Mourinho al Chelsea, sì. Però Mancini all’Inter (almeno per ora), no. Lippi alla Juventus sì. Però Zeman alla Roma, no. Gasperini al Genoa, sì. Però Trapattoni alla Juventus, no. Nonostante una diffusa convinzione negativa, le minestre riscaldate, i cavalli di ritorno, gli amori che fanno giri immensi e poi ritornano, non hanno esiti prevedibili. Né al Milan, né altrove.
Okay, dell’altrove ci interessa relativamente. Veniamo al Milan. A tutti gli effetti, il bilancio è in pareggio. Si può obiettare che non lo è solo sotto la presidenza Berlusconi. Alla quale sono ascrivibili dieci allenatori (non contando i traghettatori Maldini e Tassotti).
Tre su dieci sono entrati nel pantheon rossonero (Sacchi, Capello e Ancelotti).
Altri due hanno vinto un campionato non convincendo appieno (Zaccheroni, Allegri).
Cinque, la metà esatta (Tabarez, Terim, Leonardo, Seedorf, Inzaghi) non sono stati riconfermati. O voi ci credete, a un altro anno di Inzaghi?
Il fifty-fifty però è un po’ appesantito dal fatto che due fallimenti di ritorno su due dell’era Berlusconi appartengono al succitato pantheon (Sacchi, Capello). Cosa che volendo non è di buonissimo auspicio per il terzo componente, Ancelotti. Però, di nuovo, ci sono anche i precedenti favorevoli del passato, quindi non è escluso che la cabala possa essere sfatata. Ma dopo questo antipastone, ecco il menu completo di Cucina Milanello:
Nereo Rocco
Nel 1961 arrivò al Milan. Al suo primo campionato, vinse lo scudetto, seguito dalla prima Coppa dei Campioni mai arrivata in Italia, la prima delle 7 (SETTE) vinte dal Milan. Con l’arrivo di un nuovo presidente (Felicino Riva, bancarottiere ed evasore, ma proprio da San Vittore), se ne va al Torino. Ritorna nel 1967 con un nuovo presidente (Luigi Carraro) e riporta sia lo scudetto che la seconda Coppa dei Campioni, cui aggiunge una Coppa Intercontinentale. Dopo un tot di secondi posti, di Coppe Italie e Coppe delle Coppe, lascia nel febbraio 1974. Torna sulla panchina del Milan nel 1977 e vince una Coppa Italia. Muore nel 1979 mentre ricopre la carica di direttore tecnico; pochi mesi dopo, con Liedholm in panchina, il Milan vince il decimo scudetto.
GIUDIZIO: SQUISITA SEMPRE E COMUNQUE, ORCOCAN
Nils Liedholm
Nel 1961 smette di giocare (nel Milan) a 39 anni; nello stesso anno inizia a fare da assistente a Rocco. Dal 1964 al 1966 allena il Milan. Ottiene un secondo posto. Dopo aver allenato altre squadre (Verona, Monza, Varese, Fiorentina e Roma), nel 1977 torna a Milano con Rocco direttore tecnico (si può quindi parlare di doppio brodo); ottiene un quarto posto e stavolta, uno scudetto. Subito dopo, torna a Roma, dove porta il secondo scudetto giallorosso. Tornerà ancora a Milano nel 1984, ottenendo un quinto posto; il suo Milan tende a squagliarsi in primavera, ma nonostante l’esonero deciso dal neopresidente Berlusconi, che consegna la squadra a Fabio Capello per lo spareggio Uefa (vinto), si deve in gran parte a lui se Arrigo Sacchi si troverà davanti alcuni giovani del vivaio in grado di giocare a pallone come pochi al mondo.
GIUDIZIO: MMMH! RISCALDATA, ANCHE MEGLIO
Arrigo Sacchi
Al Milan dal 1987, vince lo scudetto al primo anno, poi due Coppe dei Campioni. Dopo un terzo e due secondi posti consecutivi in campionato, e una rivoluzione calcistica abbastanza mondiale, lascia per diventare allenatore della Nazionale, che lascia dopo un secondo posto ai Mondiali (beh, però) per sostituire Tabarez al Milan nel 1996. La stagione si conclude con un undicesimo posto e tanto stréss.
GIUDIZIO: NON RISCALDABILE. VUOI CHE MUORO?
Fabio Capello
In effetti, quando eredita il posto di Sacchi, è già una minestra riscaldata: aveva già portato il Milan del 1987 a vincere lo spareggio Uefa. Quando guida il Milan dalla prima giornata, ne fa la squadra degli Invincibili. Porta a casa quattro campionati (tre consecutivi), una Champions League, e un numero demenziale di altri trofei. Nel 1996, va al Real Madrid e vince la Liga. Non disputa nemmeno la Champions League, per tornare a Milano per risollevare un Milan che senza di lui (con Tabarez prima e Sacchi poi) è arrivato undicesimo. Con lui arriva decimo. Lascia di nuovo. Vincerà uno scudetto con la Roma, due con un’altra squadra impreziosita dalla sapiente guida del bravo Luciano Moggi, poi tornerà a Madrid – e da minestra riscaldata, vincerà un’altra Liga.
GIUDIZIO: MI STAI DILUDENDO… MEGLIO UN TOAST