“Ci vuole un odio, un odio che rimane. Non basta sapere che abbiamo cominciato bene”.
Modestamente, avevo iniziato benissimo. Ma sarebbe improprio dire che odio il Milan, insomma, ho ben altri problemi in città. Diciamo che mi provoca un fortissimo fastidio.
Quando dico che avevo iniziato benissimo, mi riferisco a un Milan-Lazio del 1994-95, terza uscita in campionato di Zeman da tecnico biancoceleste. Non c’era Sky, solo Tele+ per il posticipo. Dunque, radio. E da quel che dicono, stiamo dominando. Poi spunta Gullit, a una dozzina di minuti dalla fine. Oh, perdere così, contro il grande Milan, ci sta. Però Boksic pareggia all’88’, e allora ci credo, dai che abbiamo portato la pellaccia a casa. Novantesimo, Gullit. In segno di protesta, decido di non guardare la trasmissione che per titolo porta il minuto di quel gol. Non voglio vedere, sono pur sempre un bambino, mi sarà concessa un po’ di incazzatura infantile, no? Però, di fatto, veniamo al primo motivo di fastidio.
1) Tutti i giocatori del Milan che ho adorato sono riusciti a provocarmi del male fisico. Gullit, Weah – con quel numero alla fine di un Lazio-Milan, ciao Marcolin, ciao Bergodi, esterno destro e ciao pure Franco Mancini, benedetto ndo riposa -, Boban, Shevchenko. Uno che ci ha segnato pure nel suo periodo di putrefazione calcistica, in Coppa Italia, quando si ripresentò a Milano come pallida controfigura dello Sheva che fu.
E lo scudetto 98-99, non è un motivo di fastidio? Diamine, certo che lo è. Ma non anti-milanista, pur ricordando il gol annullato a Vieri all’Olimpico dal signor Cesari o il rigore negato a Salas alla penultima dal signor Treossi, per un’entratina di Mirri sul Matador che lascerebbe inorriditi i vertici della UFC. Lo perse la Lazio, zoppicante nella prima fase e cacasotto nel finale, cfr. lo 0-0 ad Empoli o la doppia sconfitta Roma-Juventus. Ahi che male.
Sul campo, il rapporto col Milan è stato di grandi dolori e grandi gioie. La Coppa Italia ’98, alla faccia di RossiRossiVaffanculo. Un 4-0 all’Olimpico in campionato, con un gol di esterno sinistro di Signori che ancora mi risulta di difficile comprensione. O un 3-0 con mezza rovesciata di Gigi Casiraghi, con Savicevic che perde palla a centrocampo e si mette già le mani nei capelli, immaginando il finale. Non fatemi ricordare altre sconfitte, siate bravi.
Fuori dal campo, la storia è diversa. E veniamo al grande motivo di fastidio numero 2.
2) Alessandro Nesta. Mio nonno mi aveva sempre ammonito. “Nun te fida’ der Milan, c’hanno portato via Tassotti che era ‘n pupo, mo’ parla milanese”. È l’estate del 2002, c’è Cragnotti alla canna del gas. Si deve vendere. L’irreprensibile Jesus Gil y Gil vuole Simeone, Mendieta, Claudio Lopez. Forse pure Favalli. Poi ci ripensa. Da Milano, direzione Madrid colchonera, partono Coloccini, Contra, Albertini, Jose Mari e Javi Moreno.
Niente cessioni, niente iscrizione al campionato. Ma guarda un po’, il presidente di Lega è l’amministratore delegato del Milan. E di 31 agosto, mentre sono in macchina, ancora una volta dalla radio, scopro all’ultimo minuto che non ho più il mio capitano.
Ce ne sono altri due di motivi di fastidio, ma uno, vista la gara di sabato, è irrilevante. Casomai, se ne parlerà prima del ritorno. Meglio parlare del numero 3.
3) I pacchi del Milan. Quelli che arrivano a Milanello e iniziano a fare lo schifo inenarrabile, prima di incrociare il biancoceleste e ricordarsi, per un giorno, che poi non fanno così schifo. L’elenco è inquietante. Ba. Kluivert. Laursen. Javi Moreno. Rivaldo. Ricardo Oliveira. Volendo pure Gilardino, ma sarei per escluderlo.
Gullit ha smesso. Boban lavora a Sky. Weah e Sheva si sono buttati in politica, come Kaladze. Che in un Lazio-Milan del 2002 colpì di testa al 92’ sulla nuca, ovviamente, di Shevchenko. Flipperata e 1-1. Zeman allena la Roma. Nesta è in Canada. Tassotti è ancora al Milan e parla sempre milanese. L’amministratore delegato non è più presidente di Lega, anche se potrebbe ridiventarlo. Ci provo, ma nel Milan non vedo giocatori che adoro, pur stimando parecchio il Faraone ed essendo grato a Pazzini per ragioni che riguardano quei problemi in città di cui parlavo. In compenso, vedo diversi pacchi. E mi ritrovo ad aver paura. Paura di Bojan Krkic.
P.S. – L’ho conosciuto, Cesari. Le prime due volte non gli ho chiesto niente. Alla terza ci ho provato.
“Ma… Quel gol annullato a Vieri?”.
“Ehehe vagazzo, che ti devo dive, è stato il guavdalinee…”.
“Eh, già. Potevano prendere lui a Mediaset allora”.
“Come dici?”.
“No niente, cose mie. Eccole le cuffie. Buona trasmissione”.
“Gvazie”.
Non ho capito la cosa della cessione di Nesta e di Galliani presidente di Lega. Lo poteva cedere solo al Milan? Voleva andare alla Juve ma lo hanno costretto?
Ma era Cesari o Collovati?
Credo sia una cosa collegata al conflitto d’interessi che vedeva Galliani contemporaneamente sia vicepresidente del Milan che presidente di Lega. In altre parole: “Non ci date Nesta? E noi vi facciamo chiudere bottega”. Ma questa è la versione biancoceleste, dehehiho.
Spiego brevemente: senza il pacco regalo spedito a Madrid (e quando dico pacco regalo è inteso in senso letterale, forse il solo Javi Moreno ebbe un costo effettivo di cartellino assieme a Contra), Cragnotti non avrebbe avuto bisogno di (s)vendere Nesta (e Crespo, che non ho citato perché altrimenti avrei dovuto fare l’Inter ti odio :-D, ma è parte integrante del discorso, vista la modalità estremamente simile di acquisizione). Nesta+Crespo venduti con l’acqua alla gola il 31 agosto per una cifra totale che non tocca i 60 milioni di euro.
Tanto per dare un parametro, nella stessa estate Rio Ferdinand venne venduto a circa 45.
Chiamiamolo un patto di mercato in cui Inter e Milan (che sempre nella stessa estate avevano scambiato a valutazioni iperpompate Seedorf-Simic per Coco-Umit Davala) hanno forzato la mano giocando sulla debolezza economica del momento cragnottiano. (Che sarebbe saltato a prescindere in aria da lì a un anno, cessione o non cessione).