Donnarumma – L’ELISIR D’AMORE
Miracolo su Papu Gomez, parata fondamentale su Kessie, e in mezzo un pasticcio quando Kucka permette a Spinazzola di entrare in area e tirargli in faccia da due metri. Mentre sui social gli juventini vomitano la loro felicità, noi non ci sentiamo di ritenerlo colpevole nemmeno stavolta. Siamo forse obnubilati? Può darsi. Ma c’è chi ama gente meno degna.
Kucka – UNA FURTIVA LAGRIMA
Completamente fuori posizione, ma questo giustifica solo in parte la condizione fisica drammatica e la concentrazione da liceale durante l’ora di Religione. È pur vero che le poche volte che sale pare vedere i compagni meglio degli altri, ma nel complesso è un pianto.
Gustavo Gomez – DON PASQUALE
“È rimasto là impietrato… Vegli, o sogni non sa bene. Sembra un uomo fulminato – non ha sangue nelle vene”.
Romagnoli – L’ESULE DI ROMA
Emerge nel melodramma eroico: quando è in campo, sembra quasi di avere una difesa.
Zapata – IL PARIA
Capro espiatorio – più capro, che espiatorio – delle ultime partite, parte malissimo poi forse trova una sintonia con Romagnoli che gli permette di acquistare sicurezza e chiudere in più occasioni sugli attacchi atalantini del secondo tempo. Certo, meglio non pensare che dall’altra parte Masiello sta facendo Francobaresi.
De Sciglio – LA FIGLIA DEL REGGIMENTO
A essere onesti, non è una delle sue peggiori prestazioni. Ma non crediamo di poter andare al di là di questo complimento. Gli abbiniamo un’opera composta espressamente per un pubblico straniero, scritta in francese; contiene significativamente l’aria “Ah! mes amis, quel jour de fete – Il faut partir!”. Sì, forse è proprio il caso che tu parta. Se non sei partito già.
Montolivo – OTTO MESI IN DUE ORE
Rientra di botto dopo una assenza dal campo di quelle veramente lunghe. Tenuto conto anche di questo, non merita di ritrovare le trite ironie di otto mesi fa, perché ci mette tutto quello che può, e cerca di arginare in difesa quando la squadra che abbandonò per cercare consacrazione altrove (sigh) prova a fare brutto.
Pasalic – LA FAVORITA
Come spesso succede, è quello che ha le migliori occasioni in area piccola: arriva un secondo in ritardo sulla prima (su cross da destra), quasi inzucca la seconda (su punizione di Suso da sinistra). Spiazza un po’ il fatto che Montella, che sembrava credere in lui da mesi, decida di giubilarlo. Anche perché in fondo, il suo apporto a centrocampo non è minore di altre volte: è inconsistente come sempre.
Suso – ANNA BOLENA
Come per la moglie di Enrico VIII, fatta decapitare dal marito per porre (brillantemente) fine ai loro problemi coniugali, la sua testa è altrove.
Il nostro soprano torna ad esibirsi in gorgheggi, trilli, saliscendi, picchettati, volate e volatine. Ogni tanto è un po’ eccessivo, eppure come l’opera in questione, al calare del sipario finisce per conseguire un trionfo superiore alle aspettative.
Lapadula – IL FALEGNAME DI LIVONIA
Il suo primo tempo è un inno al legname – ma nel secondo, con Bacca vicino (…okay, sono parole grosse) (diciamo: con Bacca da qualche parte) riesce a guadagnarsi mezzo metro di libertà dai centrali avversari ed esprime il nostro primo tiro in porta e l’assist per il gol. Al netto dei limiti, è uno dei pochi che merita il punticino.
Bacca – MARIA STUARDA
Il dualismo tra le nostre due punte è un po’ roba da poveri, però ha decisamente attecchito tra i tifosi. Certo non aiuta: in particolare Lapa, che è uomo di cultura classica come ha dimostrato anche esibendosi al pianoforte, ricorderà che l’opera in questione fu penalizzata dalla rivalità tra le due primedonne Giuseppina Ronzi De Begnis e Anna Del Serre, che presero spunto dal malanimo tra le regine protagoniste per prendersi a schiaffoni insultandosi sul palco. Donizetti intervenne e sedò la lite con la sua sensibilità di artista – ma ancora di più, con la sua sensibilità di bergamasco: “Due puttane erano quelle, e due puttane siete voi due”.
Bertolacci – IL CAMPANELLO
Quando viene buttato in campo, è sempre il segnale che qualcosa non sta andando bene (tanto per cambiare). O forse, il sagace tentativo di distrarre gli avversari nella speranza che si dirigano tutti verso l’ingresso dello stadio per vedere se qualcuno ha suonato.