Dai propositi di Pallone d’Oro (“Solo Messi e Ronaldo sono più forti di me!“, 1° settembre 2013) alle liti in tv con Giancarlo Marocchi (“Non sono un fuoriclasse, sono un giocatore normalissimo“, 25 aprile 2014). L’unico dubbio sul Milan di Mario Balotelli è se si sia trattato di un “vorrei ma non posso” o di un “potrei ma non voglio”. Cioé se Balotelli sia stato davvero, in ultima analisi, incapace di diventare quel crack mondiale che tutti aspettiamo da quando era ancora minorenne; o se ci abbia marciato un pochetto, godendo masochisticamente nel farsi sparare addosso dai giornali che due giorni prima l’avevano celebrato come simbolo di riscatto sociale, anti-razzismo o addirittura anti-camorra, nell’inconsapevole messa in pratica dell’arci-famosa sentenza “Bene o male, purché se ne parli”.
Forse la prima. Perché, ovviamente, basta stargli dietro per una settimana per capire che Balotelli è tutt’altro che machiavellico. Di più, è incapace di qualsiasi furbizia, e quando ci prova – come con quelle goffe e insistite simulazioni in ogni zona del campo – le sue percentuali di riuscita sono inferiori a quelle di Willy il Coyote: non c’è più mezzo arbitro che abbocchi. Non è altresì chiaro quale sia il Beep-Beep che Mario va inseguendo da tutta una vita: le vittorie? Il rispetto? Una vita tranquilla? Improbabile che siano i soldi, ed è per questo che – ironia della sorte – a Liverpool va persino a guadagnare di più, addirittura 6 milioni all’anno, ché le vie di Raiola sono infinite. Lui non risponde, amplificando il mistero, probabilmente perché non ne ha idea nemmeno lui. Semplificando brutalmente il concetto, Balo è una testa di cavolo che nell’ultimo anno e mezzo ha vissuto in un paese di teste di cavolo, il che non lo ha certo aiutato a crescere. Anzi, pare abbia avuto addirittura conseguenze nefaste per quelli che hanno tentato di abbracciarlo, come Seedorf o il povero Prandelli, ormai trattato come un Pacciani qualsiasi dai banderuolisti della nostra stampa, che forse un minimo di ragione ce l’aveva sul non eccelso materiale umano a disposizione.
La carriera di Balotelli ha ormai assunto traiettorie labirintiche, e neanche il più ottimista e spericolato dei veggenti riesce a indovinare cosa sarà di lui tra dieci minuti. Per esempio, chi scrive raramente ha assistito a prestazioni come quella di Livorno dello scorso dicembre: 80 minuti da schiaffi e 10 minuti da Ibra al quadrato, con una violentissima punizione scaraventata all’incrocio e una traversa spaccata da 35 metri con un tiro senza senso. Ma così, senz’alcun preavviso per avversari e soprattutto compagni, ai quali non resta che aggrapparsi alla sua ingombrante zattera per lasciarsi trasportare chissà dove, probabilmente verso il naufragio. E’ un destino che un po’ condivide con Ibrahimovic, grandissimo con le piccole (e perciò ideale per vincere gli scudetti) e debolissimo con le grandi, cui ogni sua squadra si lega mani e piedi, rinunciando a ogni idea di gioco e di collettivo. Ma le fanfare che circondano Balotelli pretendono fiducia incondizionata, ci impongono di appenderci alle giocate da urlo che ormai Mario centellina non più di tre-quattro volte l’anno. Balotelli e il suo calcio-Youtube, che in pochi secondi fa rimbalzare in tutto il mondo il suo gol da 40 metri al Bologna, nascondendo la mestizia di 168 minuti da passeggiatore contro l’Atletico Madrid (per dirne una, non l’unica).
Balotelli che, se è arrivato a 24 anni sostanzialmente identico a quando ne aveva 19, forse è un po’ scemo. (Epperò non scriviamolo troppo forte, che in questo mare di melassa è un attimo a passare per razzisti.) Lo si può sospettare per come si è fatto infinocchiare da Raffaella Fico, lo confermano voci e aneddoti di corridoio come quella volta a Milanello quando ancora c’era Allegri. “Mario, ascoltami, è molto semplice. Se Abbiati rinvia lungo, tu arretri a centrocampo per saltare di testa; se la dà corta ai due centrali, tu attacchi la profondità; se la dà corta ai due terzini, tu attacchi la profondità. E’ semplice, no? Se Abbiati la dà lunga vieni indietro, se la dà corta vai avanti. Capito, Mario?“. “Sì mister“. E trenta secondi dopo, Allegri si gira e vede Balotelli che chiede lumi a Tassotti: “Non ho capito, cos’è che devo fare?“.
Balotelli che in 18 mesi non ci ha dato niente di vero, nulla che durasse, nulla che scaldasse il cuore, solo qualche fumogeno sparato a caso come quelli che si divertì una volta a far esplodere in bagno. In 8 partite contro Napoli, Roma, Juventus e Inter ha segnato un solo gol, tra l’altro inutile, tra l’altro nella sera in cui a fine partita ha pensato bene di urlare “Ti ammazzo” all’arbitro e farsi squalificare per tre partite. E sì che l’abbiamo aspettato e coccolato molto più della media, allorquando dopo i primi 90 minuti di Honda eravamo tutti concordi e compatti nel dargli della pippa atomica.
Balotelli che non a caso abbandona Milanello tra i sorrisi e i sospiri di sollievo, tra i pensieri di speranza e le battutine per Rodgers (tra parentesi, allenatore geniale) che non sa di essersi messo in casa una strana bomba, che può esplodere da un momento all’altro oppure magari non esplodere neanche (sai che ansia?). Balotelli che va via senza lasciare vuoti e ricordi, e questo – per uno come lui – dev’essere insopportabile, se solo se ne rendesse conto. Invece ad anestetizzarlo c’è subito pronto Raiola col suo sorriso a 32 denti per l’ennesima insperata percentuale. L’impressione è che li ritroveremo tra qualche anno, si spera da avversari, nella Sampdoria o nel Parma di turno. L’Italia è in una fase storico-calcistica di stagnazione tale che tutto alla fine si ripropone, anche l’improponibile. Tanto Mario riapre, prima o poi.
Ottimo secondo violino in un’ Inter che ha vinto tutto (anche grazie a lui).
Ottimo secondo violino in un City che torna a vincere il campionato dopo decadi (anche grazie a lui, che ribaltò il ManU e mise il piede nel goal decisivo all’ultimo minuto dell’ultima giornata).
Ottimo Europeo, da protagonista (e una partita da annali).
Ottimi i primi sei mesi al Milan.
Adesso va a giocare pagato a peso d’oro nella squadra che è arrivata ad una scivolata di Gerrard dalla conquista della Premier.
Non mi sembra quello che si dice un fallimento.
Poi tra qualche anno sarà in un Parma o in una Sampdoria, chi lo sa. Sarebbe anche fisiologico. Credo che la gran parte dei calciatori professionisti darebbero un braccio per una carriera del genere.
Beh, il mistero-Balotelli è così misterioso che si può legittimamente pensarla quasi all’opposto su molte cose. Sul fatto che sia stato secondo violino nell’Inter del triplete, che rafforzò il proprio granitico spirito di squadra anche emarginando (e in un paio di casi anche menandolo) un cane sciolto come lui; all’ottimo Europeo 2012 fa da contraltare del resto un Mondiale 2014 disastroso. Al netto di tutte le mattane combinate col City, la parentesi a Manchester è la migliore della sua carriera, segno che il calcio inglese è forse quello più adatto ad accoglierlo, sicuramente più evoluto e civile del nostro.
Non ricordo esattamente le statistiche, ma in quell’Inter risolse un buon numero di partite, in campionato, nei gironi di Champions, e tirò scemo Totti in Coppa Italia. Che Mourinho lo abbia usato come capro espiatorio interno (si prestava, probabilmente), per cementare il gruppo in un’atmosfera da ”o noi o loro, siamo soli contro tutto e tutti”, me lo fa solo più simpatico, e mi conferma nel disprezzo per l’allenatore portoghese, che brucia tutto ciò che tocca.
Strategia che, a parer mio, il Balo sconta tutt’oggi, visto l’appeal che il portoghese ha sui giornalisti e sul pubblico del calcio italiano. Ho perso il conto dei Mononeurone che ho letto oggi…
(Vogliamo parlare del provincialismo di una stampa che ancora oggi infila quasi in ogni titolo ”zeru-titoli”…?)