quattro bicchieri: di qui il soprannome “un lìter in quàter”. Diego Lopez tra i suoi quattro difensori si erge allo stesso modo: fermo in mezzo a gente che non lo capisce fino in fondo. Se non vi spiace, enfatizzeremmo il concetto di “fermo”.
Bonera
Contrariamente a quanto si possa pensare, il Cimitero Monumentale rappresenta una delle visite più esilaranti per i giovani della città: per i personaggi notissimi che vi riposano, ma soprattutto per la quantità di monumenti funebri onestamente tendenti al paradossale. Nella top ten c’è sicuramente la Tomba della Famiglia Campari, che per qualche motivo imperscrutabile invece di un happy hour rappresenta una cena. Anzi, una Cena. Perché non è una Cena qualsiasi, è proprio lei, l’Ultima. Ed è molto più evidente, rispetto alla versione di Leonardo (no, non quello del 4-2-Fantasia, dai – quello della Monna Lisa) in Santa Maria delle Grazie, il “Sono forse io, Maestro?” che Giuda proferisce quando laconicamente il figlio di Dio prevede che qualcuno lo tradirà. Prevedere che Bonera ci tradirà su calcio d’angolo è una previsione altrettanto facile, vero?
Rami
Sulla facciata del palazzo detto degli Omenoni ci sono, appunto, gli Omenoni – che sarebbero “gli uomini molto grandi”: la sensazione è che reggano il peso dell’intero edificio sulle loro schiene. Contro il Genoa, Adil è sembrato l’unica certezza della nostra difesa. E non siamo neppure ancora del tutto certi che sia un difensore.
Mexes
Il Cavallo di Leonardo (no, non quello… ok, basta) all’Ippodromo di San Siro è una scultura oggettivamente enorme. Dal punto di vista della presenza, non si può discutere – ma quando prova a spingersi avanti e viene puntualmente saltato, sorpresa: si scopre che è troppo grosso e pesante per cavalcare: amico, sei di bronzo: non te n’eri mai accorto, di quant’eri metallizzato?
Armero
Come le gargolle del Duomo, un tuffo in un immaginario infinito di mostruosità gotiche.
Montolivo
Il Napoleone del Canova è nel cortile dell’Accademia di Brera. E già lì, non è molta la gente che lo vede napoleonare. Danneggiatissimo dal tempo – e dai piccioni – è stato sottoposto a un lungo restauro, che non è ancora finito. Speriamo che per l’Expo sia a posto.
De Jong
Il Disco di Arnaldo Pomodoro, in piazza Meda, aveva una caratteristica che lo rendeva blandamente spassoso per la gioventù polentona più guascona: girava su se stesso, su un perno inserito nella base. Quindi, se veramente non si aveva niente da fare, ci si buttava come montoni su quel grosso sole e si faceva girare l’arte. Ma non era né bello né raccomandabile. Quindi, dopo averci regalato bei momenti, oggi il sole non gira più. (ehi, se ci sono in giro pagelle più metaforiche di queste, fatecelo sapere).
Poli
in via Manzoni, proprio di fronte a via Montenapoleone, una rozza gradinata che butta acqua è il Monumento a Sandro Pertini di Aldo Rossi (quello della via di Casa Milan). Come Poli, è una delle opere più desolatamente incomprensibili della città. Pur essendo collocato in una posizione strategicamente cruciale, non colpisce l’immaginazione di nessuno: ci si consola pensando che probabilmente è costato alla collettività solo un paio di milioni di euro. Ma forse era meglio piazzare su un piedistallo Salamon.
Bonaventura
Il Monumento ai Caduti di Porta Romana ricorda le vittime del primo bombardamento aereo austriaco su Milano, nel 1916. E persino in questo, i milanesi hanno voluto vedere un che di allegrotto, ribattezzandolo “i tri ciòcch”, giacché le due figure che ne sostengono una terza ricorderebbero due tizi un po’ brilli che ne sostengono un altro conciato ancora peggio. E’ il tristo destino del Bonaventura di ieri, figura tragica di giocatore che meriterebbe rispetto per come si sacrifica, ed è invece accolto dal disincantato scetticismo dei suoi simili.
Honda
Tuta dora e piscinina, la nostra Madunina, la statua col numero 10. Sapete una cosa? Non è d’oro! E’ di rame dorato. Uè, mica ci sarete cascati, neh?
El Shaarawy
Il monumento a Indro Montanelli nei Giardini Pubblici di via Palestro è un affettuoso ricordo di un uomo che in passato ha dato lustro alla città. La maglia n.92 è un affettuoso ricordo di un uomo che in passato ha dato lustro al Milan. Certo, ha smesso un po’ presto.
Menez
Maurizio Cattelan ha bisogno di soldi, e l’arte contemporanea ha bisogno di gente di cui parlare. Quello che molti conoscono come “il dito” si chiama in realtà L.O.V.E., acronimo stucchevole per Libertà, Odio, Vendetta, Eternità, concetti pomposamente concettuosi che persino i Negramaro eviterebbero di mettere in una canzone. Situato davanti alla Borsa di Milano, dovrebbe rappresentare un gesto che va contro al capitalismo. In realtà se ci fate caso il dito medio non è rivolto al palazzo della Borsa: il gesto sembra in effetti provenire proprio da lì, rivolto a noialtri – e per nulla turbati dalla birichina creatività di Cattelan, i ricchi dormono sonni tranquillissimi; analogamente, le iniziative di Menez non sono realmente pericolose per il Genoa: ogni volta, Perin lo para con un dito.
Pazzini
L’Ago e il Filo di Claes Oldenburg in Piazzale Cadorna: fa molto discutere, ma siamo tutti d’accordo che non punge.
Niang
Lungo via Senato potete vedere la Grande Scultura di Joan Mirò: è proprio il rinomato artista spagnolo che ci ha fatto questo regalo: un grosso, goffo uccellone nero, che forse è una monolitica, enigmatica sfida alle convenzioni. O forse è una roba che gli è venuta male, e non sapeva dove metterla. Comunque oh, ormai ce la ritroviamo qui. Cosa ci vuoi fare. Tirem innanz. Però ogni tanto tirem in porta.